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Cronaca

Casamonica, le vittime ora collaborano: "Il clan fa paura. Impossibile uscirne vivi"

Ventitre arresti nell'ambito dell'operazione Gramigna 2. Il racconto di un commerciante sulle modalità operative del clan

Un clan chiuso, numericamente imponente e che si esprime in una lingua difficilmente decifrabile. Un modus agendi caratterizzato da larvate forme di violenza e minaccia, veicolate attraverso un compulsivo approccio verso le vittime, sottoposte a continue richieste prive di ogni giustificazione e che finiscono per metterle in uno stato di totale assoggettamento. E' questa la fotografia che emerge dalle indagini dell'operazione Gramigna 2 che ha portato oggi a 23 misure cautelari (20 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 2 obbligo di dimora), emesse dal G.I.P. Gaspare Sturzo del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Si tratta della seconda parte delle indagini che nel luglio 2018 aveva portato in carcere 37 persone.

Operazione Gramigna Bis

Vittime più collaborative

Le accuse sono quelle di cessione di sostanze stupefacenti, usura, estorsione, intestazioni fittizie di beni ed attività commerciali, esercizio abusivo di attività finanziarie e detenzione di armi. C'è però una novità che emerge da questa operazione: è stato riscontrato, da parte delle vittima, un atteggiamento più collaborativo. C'è più voglia di raccontare. Questo nonostante il Gip Gaspare Sturzo ribadisca che "dei Casamonica e dei loro illeciti comportamenti in forma associata o singola, ma contando sulla forza di intimidazione del gruppo, le persone hanno paura".

"Non è possibile uscirne vivi"

Emblematica in tal senso la testimonianza di un commerciante agli inquirenti. "Questo non è un gioco. E' pura verità. I Casamonica oggi non fanno più usura con le minacce perché sanno di poter essere intercettati o di essere denunciati. Sono tutti collegati fra loro. Fanno bene i giornali a definirlo un clan. E vi ripeto non sono uno sprovveduto, faccio il commerciante da una vita e di furbetti ne ho  trattati tanti ma vi ripeto loro sono degli abili soggiogatori - si legge nell'ordinanza firmata dal gip - Vi dico anche cosa fanno per farti avere timore: ti fanno assistere a delle scene di scazzottate tra loro, anche con l'uso di armi, per farti capire che possono essere anche violenti. Una di queste scene l'ho vissuta personalmente ed ho già riferito nel corso delle indagini che vi ho accennato in premessa e mi hanno visto vittima di usura ed estorsione. Questa è la tecnica, credetemi. Non è possibile uscirne vivi. Ultimamente - confessa il commerciante molto provato - sono arrivato al punto di fare cattivi pensieri relativamente alla mia vita". 

Le nuove accuse 

Le risultanze acquisite nella seconda fase dell’attività investigativa hanno consentito di ricostruire nuove condotte di usura, estorsione, intestazione fittizia di beni, cessione di sostanze stupefacenti, poste in essere sia da soggetti già arrestati nel luglio 2018 (Gramigna), fra cui i due promotori Casamonica Luciano e Casamonica Giuseppe detto Bìtalo, nonché Casamonica Salvatore detto Do’, recentemente arrestato nuovamente per traffico internazionale di stupefacenti, sia da altri personaggi, quasi tutti appartenenti alle famiglie sinti Casamonica/Spada/Di Silvio.

Clan chiuso e con una lingua indecifrabile 

Nel corso delle attività, oltre a contestare nuove ipotesi di reato, è stato possibile rafforzare ulteriormente il quadro indiziario ricostruito nella prima fase investigativa, confermando come il “clan Casamonica” si avvalga tuttora di una forza numerica che, unita alla totale chiusura verso l’esterno ed all’utilizzo di una lingua difficilmente decifrabile, conferisce forza al gruppo, permettendo ad ogni singolo appartenente di avere atteggiamenti di prevaricazione e minacciosi nei confronti dell’esterno, avvalendosi anche della forza intimidatrice oramai insita nel nome “Casamonica”. 

Ecco come agiscono i Casamonica

Da tempo nell'occhio del ciclone, i Casamonica adottano nuovi metodi per le estorsioni e si servono sempre eno delle minacce dirette, perché per quello basta il loro cognome. A  spiegare come funzionava la tecnica è una vittima del clan,  un noto commerciante di lampadari e mobili di Roma.

Chi sono i Casamonica: tutto sulla famiglia che controlla Roma Sud

"Un'altra tattica dei Casamonica e quella di farmi fare dei preventivi tutti superiori a dieci/quindicimila euro. Oggi vi dico che sono tutti pretesti perché fanno preventivi di complementi di arredo che non  hanno un senso logico per arredare casa. Magari ti chiedono due sedie  fatte in un modo e due sedie fatte in un altro, due tavoli diversi nello stesso salone (…) Insomma tutto per superare almeno un importo di quindicimila euro. Ti mettono mille/duemila euro nelle mani per forza, anche se tu gli dici che è inutile perché ci vorrebbe del tempo per ricevere la merce. Sono talmente insistenti che quando ce l'hai al negozio, pur di mandarli via perché altrimenti i clienti 'normali' si  allontanano, te li prendi" spiega il commerciante.  A quel punto la  trappola è scattata. Perché dopo pochi giorni all'improvviso esponenti del clan contattano la vittima per riavere l'acconto e interrompere la trattativa.

"Se tu gli rispondi che non ci sono problemi, trovano una scusa per non riprenderseli. Se invece, qualcuno di loro mi ha chiesto l'acconto indietro e in quel momento non era possibile ridarlo, scattava l'ennesimo stratagemma, ovvero iniziano insistentemente a dirti che hanno bisogno subito di questi soldi perché devono immediatamente definire una loro operazione commerciale. In questo momento sei entrato nella loro tana psicologica".  Si tratta di una "tecnica collaudata" si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, che anche Barcaccia conosce benissimo poiché l'hanno usata anche nei suoi confronti. "Ti mettono in mano diecimila euro e spariscono, per poi tornare dopo tre o quattro mesi dicendo che gli servono assolutamente questi soldi. Puntualmente il malcapitato non li ha disponibili e quindi loro gli dicono che sono costretti a 'comprarli' a loro volta a tasso usuraio", creando un capitale che la vittima sarà costretta a riconsegnare. 
 

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