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Cronaca Ponte di Nona / Via Albert Schweitzer

Lo spaccio da 100.000 euro al mese di Villaggio Falcone: armi per spaventare, ma il quartiere si raccomandava per ottenere un lavoro

Le armi, secondo quanto accertato dai carabinieri, venivano mostrate ai cittadini della zona a scopo intimidatorio. Il gruppo mediava anche su questioni relative gli alloggi popolari

Il 'Nonno' prendeva gli ordini, attraverso un cellulare dal carcere di Rebibbia, dal boss, un romano di 29 anni. Una volta ricevute le consegne, il 'Nonno' - un ragazzo di 30 anni - le condivideva con gli altri componenti del gruppo: 'Bubba', che prendeva la droga da Tor Bella Monaca, 'Er Ciccio' che gestiva il traffico di stupefacenti tra Villaggio Falcone e Ponte di Nona e controllava gli affari anche con la zona di Tivoli, 'Er Mutanda', il 'Canarino', il 'Nano' e 'Simoncino'

Erano loro, insieme ad altri, a gestire l'articolata piazza di spaccio, sgominata oggi dai carabinieri della compagnia di Tivoli che, a seguito di una lunga ed articolata indagine coordinata e diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno disposto 22 misure cautelari, indagando anche 44 persone al termine dell'operazione Limes.

Il welfare di Vecchia Ponte di Nona/Villaggio Falcone

Numeri alti perché, il gruppo, nel quartiere era così radicato, tanto che garantiva "lavoro". C'era chi "vendeva" il pranzo alle vedette, ai pusher (5 euro per una lunch box) e chi, invece, per far "assumere" un proprio amico o parente, si faceva raccomandare per ottenere un colloquio di lavoro. 

D'altronde il giro d'affari, calcolato dagli inquirenti era di tutto rispetto: circa 300 scambi giornalieri per almeno 100mila euro di guadagno netto al mese. Le vedette si mettevano in tasca 60 euro al giorno ed i pusher 100. Le famiglie di chi rivestiva ruoli apicali, riuscivano a portarsi a casa anche 4mila euro al mese. Non solo, l'acquirente stesso godeva di una sorta di protezione oltre alla garanzia di poter acquistare sempre ed a qualsiasi ora la tipologia di sostanza stupefacente desiderata.

Il cliente non aveva neanche la necessità di concordare preventivamente l'acquisto consapevole che, recandosi tra i palazzoni tra via Bosatta e via Schweitzer, avrebbe trovato chi, dopo aver verificato che non fosse appartenente alle forze di polizia, lo avrebbe condotto nei vari cortili interni per l'acquisto della sostanza stupefacente.

I quattro livelli di struttura del gruppo di spaccio

Gli investigatori hanno così accertato l'esistenza di una associazione criminale composta da quattro livelli, organizzati in maniera piramidale. I due capi e promotori (il 'Nonno' ed il cognato che dal carcere gestiva il tutto), soggetti giovanissimi ma con un curriculum criminale di tutto rispetto, avevano creato un vero e proprio sistema in cui tutti gli operanti avevano un loro ruolo, come in un grande ipermercato.

C'era appunto chi si occupava del rifornimento dello stupefacente dalla vicina Tor Bella Monaca, chi forniva l'alloggio per il confezionamento delle 'ricariche', ovvero le dosi da spacciare, chi le smerciava, con veri e propri turni di lavoro organizzati in maniera puntuale e per le cui assenze, i pusher, dovevano chiedere addirittura permessi e autorizzazioni ai loro capi e c'era anche chi si occupava della sicurezza dell'area, ovvero le vedette organizzate per turni. A ciò si aggiunga il servizio catering che veniva assicurato agli "impiegati" della piazza da condomini che quindi, guadagnando, partecipavano all'assistenza logistica al sodalizio.

Le armi usate per spaventare il quartiere

I giovani pusher giravano nel quartiere armati anche di fucili mitragliatori e fucili a pompa. Le telecamere installate dai carabinieri hanno più volte ripreso i vertici dell'organizzazione criminale passeggiare nella piazza di spaccio visibilmente armati, chiaro segno di "marcatura del territorio".

"Ricorre anche l'aggravante dell'essere l'associazione armata, attese le risultanze delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza della piazza di spaccio che hanno ripreso diversi componenti del sodalizio ostentare la disponibilità di un fucile in distinte occasioni", scrive il gip Corrado Cappielllo. In un'occasione uno degli indagati ha impugnato un'arma lunga dotata di cannocchiale percorrendo una via del quartiere in pieno giorno e in un'altra occasione dalla veranda di spaccio ha mirato in basso con un fucile.

"L'ostentazione di fucili sul luogo di svolgimento dell'attività di smercio della droga da parte di meri partecipi all'organizzazione che controlla la relativa piazza consente di ritenere patrimonio comune di conoscenza della disponibilità di armi da parte dell'associazione - si legge nell'ordinanza - Del resto, riferimenti ad armi da fuoco sono emersi anche in conversazioni concernenti figure di maggior spicco. Uno degli arrestati ammette di avere un 'fucile a pompa…bello potente'".

L'operazione antidroga dei Carabinieri  (13)-2

I capi mediavano per gli alloggi popolari

Altro aspetto accertato dai militari è stato il "totale asservimento di una grossa fetta della popolazione" del complesso di case popolari tra via Bosatta e via Schweitzer. L'associazione ricercava un assoluto controllo del territorio, che la portava a tentare di volersi sostituire allo Stato, anche nella gestione delle problematiche inerenti il vivere quotidiano.

I capi dell'organizzazione, infatti, si preoccupavano di risolvere le situazioni di contrasto tra gli occupanti di case popolari, individuando tra coloro che potevano occuparli solo e soltanto le persone che avrebbero poi fornito al gruppo un contributo. Inoltre, si atteggiavano a veri e propri imprenditori del settore fornendo, dopo un vero e proprio colloquio di lavoro, occupazione ai tanti ragazzi disoccupati, impiegati appunto come vedette e pusher.

Una vera e propria isola dell'illegalità, dove lo spaccio di droga era l'unica fonte di reddito per tante famiglie che, addirittura, cercavano la raccomandazione per introdurre il figlio nella rete degli spacciatori.

I numeri dell'operazione Limes 

L'indagine che, come detto, ha avuto origine nel 2018 si è quindi conclusa con ben 44 indagati di cui 22 destinatari di misure cautelari. Durante la fase investigativa, invece, l'attività ha consentito di trarre in arresto 19 persone in flagranza di reato, denunciarne 3 a piede libero e segnalare come assuntori 34 individui, nonché di recuperare e sequestrare quasi 35 chili tra cocaina, hashish e crack.

Questa mattina, nelle fasi esecutive dell’operazione, i carabinieri hanno arrestato altre 3 persone in flagranza di reato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, recuperando e sequestrando 1,2 chili di cocaina, 200 gremmi di hashish e svariate dosi di marijuana, nonché decine di migliaia di euro in contanti, ritenuto provento dell'illecita attività.

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