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Uno sgarro alle 'Ndrine nel traffico di cocaina alla base dell'omicidio Femia

Dopo il fermo di Gianni Cretarola la Squadra Mobile di Roma ha rintracciato gli altri tre componenti del Commando che uccise il 67enne il 24 gennaio 2013. Appartengono tutti alle cosche 'Ndranghetiste di San Luca

Un mercato della cocaina a prezzi più competivi sfruttando lo stesso circuito delle 'Ndrine al fine di guadagnare proprie fette di mercato nella Capitale. Questo il movente che secondo gli investigatori ha portato un commando composto da quattro persone ad uccidere Vincenzo Femia, freddato mentre si trovava a bordo della sua Matiz all'altezza del civico 8 di viale Castelllucia di San Paolo, zona Castel di Leva-Ardeatino, il 24 gennaio del 2013. Femia morì a seguito delle lesioni provocategli da undici colpi di arma da fuoco che lo attinsero all’addome e prevalentemente al capo mentre era a bordo della sua autovettura.

PREZZO DELLO STUPEFACENTE - Le indagini condotte dalla Squadra Mobile, e coordinate dai Sostituiti Procuratori Francesco Minisci e Francesco Polino, della Procura della Repubblica di Roma, hanno consentito di far emergere elementi indiziari tali da poter ragionevolmente ipotizzare che l’omicidio Femia, commesso dai componenti del commando, seppur avallato dalle organizzazioni criminali calabresi, sia stato causato da contrasti sorti, per la definizione del prezzo dello stupefacente venduto sul mercato, all’interno di alcuni rappresentanti ‘ndranghetisti operanti a Roma. Il risultato dell'operazione è stato presentato nella sala stampa della Questura di Roma alla presenza del neo questore Massimo Mazza, del capo della Mobile Renato Cortese, del Dirigente della Prima Squadra Sezione Crimine Luca Armeni e del Procuratore Aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia Michele Prestipino.

PRIMO FERMO - In particolare subito dopo l’omicidio si è svolta un’attenta analisi vittimologica, focalizzando l’attenzione su Gianni Cretarola, risultato poi essere il factotum di Femia. Dall’analisi del traffico di cella della zona, dove è avvenuto l’omicidio, è stata infatti individuata e isolata un’utenza telefonica intestata ad un nome fittizio. Da qui una serie di accertamenti tecnici volti ad incrociare i traffici di cella con i dati relativi al traffico di numerose cabine telefoniche. Sovrapponendo tali dati con una serie di perquisizioni e testimonianze raccolte da personaggi gravitanti nell’ambiente malavitoso di Primavalle, è stato quindi identificato il Cretarola, come l'utilizzatore dell'utenza fittizia.

CONTATTO CON FEMIA - L’analisi del traffico prodotto dall’utenza nella giornata del 24 gennaio, incrociata con i dati autoptici, ha consentito di rilevare che l’utilizzatore della utenza fittizia era stato in compagnia di Vinceno Femia pochi istanti prima che venisse assassinato ed era quindi sicuramente coinvolto nell’esecuzione dell’omicidio.

COLLABORATORE DI GIUSTIZIA - Da qui una seconda fase di indagine e la successiva collaborazione (mese di agosto) con gli inquirenti dello stesso Gianni Cretarola che ha poi portato gli stessi investigatori ad emettere nella giornata del 7 gennaio tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip presso il Tribunale di Roma.

TRE ARRESTI - Ad essere arrestati Massimiliano Sestito, 41 anni (ritenuto colui che ha sparato con una calibro 9), Francesco Pizzata, 22enne (esecutore materiale con una 357 magnum) e Antonio Pizzata, (25enne ritenuto l'autista dei due killer) tutti di origine calabrese e ritenuti assieme al Cretarola i componenti del commando che misero a segno l'omicidio del 67enne. In particolare il Cretarola, una volta deciso di intraprende un percorso di collaborazione con l’Autorità Giudiziaria, ha fornito agli inquirenti tutti i dettagli (confermati da plurimi riscontri) che hanno portato all’esecuzione dell’omicidio di Femia.

GIURAMENTO ALLE 'NDRINE - Un anello importante quello di Gianni Cretarola reso ancora più attendibile dalla scoperta, nella sua abitazione di viale Palmiro Togliatti 482, di un foglio con un contenuto criptato e separatamente un codice che messi assieme e decriptati sono risultati essere un giuramento di affiliazione dello stesso Cretarola al mandamento della cosca dei San Luca di Reggio Calabria. Inoltre, nella casa del 31enne, gli investigatori hanno trovato una delle armi utilizzate per l'omicidio di Femia, una pistola semiautomatica calibro 9 millimetri.

SECONDA PISTOLA - Gianni Cretarola che possedeva anche le chiavi di un garage in zona Torrevecchia dove poi gli investigatori hanno scoperto un vero e proprio arsenale, ma non l'altra pistola utilizzata per l'assassinio di Femia (un Revolver marca Smith & Wesson calibro 38/357) intercettata dagli investigatori, su indicazione di Cretarola, in possesso di una quinta persona che la stava portando in auto dalla Capitale alla Calabria per svolgere un altro 'lavoro'.

IL RACCONTO DI CRETAROLA - Nel dettaglio Gianni Creatarola ha quindi raccontato i particolari relativi alla pianificazione dell’omicidio. Gli ordini impartiti con i relativi accordi alla divisione dei compiti sono stati presi successivamente alla presenza oltre che del Cretarola anche di Antonio e Francesco Pizzata e di Massimiliano Sestito. In particolare il collaboratore di giustizia ha fornito anche i dettagli sulla divisione dei compiti, assunti da Massimiliano Sestito visto che era la persona con più esperienza del gruppo e con la carica di ‘Ndrangheta più alta.

I RUOLI NELL'OMICIDIO - Secondo il racconto di Gianni Cretarola ognuno dei quattro aveva un compito specifico: quello del 31enne era preparare le armi, pulirle e portarle a disposizione dei due killer, Massimiliano Sestito e Francesco Pizzata. Inoltre quello di attirare il Femia nella trappola e successivamente recuperare le armi per portarle in un luogo sicuro. Mentre negli accordi presi il compito di Antonio Piazzata è stato quello di andare sul posto con un’auto per recuperare i due killer dopo l’esecuzione.

MOVENTE - Una volta ricostruite le azioni del commando omicida gli investigatori si sono quindi concentrati sulla ricostruzione del movente dell'omicidio, "legato ad una lotta in essere interna a cosche di ‘Ndrangheta di San Luca che controllavano il mercato del traffico di cocaina nella Capitale". In particolare Vincenzo Femia, secondo gli inquirenti, era il più importante rappresentante di una delle più potenti famiglie ‘Ndranghetiste di Reggio Calabria, in quanto sposato con la sorella di Bruno Nirta, considerato il reggente dell’omonima famiglia di San Luca in Calabria, una volta deceduto il capo carismatico Giuseppe Nirta.

CONTRAPPOSIZIONI TRA FAMIGLIE - Secondo gli inquirenti alla base dell'omicidio ci sarebbe state delle contrapposizioni tra i Pizzata e i suoi cugini, i Nirta, questo ha fatto sì che una richiesta di stupefacente da parte del Femia venisse valutata come una trappola in cui far cadere i suoi più fidati uomini. Da qui l'omicidio, con il commando ad eliminare il 67enne prima che questi potesse, secondo le loro intenzioni, fare altrettanto con i Pizzata. Secondo gli investigatori nel traffico di cocaina della Capitale sarebbero coinvolti anche gli esponenti della famiglia Pelle.

DEPISTAGGIO - Inoltre si sono notati i vari comportamenti adottati sia dal Sestito che dai fratelli Pizzata a seguito dell’arresto del Cretarola. Questi, residenti a Roma nella zona di Montespaccato, hanno posto in essere una serie di precauzioni volte a rendere difficoltoso un eventuale rintraccio da parte degli investigatori. In particolare Sestito sottoposto al regime di semilibertà da una detenzione, avendo avuto il sentore di un suo coinvolgimento ha disatteso le prescrizioni relative alla semilibertà non rientrando più nella Casa di Reclusione di Rebibbia, rendendosi irreperibile.

TROVATO A PALINURO - Da qui le ricerche svolta dalla Squadra Mobile con il ritrovamento di Massimiliano Sestito, individuato a Palinuro (in provincia di Salerno) nel settembre del 2013 e successivamente tratto in arresto.

LEGATI ALLE 'NDRINE - Oltre a questo si deve considerare inoltre che, sia da un esame soggettivo che oggettivo dei personaggi in argomento, tutti e quattro, sia direttamente, che per appartenenza familiare, sono legati ad una delle maggiori organizzazioni criminali di tipo mafioso, la ‘Ndrangheta di San Luca. Per tal motivo, tenuto conto dei gravi elementi probatori acquisiti, l’Autorità Giudiziaria competente ha avanzato la richiesta di misura cautelare in carcere nei confronti degli indagati.

PROCURA DISTRETTUALE ANTIMAFIA - "L'omicidio di Femia rappresenta un segnale importante, un campanello d'allarme sulla presenza della 'Ndrangheta a Roma", ha affermato il sostituto procuratore aggiunto Michele Prestipino. "Si tratta di uno dei tanti omicidi frequenti nella provincia di Reggio Calabria, dove ho lavorato - ha spiegato Prestipino -. Bisogna però fare una riflessione sul fatto che sia accaduto a Roma. Dovunque la 'Ndrangheta si stabilizza porta con sè tutto quello di cui è capace, dagli affari illegali all'omicidio, considerato dalla criminalità organizzata sempre l'extrema ratio per evitare di attirare l'attenzione delle forze dell'ordine. Questo sta accadendo anche a Roma, e la presenza della 'ndrangheta merita molta attenzione".

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