No, il carcere non può retribuire il male con il male
Di persone che hanno trascorso un periodo della loro vita in carcere ne ho conosciute tante. Forse è anche per questo che non sono stata in grado di guardare quei video. Nei luoghi dove sono cresciuta è più che normale che la figlia di un dottore possa condividere il banco di scuola con la figlia di un carcerato.
E probabilmente mandarmi a scuola pubblica dall’asilo, in quartieri dove il tessuto sociale è incredibilmente eterogeneo, è stata la scelta più giusta fatta dai miei genitori. Un modo per comprendere nel pieno della mia crescita la ricchezza della diversità e il fatto che non tutti hanno potuto usufruire pienamente del libero arbitrio nelle scelte fatte. Sto pensando da giorni proprio a questa cosa.
Di persone che hanno commesso errori, e hanno pagato per questo, io ne conosco veramente tante. Con uno ad esempio ho avuto modo di parlare proprio qualche giorno fa dopo che i fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere erano già noti.
Lui di errori ne ha fatti tanti: una rapina a 11 anni, una rissa finita con un accoltellamento a 12 e un’intera adolescenza trascorsa tra l’illegalità e la piccola criminalità.
Il trasferimento a Roma da un piccolo paesino del sud e poi il carcere. Tre anni che ricorda molto bene. Tre anni che di sicuro non hanno contribuito alla sua “rieducazione” e reinserimento nella società. Uscito è entrato nel giro della tossicodipendenza.
Una vita segnata e che poteva finire molto presto. Poi è riuscito a fare la sua scelta. Il lavoro, un amore molto forte, un figlio.
Tutto ciò che non pensava mai di poter avere e che gli hanno trasformato la vita. Ora è una delle tante persone che portano colore in un quartiere dove il grigio è ancora troppo predominante.
“Il carcere è quella roba lì. Dentro le mura non esiste alcun diritto o riabilitazione”, mi ha detto rassegnato commentado la notizia di questi giorni. Ecco. Questo non è tollerabile. E non è la prima volta che accade una cosa del genere in questo paese.
Il carcere non può essere pensato come un luogo dove rinchiudere un soggetto che ha sbagliato e dove sia “giusto e doveroso retribuire il male con il male”.
Il carcere non è e non può essere questo. Il sovraffollamento, la difficoltà della convivenza forzata, la limitazione dei diritti, le scarse condizioni igienico-sanitarie, devono essere affrontati il prima possibile. Ma serve anche una riforma radicale. Anche perché: “te lo posso garantire. Entri che hai fatto qualche cazzata, esci che sei una bestia. Io mi sono ripreso grazie ad altro e non di sicuro per quei 3 anni lì dentro”.