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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Aggressioni a medici e infermieri in ospedale, la rabbia degli Ordini: "Inascoltati per anni"

Gli ultimi due episodi la notte tra l'1 e il 2 ottobre al San Carlo di Nancy e al Santo Spirito. Poco più di una decina di giorni fa la spedizione punitiva al San Camillo

Non si fermano le aggressioni ai danni del personale ospedaliero che opera nelle strutture romane, e dagli Ordini regionali dei Medici e degli Infermieri arriva la dura condanna per gli episodi e la richiesta, pressante, alle autorità e alle istituzioni di prendere provvedimenti concreti.

“Sembra proprio di dover constatare che niente di strutturale si faccia per uscire da quella che sta diventando una triste consuetudine - hanno detto il presidente dell’Ordine dei Medici Antonio Magi e il presidente dell’Ordine degli Infermieri di Roma, Maurizio Zega - Si procede solo a dichiarazioni di sdegno delle autorità e magari a un giusto ringraziamento alle forze dell’ordine opportunamente intervenute. Manca, e non solo su questo, una programmazione seria, una analisi approfondita del problema, l’indicazione almeno di alcune linee su cui promuovere una efficace risposta di sistema. Niente. Stiamo diventando rauchi a forza di chiederla, ma non si scorge nulla”.

Gli episodi che hanno riacceso la polemica si sono verificati entrambi nella notte tra l’1 e il 2 ottobre, al San Carlo di Nancy e al Santo Spirito. Nel primo caso ad aggredire medici e infermieri del pronto soccorso è stata una donna di 48 anni che, in evidente agitazione, ha preso a calci una porta e si è scagliata contro il personale. All’arrivo dei carabinieri è stata  identificata e denunciata, ma nel frattempo è riuscita a bloccare per diverso tempo gran parte dell’attività nel pronto soccorso.

All’ospedale Santo Spirito, invece, un senzatetto è riuscito a introdursi all’interno e a rubare il telefonico di un medico, che quando se n’è accorto ha immediatamente chiamato il 112: anche in questo caso, molto scompiglio e disagi sia per il personale ospedaliero sia per i pazienti.

Andando indietro di qualche giorno, poi, si arriva al 22 settembre: al San Camillo un 33enne trasferito dall’ospedale di Ostia ha improvvisamente dato in escandescenze e ha iniziato a prendere a calci la stanza del pronto soccorso in cui era stato sistemato, poi se l’è presa con gli infermieri e le guardie giurate intervenute per cercare di calmarlo. Soltanto l’arrivo della polizia lo ha bloccato.

La spedizione punitiva al San Camillo

L’episodio ancora più inquietante si è verificato però il 19 settembre, sempre all’ospedale San Camillo, dove è andata in scena una vera e propria spedizione punitiva da parte di 25 giovani di etnia rom residenti negli accampamenti abusivi a ridosso di Ponte Marconi. Il gruppo era deciso a vendicarsi di una coppia di condomini che laveva ripreso uno di loro mentre armeggiava con un contatore elettrico in una palazzina di largo Veratti. Dalla discussione era nata una lite in cui il giovane condomino era stato ferito, e ne era stato disposto il trasferimento all’ospedale sulla Gianicolense. Tempo qualche ora e davanti all’ospedale si sono presentate 25 persone, parte delle quali sono entrate nel pronto soccorso, hanno individuato il ragazzo e lo hanno brutalmente picchiato. Non contenti se la sono poi presa anche con la compagna mentre stava uscendo dall’ospedale, ormai dimessa.

"La spedizione punitiva che ha coinvolto gli operatori del pronto soccorso del San Camillo è semplicemente folle! Sembra di assistere a una storia di ordinaria follia - era stato il commento dell’assessore regionale alla Sanità, Alessio d’Amato - È ora di dire basta, chi compie questi gesti folli andrebbe sanzionato con un vero e proprio Daspo. Le operatrici e gli operatori sono stanchi di subire queste violenze fisiche e verbali gratuite". 

La denuncia degli Ordini: "Inascoltati da anni"

L’episodio del San Camillo aveva effettivamente scatenato proteste e reazioni da parte di istituzioni e sindacati, e gli Ordini di medici e infermieri erano insorti chiedendo di dotare gli ospedali di presidi di pubblica sicurezza. Appelli che, per Zega e Magi, sono rimasti inascoltati non per mesi, ma per anni: “Sono anni che chiediamo sia singolarmente che congiuntamente il ripristino dei presidi di polizia nei pronto soccorso come misura quanto meno deterrente, e a tutela degli operatori sanitari e dei cittadini. E poi, quando passeremo dall’emergenza ad una seria analisi del fenomeno e delle sue cause? E se per miracolo questo dovesse accadere, sarà troppo chiedere di venire ascoltati?”.

La proposta di legge 

A denunciare la necessità di approvare una proposta di legge il consigliere regionale del Lazio della Lega, Daniele Giannini, membro della Commissione Sanità: "Si susseguono imperterriti ormai quasi ogni giorno fatti di cronaca nera riguardanti gli ospedali e i pronto soccorso del Lazio. Solo la scorsa notte a Roma due stranieri, in due diversi nosocomi, il San Carlo e il Santo Spirito, si sono resi responsabili di reati come danneggiamento, aggressione, interruzione di pubblico servizio e furto aggravato, sempre ai danni del personale e delle strutture sanitarie. È davvero arrivato il momento di finirla e invertire la rotta". 

"Tra pochi mesi - prosegue Giannini - siamo sicuri che come centrodestra saremo al governo della Regione e allora uno tra i primi atti da approvare per risolvere il problema sarà la mia proposta di legge, già presentata, per tutelare e difendere il personale degli enti del servizio sanitario del Lazio dagli episodi di violenza, categoria bersaglio ormai di un quarto del totale di tutte le aggressioni che avvengono sui luoghi di lavoro nel nostro Paese. La soluzione è semplice - spiega il consigliere - e, lo ricordiamo, si articola in sei punti cardine: presenza fissa delle forze dell'ordine e misure di sicurezza nei luoghi di primo soccorso, polizze assicurative per i lavoratori della sanità, la figura dello psichiatra del lavoro, un codice di accesso per i pazienti potenzialmente violenti, formazione degli operatori e apposite campagne di sensibilizzazione verso i cittadini, il tutto con disposizione finanziaria e fondi dedicati a copertura. La sicurezza e la tutela di chi cura e assiste - conclude il consigliere regionale - davvero non può più attendere".
 

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