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Martedì, 19 Marzo 2024
L'omicidio della 18enne romana

Pamela Mastropietro: Cassazione conferma ergastolo per Oseghale, ma dispone appello bis per lo stupro

La rabbia delal madre della 18enne uccisa a Macerata dopo la decisione della Cassazione, che ha disposto un nuovo appello per l'aggravante della violenza sessuale

Il processo per la morte di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa a Macerata il 30 gennaio 2018, andrà parzialmente rifatto. È la decisione della prima sezione penale della Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla condanna nei confronti di Innocent Oseghale, accusato di avere violentato e ucciso Pamela e di avere poi fatto a pezzi il suo cadavere per liberarsene.

I giudici della Suprema Corte hanno confermato l’ergastolo già disposto in primo e secondo grado per l’accusa di omicidio, ma hanno accolto il ricorso presentato dalla difesa relativamente alla violenza sessuale, annullando questa parte della sentenza d’appello e rinviandola al tribunale di Perugia per un processo di appello bis.

La condanna definitiva nei confronti di Oseghale verrà quindi determinata sulla base dell’esito del nuovo processo d'appello celebrato a Perugia: se i giudici di secondo grado lo ritenessero, per esempio, non responsabile della violenza sessuale, la pena finale potrebbe essere diversa da quella dell'ergastolo, inflittagli dalla Corte d'assise d'appello di Ancona.

"Ricorso inammissibile, crudeltà e freddezza dell'imputato acclarate"

Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Maria Francesca Loy, in mattinata aveva sollecitato nella sua requisitoria la conferma definiva dell’ergastolo: “La condotta dell'imputato è acclarata, la sua crudeltà e la sua freddezza nel lavare il corpo con la candeggina e farlo poi a pezzi erano funzionali a non far ritrovare le tracce e a nascondere le prove - ha detto Loy, chiedendo la conferma anche dell’aggravante della violenza sessuale - la sentenza di appello motiva in maniera ineccepibile la decisione del giudice di appello. L'imputato ha nascosto il rapporto sessuale finché non è stato ritrovato il suo Dna, e ha dato versioni diverse adeguandole alle risultanze investigative via via acquisite”.

In aula mercoledì era presente anche Alessandra Verni, la mamma di Pamela, che alla notizia del nuovo processo ha dato in escandescenze: “Sono 4 anni che aspetto giustizia - ha urlato - Ammazzano, violentano, fanno a pezzi, e lo Stato italiano non fa nulla”. Verni è arrivata in Cassazione accompagnata da amici e familiari, che hanno esposto striscioni e lenzuola in piazza Cavour che invocavano “Giustizia per Pamela Mastropietro", e ancora: "Dov'è finita l'umanità'" e "Pamela grida giustizia e noi siamo la sua voce".

"Mi aspetto il massimo della pena per il carnefice di mia figlia - aveva detto la mamma di Pamela poco prima dell’inizio dell’udienza - Ci sono altre persone coinvolte, posizioni che purtroppo sono state tutte archiviate, mi aspetto che le istituzioni vogliano riaprire le indagini sui complici di Oseghale. Per un omicidio così efferato non può pagare solo una persona”.

L’omicidio di Pamela Mastropietro

Era il 30 gennaio del 2018 quando i resti della 18enne romana Pamela Mastropietro venivano trovati in due trolley abbandonati in un fosso in località Pollenza, a Macerata. Era fuggita da una comunità di recupero di Corridonia, dove era stata accompagnata per aiutarla a liberarsi della dipendenza dalla droga, e nelle ore precedenti all’omicidio tutte le persone che hanno incrociato la sua strada sembrano essersi voltate dall’altra parte.

Le indagini hanno ricostruito cosa è accaduto a Pamela il 29 gennaio del 2018: senza documenti né cellulari la 18enne ha fatto l’autostop, incappando in due uomini che in cambio di un passaggio ne hanno abusato. A Macerata, dopo aver perso il treno che avrebbe dovuto riportarla a Roma, incontra quello che sarebbe diventato il suo carnefice: Innocent Oseghale, allora 29 anni, pusher di origini nigeriane che si offre di ospitarla a casa sua, promettendole anche droga.

Pamela accetta. Qualche ora dopo verrà accoltellata più volte, per la procura anche violentata, a ucciderla proprio l’emorragia. Per gli inquirenti dopo l’omicidio il suo corpo è stato lavato con la candeggina per non lasciare tracce, poi smembrato e messo in quei trolley abbandonati in strada.

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