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Venerdì, 29 Marzo 2024
Roberto Riccardi

Roberto Riccardi

A cura di Roberto Riccardi

Mobilità dolce, una narrazione contro corrente: il futuro di Roma non è a pedali

Sicuramente è più facile per un Sindaco dipingere con la vernice delle strisce per terra, realizzando una ciclabile alla bene meglio, che costruire un ponte. È più semplice dare il via libera all’assalto dei monopattini, piuttosto che riprogettare il sistema di trasporto urbano. Come è anche più fattibile cambiare il nome alle cose per modificarne la percezione generale, coniando ad esempio il termine “mobilità dolce” per giustificare interventi senza senso, invece di costruire nuovi parcheggi. 

Un’operazione che non sarebbe affatto titanica se venissero ripristinati quelli “a spina di pesce”. Una modalità che consentirebbe l’immediata moltiplicazione degli stalli, con la conseguente drastica diminuzione delle auto in doppia fila.   Occorrono idee, competenze, maturità ed un coraggio “rivoluzionario” per andare contro corrente, caratteristiche che sono risultate assenti nell’ultima sindacatura. È mancata la visione delle priorità insieme alla progettualità, sostituite dalla facile demagogia adolescenziale del pedale taumaturgico e dal monopattino salvifico. 

Solo lo 0,5% dei romani utilizza la bicicletta, stando al “Rapporto sull'economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città” realizzato da Legambiente in collaborazione con VeloLove.  Eppure sono innumerevoli le strade ad alta frequentazione, una per tutte la Tuscolana, che sono state devastate per creare (il termine perfetto in romanesco sarebbe arronzare) delle piste ciclabili.  Il risultato è stato terrificante: viabilità strangolata, aumento dell’inquinamento a causa delle interminabili code, commercio in ginocchio e sparizione dei parcheggi. 

Impossibile, poi, non menzionare la ciclabile sul lungomare di Ostia che, con il restringimento ad una corsia, ha sconvolto l’intera mobilità cittadina creando ingorghi permanenti a macchia d'olio. Ha penalizzato fortemente le attività balneari e, soprattutto, ha reso il percorso una trappola per gli interventi di emergenza.

Nel video una ambulanza imprigionata nel traffico:


Mentre le “vecchie ciclabili” giacciono abbandonate, tra rovi e buche, su strade e marciapiedi si è abbattuta la furia verniciatrice, accompagnata anche al taglio dei pini. Un esempio per tutti è Viale Appio Claudio che oggi è irriconoscibile, con una skyline capace di far rivoltare nella tomba Ottorino Respighi, autore dell’immortale poema sinfonico “I pini di Roma”. 

L’illogica frenesia del pedale ha devastato anche lo strategico quadrante di San Giovanni ed ha creato persino mostruosità orripilanti, come la lingua nera di asfalto gettata sulle banchine in marmo del Tevere, in spregio al seppur minimo buongusto.
Contando lo striminzito numero di ciclisti che utilizzano le piste, rispetto ai quasi 2 milioni ed ottocentomila romani, sembra di assistere alla feroce dittatura di una minoranza nostalgica dell’800, finita al potere per uno scherzo della storia. 

Il Codice della Strada identifica le bicilette come veicoli, a cui è consentito circolare stabilmente sulla viabilità ordinaria. Da cosa è scaturita dunque la smania verniciatrice?  In realtà le ciclabili temporanee sono il dito dietro al quale è stata nascosta l’impossibilità oggettiva degli occupanti del Campidoglio di creare un progetto organico, che tenga conto delle esigenze reali della maggioranza dei cittadini. I quali non desiderano essere educati forzatamente all’uso del pedale, ma vogliono “vivere bene”. Se possibile anche comodamente.

Una ciclabile fatta male in più od in meno, non mette in ballo il futuro sostenibile, come cercano di farci credere. Siamo seri. Una nuova linea metropolitana cambia radicalmente le cose, i bus elettrici possono fornire un apporto determinante alla qualità dell’aria. Persino la fantasiosa funivia smontabile e trasportabile, progetto unico al mondo, darebbe una mano. 

Smontiamo ora una grande bugia legata alle ciclabili temporanee. Quando l’Europa chiede interventi di sostenibilità ambientale, non pretende di mandare a piedi i cittadini o di costringerli all’utilizzo di bici o monopattini. Intende interventi capaci di modificare la qualità dell’aria come ad esempio il rinnovo di tutto il parco caldaie, o l’incentivazione di auto rispettose dell’ambiente.

Il continuo attacco alla mobilità privata è una farsa ideologica, che culmina con le inutili Domeniche Ecologiche. La prova provata la ha fornita il primo lockdown, con la città immobilizzata ed il totale blocco del traffico, quando l’inquinamento è aumentato anziché diminuire.

I dati certificati dall’Arpa (l’Agenzia per l’Ambiente) hanno infatti sancito che il blocco delle auto a Roma è una castroneria, ideata da chi immagina che l’unico sviluppo possa essere a pedali o con il “cavallo di San Francesco”. I primi ad intervenire per smobilitare le piste temporanee sono stati gli amministratori inglesi. Graniticamente certi dell’inutilità e dei danni, hanno iniziato a rimuoverle in tutta la nazione da un istante dopo l’attuazione della Brexit, il primo gennaio 2021. 

Ha scritto il Daily Mail: «In Inghilterra i Comuni hanno iniziato a distruggere le piste ciclabili…, mentre cresce la preoccupazione per il blocco del traffico e le ambulanze che vengono ritardate mentre rispondono alle chiamate del 999». Sono state rimosse anche le piste ciclabili di Kensington High Street a Londra, descritte come «disastrose» dal Mail on Sunday; mentre nella foto che accompagna l’articolo vengono mostrati gli operai a Worthing che rimuovono gli «odiati dissuasori».

Roma è immensa, con grandi distanze. non è la città degli adolescenti, ma una capitale del G7 votata alla modernità. Costruire piste ciclabili che alleggeriscano il traffico anziché crearlo è una cosa giusta, ma pensare che la bicicletta sia la soluzione alla mobilità è ridicolo. Può essere parte delle soluzioni. Di certo la Capitale non è e non può divenire la Pechino di Mao TzeDong, dove la bici era il mezzo di trasporto unificante per il popolo, decantato dal Libretto Rosso, e dove possedere un’automobile era una concessione e non un diritto. Sarebbe molto interessante conoscere il pensiero in proposito dei Candidati alla poltrona di Sindaco.  Lo aspettiamo.

*Segretario romano dell'UDC


 

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