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Cronaca Anzio

Droga, rifiuti e l'aiuto di due carabinieri "amici": così la 'Ndrangheta si è presa Anzio e Nettuno

Nei confronti degli indagati si contestano, a seconda delle posizioni, le accuse di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso

Dal traffico di quintali di cocaina dal Sud America, fino allo sversamento illegale dei liquami. Passando per l'infiltrazione nei palazzi comunali e nelle industrie dell'economia legale, per far valere le proprie influenze e, perché no, anche riciclare il denaro. Il tutto anche con l'aiuto anche di "amici" nelle forze dell'ordine. Una holding con chiare tinte calabresi, quelle delle cosche della 'Ndrangheta, disvelata dalle indagini della Dda di Roma che all'alba di giovedì 17 febbraio ha portato all'arresto di 65 persone, di cui 39 in carcere e 26 ai domiciliari, collegate alle 'ndrine operanti tra Anzio e Nettuno.

Dalla Calabria al litorale sud di Roma

Da Reggio Calabria al litorale romano, avevano lavorato per anni per infiltrarsi nel tessuto sociale, economico e politico dei territori di Anzio e Nettuno. A capo dell'organizzazione criminale ci sarebbe Giacomo Madaffari, ma anche supporti importanti da esponenti di storiche famiglie di 'Ndrangheta originarie di Guardavalle, ossia i Gallace, i Pertinace e i Tedesco.

Dalle indagini emergerebbe l'esistenza di due associazioni finalizzate al narcotraffico, una capeggiata da Giacomo Madaffari appunto e l'altra da Bruno Gallace, entrambe dotate di elevate disponibilità finanziarie e logistiche, nonché delle capacità di importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina.

Quintali di cocaina dalla Colombia e da Panama

I reati contestati sono vari. Vanno dall'associazione mafiosa, all'associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, alla cessione e detenzione di droga, all'estorsione aggravata, alla detenzione illegale di armi da fuoco, alla fittizia intestazione di beni e alla attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso. 

Secondo gli investigatori, inoltre, nel 2018 il sodalizio ha importato dalla Colombia 258 chili di cocaina disciolta nel carbone tramite un narcotrafficante colombiano e successivamente estratta all'interno di un laboratorio allestito per la circostanza. Inoltre il gruppo aveva progettato, ma senza portarlo a termine, il trasporto di 500 chili di cocaina in un veliero da Panama. 

Stando a quanto ricostruito, il gruppo aveva avviato i lavori di ristrutturazione all'estero dell'imbarcazione che in origine veniva utilizzata per regate transoceaniche, concordando anche le operazioni di carico portuale in acque sudamericane e pianificando le attività di scarico e custodia della sostanza stupefacente in Italia. Tuttavia, non erano riusciti a portare a termine l'operazione perché venuti a conoscenza di attività investigative in corso nei riguardi di appartenenti al sodalizio. Decidendo così di far abortire il piano.

Il business dei rifiuti

Il gruppo criminale, che sul litorale romano veniva indicato come "locale di Anzio e Nettuno", non si occupava "solo" di narcotraffico ma acquistava e gestiva, secondo gli investigatori, anche "panifici e società di gestione per smaltimento rifiuti e movimentazione terra". Gli inquirenti hanno contestato ad alcuni indagati, infatti, anche la responsabilità della gestione abusiva di ingenti quantitativi di liquami che sarebbero stati scaricati nella rete fognaria comunale di Anzio, attraverso i tombini realizzati appositamente.

Ecco perché, contestualmente agli arresti, da oggi sono in corso perquisizioni da parte dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma negli uffici comunali di Anzio e Nettuno. Le perquisizioni puntano, secondo quanto si è appreso, ad acquisire elementi sull'infiltrazione dell'organizzazione nelle due amministrazioni e in particolare proprio sull'attività legata allo smaltimento dei rifiuti.

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La struttura del gruppo di 'Ndragheta

Ma come si è radicata la 'Ndrangheta sul litorale a sud di Roma? Dal 2018, quando iniziò l'indagine, dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma e dalla direzione distrettuale antimafia sono stati raccolti elementi "gravemente indiziari" sull'esistenza di una struttura di 'Ndrangheta organizzata. Se i contatti diretti con Reggio Calabria e altre province calabresi erano frequenti per coordinare gli affari, gli interessi viaggiavano anche nel Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e all'estero, cioè in Svizzera, Germania, Canada e Australia.

In questi territori, gli inquirenti hanno trovato riscontro di gruppi "locali" di 'Ndrangheta con un organo collegiale di vertice denominato "la Provincia". Tra i gruppi "locali", c'era quello operante ad Anzio e Nettuno denominato "locale di Anzio e Nettuno", distaccamento della "locale di Santa Cristina d'Aspromonte", ma composto in gran parte anche da persone appartenenti a famiglie di 'Ndrangheta originarie di Guardavalle.

"Avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel territorio", spiegano gli inquirenti, il gruppo aveva come scopo quello di "acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, di commettere delitti contro il patrimonio, contro la pubblica amministrazione e in materia di armi e stupefacenti, di affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe e mediante infiltrazioni nelle amministrazioni comunali".

Due carabinieri arrestati

Dalle attività di indagine sono emersi anche particolari rapporti tra due carabinieri e il gruppo per recuperare informazioni riservate. Le indagini svolte dai carabinieri di Roma su due "colleghi" militari appartenenti ad una delle caserme del litorale, hanno evidenziato "gravi indizi" in ordine alla rivelazione di "informazioni riservate a favore del sodalizio di tipo mafioso", si legge nella nota.

Entrambi destinatari della misura cautelare, uno agli arresti domiciliari e l'altro in carcere, sono "gravemente indiziati di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficiononché, uno dei due, di concorso esterno in associazione mafiosa". Il procedimento versa tuttora nella fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza.

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