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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Bimbi contesi ai tempi della guerra. L'angoscia di un padre romano: "Mio figlio in Ucraina sotto le bombe"

La denuncia di papà Giovanni: a lui la Cassazione ha assegnato il figlio in custodia. La madre però ha portato il figlio in Ucraina

Una situazione che si trascina ormai da anni e comune, purtroppo, a tante ex coppie: quella di due genitori separati da una distanza ormai insanabile in cui l’unico punto comune è il figlio. Rapporti che si fanno via via più tesi, e in cui il bambino finisce al centro di una disputa per l’affidamento. A rendere diversa questa storia rispetto ad altre, ugualmente complesse e drammatiche, è però la guerra, quella scoppiata in Ucraina dopo l'invasione militare della Russia.

La paura della guerra

Il bambino in questione - lo chiameremo Alessio - si trova infatti proprio in Ucraina, paese d’origine della madre, mentre il padre è a Roma, impossibilitato a raggiungerlo e a riportarlo in Italia, al sicuro, perché a oggi non sa neppure dove sia esattamente e non riceve alcun aggiornamento dalla donna. E il timore che possa restare ferito o peggio ucciso nei bombardamenti lo ha spinto a lanciare un accorato appello alle autorità e a mobilitarsi pubblicamente per chiedere un intervento ufficiale, anche diplomatico se necessario.

Il bambino conteso e la sentenza a favore del padre

La storia di Giovanni, ingegnere romano, inizia nel 2016, quando l’ex compagna, una cittadina ucraina di 48 anni, torna in patria con il loro figlio, un bambino che all’epoca ha 4 anni. Il padre denuncia l’accaduto, si apre un procedimento per sottrazione di minore ai danni della donna, e inizia una battaglia legale che nell’ottobre del 2021 culmina con una sentenza in cui la Cassazione conferisce a Giovanni l’affidamento esclusivo del piccolo e fa decadere la potestà genitoriale della madre. Alessio però resta in Ucraina, e i contatti e i rapporti con la madre si fanno sempre più difficili.

"L'ultima volta che ho visto mio figlio"

Giovanni vola in Ucraina in diverse occasioni, prova a vedere il figlio e a convincere la madre a farlo tornare in Italia, ma gli sforzi sono inutili e la situazione è sempre più deteriorata. Si arriva al febbraio del 2022. Il 23 febbraio l’ingegnere romano è nella cittadina della regione di Odessa in cui Alessio e la madre vivono, osserva il bambino da lontano, mentre entra a scuola. Non si avvicina troppo, ha paura che la sua presenza possa turbare il piccolo e scatenare ritorsioni alla luce del clima tesissimo. Al rientro in Italia la notizia dello scoppio della guerra, e il livello di preoccupazione e la paura schizzano alle stelle: il ritorno di Alessio a Roma, al sicuro, diventa un imperativo. Solo che da parte della madre non c’è alcun segno di apertura.

L'appello

“La priorità è che torni a casa sano e salvo - sottolinea Giovanni, che ha presentato anche un esposto in procura - Aiuteremo anche la madre, mettendo da parte quanto accaduto negli ultimi anni, a patto che rientri in Italia e non resti sotto i bombardamenti”.

Dalla madre del bambino, Giovanni ha ricevuto solo una secca rassicurazione via sms in cui chiarisce che “stiamo bene”. Nessuna risposta però alle richieste di comunicare la loro posizione: “Non so dove si trovino - ha confermato l’ingegnere romano - ritengo siano ancora in Ucraina, in piena zona di guerra. La situazione è molto pericolosa, nelle vicinanze della città in cui abitano sono stati abbattuti alcuni aerei, è stata minata la spiaggia, sono stati lanciati razzi e ci sono scontri tra le unità di terra e quelle di mare. Le risorse alimentari scarseggiano e ci sono problemi anche con gli ospedali. È importate trovare il bambino nel più breve tempo possibile”.

L'accoglienza anche per la madre

Giovanni offre accoglienza anche alla madre, mettendo da parte le ostilità pregresse per il bene di Alessio e per assicurarsi che fugga da una guerra da cui stanno scappando, ogni giorno, migliaia di persone: “Troveremo una sistemazione anche per lei, ma l’importante è che rientrino il più velocemente possibile, rischiano la vita”.

Il timore dell’ingegnere romano è anche che il bambino possa essere portato in altri Paesi, magari sotto falso nome per impedire che venga rintracciato: “Chiediamo che le autorità si attivino per riportare in Italia Giulio, che è un cittadino italiano e deve stare con il padre, questo ha stabilito la legge - chiarisce l’avvocato Luigi Scala, che assiste Giovanni - La madre si ostina a non rivelare il luogo in cui si trovano e non risponde ai messaggi o alle chiamate. Pensiamo si trovi ancora a Bilhorod-Dnistrovs'kyj (Maurocastro, ndr), ma non ne abbiamo certezza. È imperativo trovarlo e riportarlo a casa”.

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