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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Monteverde / Via Bernardino Ramazzini

Senza dimora: chiude centro di via Ramazzini. Gli 'invisibili' a Raggi: "Abbiamo paura di tornare in strada"

A scrivere sono Massimiliano, Daniele, Barbara, Gabriella, Vita, Roberto e Alfio. Uomini e donne che hanno perso tutto, o quasi

Il centro di via Ramazzini che in questi mesi, a partire dall'emergenza freddo, ha accolto 170 persone rischia di chiudere i battenti il prossimo 30 aprile. Sono in molti a chiedere di scongiurare questa eventualità. Lo chiede la Croce Rossa Italiana che ha attrezzato la struttura, detta “Better Shetler” in cui ha collocato moduli abitativi, incrementando i posti letto anche durante l’emergenza neve e lo chiedono gli ospiti di via Ramazzini che in questi mesi hanno trovato una degna accoglienza alle loro emergenze. Lo fanno con una lettera alla sindaca Raggi.

La lettera degli ospiti del centro a Virginia Raggi

A scrivere alla sindaca sono Massimiliano, Daniele, Barbara, Gabriella, Vita, Roberto e Alfio. Sono, donne, padri, uomini licenziati per trascurato il lavoro perché si sono dedicati alle mogli ammalate, sono cittadini di Roma e del mondo che chiedono una mano, una mano legittima affinché le loro speranze non vengano “buttate” su un marciapiedi e lasciate in balìa degli eventi perché dal centro di via Ramazzini una speranza per loro è tornata ad esistere.

"Nel corso di questi quattro mesi, da quando è stato aperto a gennaio, questo centro è diventato la nostra casa. Ci siamo ritrovati in tanti e possiamo dire che si è creata una comunità, anche tra persone diverse, nelle attività quotidiane, condividendo gli spazi in comune, le storie, i nostri vissuti e i nostri drammi. Diventando quasi una grande famiglia. Vorremmo farle capire a lei e a chi ci vorrà ascoltare nella città di Roma, l’utilità che ha avuto in questi mesi questa piccola realtà, attraverso alcune delle nostre tante storie", si legge nell'incipit della lettere indirizzata a Raggi.

"Sono Massimiliano un uomo di 52 anni cittadino italiano, ho un figlio, per un anno ho vissuto all’interno di un furgone vecchio in disuso a seguito della perdita del lavoro. Dopo il 30 aprile rischio di tornare nuovamente ad abitare in quel furgone".

"Sono Alfio, ero sotto l’assistenza sociale di un Municipio di Roma, che mi ha consegnato un contributo per prendere una casa in affitto. Poi mi è venuto a mancare il buono casa che non ho ricevuto per motivi banali e sono stato sfrattato dalla mia abitazione. E dunque sono finito a vivere in strada".

foto Better Shlter - Senza Dimora 3-2

"Sono Roberto, a causa di una separazione e perdita del lavoro, mi sono trovato impossibilitato a trovare una casa in affitto o una stanza e mi sono ritrovato in questa struttura, ma sono ancora in attesa di un lavoro, nonostante tutti i curriculum consegnati in questi quattro mesi".

"Siamo Gabriella e Barbara, mamma e figlia. Siamo state sfrattate dalla nostra casa e ci siamo ritrovate improvvisamente in mezzo ad una strada per la prima volta, da sole e senza protezione senza sapere chi chiamare e dove andare, erano giorni di pioggia e faceva freddo. Una sera verso mezzanotte è passata una pattuglia di carabinieri ed eravamo sedute su una panchina vicino la chiesa pioveva a dirotto, ci si sono avvicinati e ci hanno richiesto i documenti che noi abbiamo subito consegnato, ed hanno chiamato per noi il numero verde della sala operativa sociale e hanno richiesto che qualcuno ci venisse a prendere e ci hanno portato a via Assisi, e poi ci hanno trasferito a Better Shelter. Abbiamo paura a tornare per la strada".

"Sono Vita e sono invalida. Ho subito un intervento di tracheotomia e non potendo lavorare, non mi posso permettere di affittare nemmeno una stanza, visto che le medicine che devo prendere le devo pagare tutte io e i soldi della mia minima pensione vanno in medicine. Per questo motivo mi sono trovata a vivere da tre mesi in questo centro".

"Sono Daniele, ho 64 anni, a seguito della malattia di mia moglie, che era malata di tumore, per seguirla ho fatto dei ritardi a lavoro, e sono stato licenziato. Da un anno avevamo comprato casa e avevamo chiesto un mutuo, ma avendo perso il mio lavoro non ho potuto pagare e ho dovuto vendere casa. Da qual momento mi sono messo alla ricerca di lavoro e ho inviato 300 curriculum e non ho ricevuto risposta data la mia età. Ho trovato dei lavoretti saltuari, che credevo diventassero permanenti. Mi sono trovato con pochi soldi e sono finito alla Caritas. Purtroppo ho finito tutti i miseri risparmi che avevo e mi sono ritrovato senza nulla. Ora mi ritrovo accolto in questo centro della Croce Rossa che chiuderà a breve e non so come comportarmi, visto che l’unica soluzione per me sarà la strada".

foto better shelter - senza dimora 4 (1)-2

Sono storie di uomini e di donne che hanno deciso di esporsi. Gli utenti dei Better Shelter, Barbara e Gabriella, Vita, Roberto, Massimiliano, Alfio, Daniele poi continuano, in corso: "Ora che l’emergenza è finita non possiamo tornare a vivere per strada. Stando qui al centro della Croce Rossa molti di noi hanno avuto la possibilità di mettersi a cercare un lavoro. Se torniamo per strada il nostro tempo sarà dedicato a cercare di sopravvivere. Quello che vogliamo chiedere a lei e a tutta la città di Roma è di aiutarci proseguendo questa esperienza di accoglienza oppure trovando un’alternativa prima della chiusura del 30 aprile".  

I numeri del centro di via Ramazzini

Il centro di via Ramazzini ha collocato diversi moduli abitativi per un totale di 150 posti più altri 30 aggiunti nei giorni dell’emergenza neve. La struttura ha preso il nome delle casette Ikea che CRI Roma ha acquistato grazie anche ad alcune donazioni quando ospitava l'Hub di prima accoglienza per persone migranti. Il centro ha accolto dal 17 gennaio scorso 411 persone senza dimora di cui 318 uomini e 93 donne, tra italiani (131) e stranieri (280 provenienti da paesi diversi tra cui prevalentemente Europa dell'Est, Nord Africa e Africa Occidentale, età media 45/50 anni (Africa Occidentale generalmente più giovani).

Il centro ha ospitato anche cani che accompagnavano le persone senza fissa dimora. Non solo: in questi mesi la Sala operativa Sociale del Comune di Roma ha inviato presso il centro di via Ramazzini anche alcune donne vittime di violenza domestica. Il risultato? La nascita di una comunità eterogenea dove tutti hanno trovato una risposta alla singole fragilità.

L’appello della Croce Rossa per scongiurare la chiusura del centro

"I nostri operatori stanno lavorando in questi giorni a stretto contatto con la Sala Operativa Sociale del Comune di Roma per il ricollocamento delle persone più fragili in altre strutture ma il dato che emerge è che su Roma sono pochissimi i posti disponibili - ha commentato Debora Diodati, presidente della Croce Rossa di Roma - Dunque c'è il serio rischio che queste persone siano di nuovo destinate alla vita in strada, un problema che va gestito sotto vari profili".

Pur riconoscendo un miglioramento rispetto agli anni passati, per Croce Rossa Roma il problema dell'accoglienza è serio e da non sottovalutare: "Il nostro è dunque un appello al Sindaco a non disperdere quanto messo in campo in fase di emergenza ma anche a trovare soluzioni più organiche che facciano di Roma una città dove le fragilità economiche e sociali trovino risposte adeguate - ha concluso Diodati - Anche il centro della CRI di Roma in Via Ramazzini ha dimostrato che, se si lavora su tempi più lunghi, si possono mettere in atto processi di inclusione e di reinserimento a partire dal lavoro. Ci auguriamo che si possano trovare soluzioni e siamo disponibili a collaborare con le Istituzioni".

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