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Cronaca

I Casamonica sono mafia. Confermata l'accusa nel processo d'appello

Nei confronti degli imputati, tra cui i capi del gruppo criminale attivo nell'area est della Capitale, le accuse sono, a seconda delle posizioni, di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, l'usura alla detenzione illegale di armi

Il clan Casamonica è mafia. Lo hanno stabilito i giudici della corte d'Appello di Roma che hanno confermato l'accusa di mafia. È la terza volta che a Roma viene riconosciuto del reato di associazione mafiosa: nelle altre due occasioni era toccato agli Spada e ai Fasciani, i due clan che hanno "dominato" ad Ostia in fasi diverse. 

Al processo si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai Carabinieri del comando provinciale di Roma nell'ambito dell'indagine 'Gramigna', coordinata dal procuratore di Roma Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Giovanni Musarò e Stefano Luciani. La sentenza è arrivata dopo oltre sei ore di camera di consiglio.

Così come nella sentenza di primo grado che comminò condanne per circa 400 anni di carcere, i giudici di secondo grado hanno sostanzialmente confermato l'impianto accusatori dei pm della Dda. Anche in appello le condanne più alte sono state inflitte ai vertici dell'organizzazione e in particolare nei confronti di Domenico (30 anni) , Massimiliano (28 anni e 10 mesi), Pasquale (24 anni), Salvatore (26 anni e 2 mesi), Ottavio (17 anni), Giuseppe (16 anni e 2 mesi), Guerrino (16 anni e 2), Liliana (15 anni e 8 mesi), Luciano Casamonica (13 anni e 9 mesi).

Le accuse ai Casamonica

La Corte ha accolto le richieste della procura generale che, lo scorso 11 ottobre, aveva sollecitato la conferma delle condanne emesse in primo grado. A rappresentare l'accusa nel maxiprocesso il sostituto procuratore generale Francesco Mollace, con i pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani, che nel corso della loro requisitoria avevano ribadito le accuse per il clan: dall'associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, l'usura alla detenzione illegale di armi. I giudici hanno dunque confermato l'impianto accusatorio accogliendo il ricorso della procura su quattro posizioni riconoscendo il 416bis, escludendo soltanto l'aggravante di essere un'associazione armata.

" Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana"

''È una sentenza equilibrata. Sono state escluse alcune aggravanti e altre confermate, è stata confermata l'impostazione accusatoria. La procura di Roma ha svolto un gran lavoro e questo è un grande risultato'', ha sottolineato il sostituto procuratore generale di Roma Francesco Mollace commentando dall'aula bunker di Rebibbia la sentenza. ''Una sentenza che si incanala nel solco di altre sentenze come quelle sui clan Spada, Fasciani, Gambacurta (accusati di aver agito col metodo mafioso) che hanno riconosciuto l'esistenza della mafia nel territorio laziale'', ha aggiunto Mollace.

Un clan, aveva sottolineato il pm Musarò, ''con una forza di intimidazione impressionante. La 'galassia' Casamonica è quella peculiare struttura dell'organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c'è bisogno''. Proprio Musarò, nella sua requisitoria dello scorso maggio 2021, citò anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Massimiliano Fazzari (ex affiliato) e Debora Cerreoni (moglie di Massimiliano Casamonica, membro di spicco del clan e "gagè", mai accettata dal clan seppur parte integrante del gruppo) che descrissero la struttura e le modalità con cui agiva il clan. 

La galassia Casamonica

Una galassia formata da "diversi nuclei familiari in autonomia tra di loro ma tutti riconducibili a una medesima discendenza e connotati da un comune senso di appartenenza e da uno spirito di mutuo soccorso".

Le attività illegali sono state tutte portate avanti "nel quadrante sudest della Capitale, nei quartieri Arco di Travertino, Appio, Tuscolana, Romanina: Il comune senso di appartenenza di tali nuclei - si legge nelle motivazioni - è diffusamente conosciuto e percepito da coloro che risiedono in tale area della città e che sono vittime dell'azione criminale dei singoli associati come un elemento di rafforzamento della forza intimidatrice del gruppo, poiché connotato da un numero potenzialmente enorme di associati, ciascuno pronto ad intervenire a sostegno delle pretese criminali del singolo in caso di bisogno". 

"Fiducia nello Stato"

"Il processo contro il clan Casamonica di Porta Furba è caratterizzato dalla paura delle vittime, il costante timore di vendetta. Testimonianze da cui si evince nuovamente la prova di una capacità di intimidazione che deriva dal prestigio criminale violento del gruppo. L’inchiesta ha riportato alla luce la storia di Ernesto Sanità che ha denunciato i Casamonica per averlo cacciato dalla sua casa popolare per un presunto debito di suo figlio adottivo. Solo dopo 11 anni di denunce e minacce all’indomani dell’operazione Gramigna, l'Ater riuscì a consegnargli le chiavi del suo appartamento legittimamente assegnatogli nel 2009. Una sentenza che rafforza la fiducia dei cittadini nello Stato che vogliamo dedicare alla memoria di Ernesto Sanità scomparso nell’aprile del 2020", ha commentato il Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità del Lazio, Gianpiero Cioffredi.

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