Roma ha bisogno di una riforma della gestione cimiteriale
A Roma un cittadino sa che dovrà fare i conti con i malfunzionamenti della città pure da morto. Il riposo non è previsto da queste parti. Mi scuso già in partenza per il tono. Non è assolutamente mia intenzione fare ironia su un tema complesso e delicato come quello dell’addio ai propri cari e della mala gestione cimiteriale. Ma c’è da dire che se i disservizi quotidiani esasperano i cittadini, quelli che tante famiglie incontrano nel momento più doloroso e difficile della propria vita destano una rabbia e una insofferenza molto più grandi. E per quanto difficile sia farlo, è giusto e doveroso scriverne. E occuparsene.
Incuria, degrado, attese lunghissime, bare accatastate, scempio consumato sui corpi dei defunti, assenza di spazi, infiltrazioni mafiose, inadempienze, mancanza di risposte e riferimenti, ma soprattutto una cosa: la mancanza di pietà da parte di chi si occupa della gestione delle salme dei defunti dentro i cimiteri e le strutture crematorie, impreparati nell’interfacciarsi con persone che stanno attraversando un lutto, e sono costrette nelle stesse ore a fare i conti con la burocrazia, e la sua arroganza.
Come sappiamo a Roma la gestione cimiteriale è affidata ad Ama. Così come in molti altri comuni ad occuparsene sono spesso società in house a cui al contempo sono affidate la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
Se facciamo un passo indietro, e risaliamo alla normativa che regola la materia, scopriamo che più che un passo è un salto nel tempo. Nel nostro paese l’ordinamento funerario è disciplinato dal testo unico delle leggi sanitarie, che risale al regio decreto del 1934. Il regolamento di polizia mortuaria è del 1990. La legge recante disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri è del 2001. Venti anni da quest’ultima in cui il numero delle richieste di cremazione è moltiplicato rispetto a quando la norma che le disciplina fu pensata.
Alcuni parlamentari, su iniziativa della deputata Giuditta Pini, prima firmataria, hanno presentato una proposta di riforma organica di tutto il settore. Che interviene radicalmente in tutti i processi che un cittadino si ritrova a dover affrontare, ma soprattutto obbliga i comuni, in capo a cui vi è la gestione, a garantire livelli essenziali delle prestazioni e determinati standard: una formazione specifica degli operatori, uno snellimento notevole nelle pratiche amministrative, una più precisa definizione delle responsabilità, una razionalizzazione dei costi che consenta di implementare gli spazi, una corretta manutenzione, e a tutti gli stessi diritti ad una sepoltura dignitosa e in tempi ragionevoli dei propri cari. O la possibilità di optare per la cremazione, senza scontrarsi con trafile infinite causate dalla mancanza di strutture e necessarie strumentazioni.
A Roma ad esempio le cremazioni possono essere effettuate solo a Flaminio, dove i pochi forni che ci sono, per lo più delle volte sono rotti. E in ultimo, ma di altrettanta importanza, la messa a disposizione di spazi adeguati alla celebrazione dei funerali laici, che colmi il vuoto, grave, della mancanza di luoghi in cui poter salutare i defunti, pur non aderendo al rito cattolico.
Credo che sostenere una proposta del genere sia dovere di tutto il parlamento, perché dove c’è scritto “Disciplina dell’attività funeraria” si leggono in realtà parole come diritti, uguaglianza e soprattutto rispetto della dignità della persona e del dolore di intere famiglie. Rispetto che, soprattutto a Roma, con l’attuale gestione della macchina amministrativa e delle sue aziende pubbliche, non si riesce ad ottenere da vivi, e nemmeno da morti.
Ecco perché in attesa che la legge venga approvata possiamo fare qualcosa: ridiscutere la gestione dei cimiteri da parte di Ama, e iniziare a pensare a case del commiato comunali in ogni municipio, per consentire a tutti di avere un luogo dedicato, laico e accogliente per l'ultimo saluto ai nostri cari.