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Sabato, 20 Aprile 2024
Romaneggiando

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A cura di Claudio Colaiacomo

Ruffianello, il ragazzino che poteva cambiare vita in un colpo solo ai romani

Il gioco del lotto fece la comparsa ufficiale a Roma il 14 febbraio del 1732 sotto lo stretto controllo delle autorità pontificie. Una novità, non tanto per il gioco, ma perché era lo Stato ad amministrare regole e vincite, tradizionalmente gestite clandestinamente da cittadini più o meno loschi. I tentativi di dare una veste istituzionale all’azzardo erano iniziati diversi anni prima senza mai riuscire a ottenere la necessaria continuità e trasparenza, sicché il gioco continuava abusivamente. 

Forse anche per arginare il proliferare di attività illegali, e certamente per trarre guadagno, il papa istituì una commissione per presenziare il corretto svolgersi dei sorteggi e della distribuzione delle vincite. Le estrazioni erano pubbliche e si svolgevano prima in piazza del Campidoglio, poi in piazza Montecitorio dalla loggia del palazzo del parlamento. Immaginate la folla speranzosa in attesa trepidante del fatidico momento, l’estrazione di cinque numeri da un ampolla che ne conteneva 90, sigillati all’interno di piccole sfere, in maniera molto simile a quanto accade oggi. 

Ad accertare la regolarità del tutto c’era il cosiddetto Pallaro, il quale accertava che le sfere contenenti i numeri non fossero manomesse, riconoscibili e che non ci fossero numeri mancanti o doppi. Per porre l’accento su innocenza e purezza, l’estrazione era affidata a un bambino scelto tra gli orfanelli ospitati negli istituti religiosi di cui l’Urbe era piena. 

Il popolo romano – abituato alla condotta non sempre innocente di principi e baroni e certo delle interferenze delle autorità governative – soprannominò ruffianello il ragazzino chiamato di volta in volta a quel compito. Una piazza nel cuore del Campo Marzio conserva ancora il ricordo di quei bagni di folla nell’attesa e nella speranza di cambiare vita in un colpo solo, proprio come accade oggi. È il delizioso largo del Pallaro, accucciato teneramente tra Campo de’ Fiori e la cupola rassicurante di Sant’Andrea della Valle. 

Da I LOVE ROMA libro di Claudio Colaiacomo

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