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Nella Converti

Nella Converti

A cura di Nella Converti

No, il carcere non può retribuire il male con il male

Di persone che hanno trascorso un periodo della loro vita in carcere ne ho conosciute tante. Forse è anche per questo che non sono stata in grado di guardare quei video. Nei luoghi dove sono cresciuta è più che normale che la figlia di un dottore possa condividere il banco di scuola con la figlia di un carcerato.

E probabilmente mandarmi a scuola pubblica dall’asilo, in quartieri dove il tessuto sociale è incredibilmente eterogeneo, è stata la scelta più giusta fatta dai miei genitori. Un modo per comprendere nel pieno della mia crescita la ricchezza della diversità e il fatto che non tutti hanno potuto usufruire pienamente del libero arbitrio nelle scelte fatte. Sto pensando da giorni proprio a questa cosa.

Di persone che hanno commesso errori, e hanno pagato per questo, io ne conosco veramente tante. Con uno ad esempio ho avuto modo di parlare proprio qualche giorno fa dopo che i fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere erano già noti.
Lui di errori ne ha fatti tanti: una rapina a 11 anni, una rissa finita con un accoltellamento a 12 e un’intera adolescenza trascorsa tra l’illegalità e la piccola criminalità.

Il trasferimento a Roma da un piccolo paesino del sud e poi il carcere. Tre anni che ricorda molto bene. Tre anni che di sicuro non hanno contribuito alla sua “rieducazione” e reinserimento nella società. Uscito è entrato nel giro della tossicodipendenza.
Una vita segnata e che poteva finire molto presto. Poi è riuscito a fare la sua scelta. Il lavoro, un amore molto forte, un figlio.
Tutto ciò che non pensava mai di poter avere e che gli hanno trasformato la vita. Ora è una delle tante persone che portano colore in un quartiere dove il grigio è ancora troppo predominante.

“Il carcere è quella roba lì. Dentro le mura non esiste alcun diritto o riabilitazione”, mi ha detto rassegnato commentado la notizia di questi giorni. Ecco. Questo non è tollerabile. E non è la prima volta che accade una cosa del genere in questo paese.
Il carcere non può essere pensato come un luogo dove rinchiudere un soggetto che ha sbagliato e dove sia “giusto e doveroso retribuire il male con il male”.

Il carcere non è e non può essere questo. Il sovraffollamento, la difficoltà della convivenza forzata, la limitazione dei diritti, le scarse condizioni igienico-sanitarie, devono essere affrontati il prima possibile. Ma serve anche una riforma radicale. Anche perché: “te lo posso garantire. Entri che hai fatto qualche cazzata, esci che sei una bestia. Io mi sono ripreso grazie ad altro e non di sicuro per quei 3 anni lì dentro”.
 

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