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Cronaca La Rustica

Una stanza per le torture, la stima di Carminati e lo spaccio: così i "brutti forti" si sono presi La Rustica

Sono 14 le persone arrestate. A capo del gruppo, Daniele Carlomosti, che nel 2017 tentò di uccidere il fratello per prendersi la piazza di spaccio

"Quelli so' brutti forti compà". Così Massimo Carminati descriveva Daniele Carlomosti e la sua banda che, in poco tempo, si erano presi il quartiere de La Rustica. Un predominio brutale e violento che Carlomosti avrebbe portato avanti nel corso degli anni tentando, secondo quanto accertato dalle indagini, anche di uccidere il fratello Simone. Una organizzazione così radicata e forte, ritenuta in grado, secondo gli inquirenti, di muovere droga in grandi quantità dal Marocco e di sequestrare e torturare in stanza ad hoc chi non pagava i debiti. Sul sodalizio la direzione distrettuale antimafia si è mossa insieme ai carabinieri e alla procura di Roma. 

Oggi, dopo una lunga indagine, gli inquirenti sono arrivati a dama. Sono stati infatti emesse ordinanze per 14 persone, 6 in carcere e 8 arresti domiciliari, tutte gravemente indiziate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, tentato omicidio, lesioni, tortura, sequestro di persona, estorsione e incendio, nonché detenzione illegale e commercio di armi da sparo. Reati gravi ricostruiti dal 2018 al 2019 che hanno permesso di raccogliere indizi utili per disegnare la linee della banda di La Rustica.

L'inizio della faida e delle indagini

L'indagine trae origine da una faida tra fratelli. È il 17 novembre del 2017 quando un uomo viene ferito da più colpi d'arma da fuoco alle gambe mentre si trovava all’interno di un complesso residenziale. A sparare, come ricostruito dalle indagini, era stato Daniele Carlomosti che gambizzò brutalmente il fratello Simone. Il movente: la gestione delle attività illecite. Una guerra in famiglia che provocò gambizzazioni, incendi, esplosione colpi d'arma da fuoco contro appartamenti e veicoli fino appunto al tentato omicidio di Simone, quando Daniele Carlomosti gli sparò  contro, dal balcone della sua abitazione, più colpi d'arma da fuoco con una pistola calibro 7,65 non riuscendo nell'intento di ucciderlo solo per un caso fortuito. 

Le donne di famiglia

Se con il fratello Simone, Daniele Carlomosti non andava d'accordo, per usare un eufemismo, diverso invece è stato il rapporto con due donne della famiglia. Nel sodalizio, infatti, ricoprivano importanti ruoli la zia e la moglie di Carlomosti. Quest’ultima si occupava principalmente di gestire problematiche logistiche quali ad esempio la custodia delle chiavi dei locali dove venivano stoccati gli ingenti quantitativi di droga prima di essere smistati.

Il dominio di Daniele Carlomosti

Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di raccogliere indizi sulla funzione verticistica ricoperta da Daniele Carlomosti. Nel corso degli anni, continuando con atti violenti e intimidatori, si era fatto largo nel mondo dello spaccio, operando con funzioni di raccordo tra i fornitori del narcotico e gli acquirenti nell'hinterland romano. Non solo coordinava anche le attività illecite dei sodali dal suo fortino di La Rustica.

Affari di rilievo che raccontano - grazie alle indagini dei carabinieri - anche di diversi contatti con l'estero per lo spaccio di droga su scala internazionale. Stando alle ricostruzioni fatte, i militari hanno potuto esaminare le fasi dell'imminente acquisto di mille chili di hashish dal Marocco da trasportare prima in Spagna e poi in Italia mediante un gommone. Pianificazione che non si è concretizzata a causa dell'intervento della polizia marocchina che è riuscita ad intercettare il carico al largo delle coste africane. 

Sequestri e torture

Non solo lo spaccio però. La violenza e la brutalità delle azioni, erano un marchio di fabbrica. In un caso è stato documentato il sequestro di persona a scopo estorsivo e le torture subite da una persona, morosa per un debito di 64.000 euro riconducibile ad una partita di stupefacenti non pagata. Il gruppo di Carlomosti, stando a quanto ricostruito dagli investigatori, aveva portato la vittima all'interno di un appartamento rivestito con teli in plastica al fine di non lasciare tracce di sangue, legandola, spogliandola e costringendola a subire minacce di morte e gravi violenze fisiche per circa sei ore.

Una stanza delle torture creata ad hoc, come quelle di Dexter Morgan nell'omonima serie tv. Ma a La Rustica, di finzione c'era ben poco. In un altro caso, nel dicembre 2018, si è invece verificato il pestaggio di un debitore costretto a consegnare due orologi di lusso, nonché a trasferire la titolarità di un'auto di valore al fine di estinguere il debito.

La stima di Carminati

A conferma della caratura criminale di Carlomosti, anche attestati di stima importanti. Gli investigatori, nell'operazione che ha smantellato il gruppo di La Rustica, hanno citato anche l'ordinanza 'Mondo di Mezzo'. Qui sarebbe emersa la considerazione di Massimo Carminati nei confronti di  Daniele Carlomosti. Il "Cecato", in una circostanza, riferendosi al sodalizio gestito dal Carlomosti, ad un amico lo raccontava così: "Quelli so' brutti forti compà". Nel corso delle indagini svolte dai carabinieri si è proceduto all'arresto in flagranza di reato di sette persone per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, con il conseguente sequestro di complessivi 11,400 chili di hashish.

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