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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Sangue e droga, a Roma come a San Luca: smantellata cosca della 'ndrangheta nella Capitale

I vertici del sodalizio gestivano le rotte di cocaina protetti nei quartieri Appio - San Giovanni, Centocelle, Primavalle ed Aurelio. Affari per decine di milioni di euro. E se c'era da uccidere ...

A Roma come in Calabria. Nomi pesanti, cosche che contano, pronte a spartirsi la torta dell'Urbe con tutti gli affari sul campo perchè, come si legge in un'intercettazione, "Roma è il futuro". E' l'operazione portata a termine oggi da Polizia e Guardia di Finanza, coordinate dalla Dda di Roma, a confermare una volta di più quest'immagine. Appio - San Giovanni, Centocelle, Primavalle ed Aurelio come San Luca. Qui in questi quartieri i vertici del sodalizio potevano vantare protezione come, se non anche di più, rispetto alla Calabria. Qui, nell'Urbe, operavano figure di spicco, da tempo ricercate in tutta Italia. Trentuno in tutto gli arresti, tutti nell'ambito di un'organizzazione dedita al narcotraffico. Una cosca intera smantellata e decapitata. Seicento i chili di cocaina sequestrati. (LEGGI I NOMI DEGLI ARRESTATI)

ALLA PARI CON I NARCOS - Un gruppo criminale, gerarchicamente organizzato, che vanta importanti ramificazioni a Genova, Milano e Torino, località dove c'erano consolidate basi logistiche, necessarie al momentaneo stoccaggio delle partite di droga importate. Le indagini portate a termine oggi hanno documentato come la cellula criminale ‘ndranghetista, forte di propri emissari, stanziati in Colombia e Marocco, fosse in grado di trattare, alla pari, con i più agguerriti cartelli di narcos colombiani. Una situazione di forza rivendicata sul territorio nazionale, con l'obiettivo di monopolizzare il mercato della droga capitolino.

Un monopolio che li rendeva referenti affidabile e competitivi per le altre organizzazioni criminali operanti sul territorio, sia collegate a diverse ‘ndrine calabresi sia per soggetti contigui a clan camorristici del napoletano. Il tutto per un giro d’affari di decine di milioni di euro. Soldi sporchi, da lavare con l'immissione nel circuito legale dell’economia, andando ad alterare quelle  regole di concorrenza che sovrintendono al regolare andamento del mercato.

SANGUE PER GESTIRE IL MERCATO - Per gestire il mercato della droga non si esitava ad uccidere. E' il caso di Vincenzo Femia, assassinato 2 anni fa, il 24 gennaio 2013. Un omicidio le cui indagini hanno disvelato aspetti importanti della gestione mafiosa della città Eterna. Quattro gli arresti per quell'esecuzione, portata a termine con metodi tipicamente mafiosi. Un omicidio che doveva aggiustare le cose e che, a conti fatti, ha portato allo smantellamento dell'organizzazione.

PAROLA DI PENTITO -  A seguito dell'arresto di quattro persone, accusate di essere i killer di Femia, il contributo fornito da un indagato, che aveva ammesso di far parte della 'ndrangheta calabrese, ha infatti permesso di smascherare l'intera organizzazione, l'intero sistema, andando a disvelare quelli che vengono definiti "soggetti di elevatissimo spessore criminale", e anche "stabilmente dediti al traffico internazionale di stupefacenti ai massimi livelli, e caratterizzato, nel contempo, oltre che dal contesto criminale di appartenenza, dalla disponibilità di armi e da una considerevole potenzialità offensiva". Anche per questo agli arrestati sono stati contestati, con l'aggravante del metodo mafioso, i reati di lesioni, ricettazione, estorsione, danneggiamento, favoreggiamento personale, simulazione di reato, possesso e fabbricazione di documenti falsi e porto e detenzione abusiva di armi.

CONTRASTI NELLA GESTIONE DEL TRAFFICO NELLA CAPITALE - In questo contesto mafioso, è emerso come il movente dell'omicidio Femia fosse da ricollegare a contrasti sorti nella spartizione del mercato della droga nella Capitale. A gestirlo erano due potenti cosche di 'ndrangheta di San Luca che avevano trasferito i propri interessi economici a Roma. Erano i Nirta, rappresentata dai fratelli Crisafi,  e i Pizzata, che faceva capo a Giovanni Pizzata, a dividersi il territorio. Con loro in città operavano figure di grande rilievo e prestigio criminale. Nomi pesanti come quelli di Massimiliano Sestito, Giovanni Pizzata e Bruno Crisafi.

IL GRUPPO DI FUOCO - Proprio Giovanni Pizzata aveva costituito nella Capitale un gruppo di fuoco composto, tra gli altri, da Massimiliano Sestito e da Gianni Cretarola, gravati da precedenti per omicidio. Tra gli episodi loro ascrivibili, va menzionato il ferimento di un marocchino ad Ardea, responsabile di aver occupato illegalmente una abitazione già occupata da un amico di Giovanni Pizzata, nonché il ferimento di Teodoro Battaglia, carrozziere gambizzato nell'ottobre 2012 per aver mancato di rispetto nei confronti di Gianni Creatrola e Massimiliano Sestito, che si erano recati presso la carrozzeria per rintracciare un parente della vittima che aveva un debito pregresso con Francesco Sestino, zio di Massimiliano.

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