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Lottavo Colle

Lottavo Colle

A cura di Daniele Nalbone

Emergenza abitativa, gli affari milionari di Papa Francesco

Lo "scoop in ritardo di quattro anni" su Totti nel business dell'emergenza abitativa chiama a un ragionamento di cosa si intende, in città, per inchiesta e la differenza che c'è tra giornalismo e pubblicità

Si potrebbe titolare così. In fondo, se si può dire che in Mafia Capitale un nome da giocarsi in prima pagina è quello di Francesco Totti, che è titolare di un appalto, fino a prova contraria, vinto secondo le regole (sbagliate), beh, si può ben dire che uno dei vertici di Mafia Capitale sia il Santo Padre. In fondo, a fare i soldi - veri e tanti - con l'emergenza abitativa, è stata soprattutto la Chiesa. 

Era il 2011 quando chi scrive (tifoso della Roma, precisazione necessaria) ha tirato fuori la storia di Francesco Totti nel business dell'emergenza abitativa. Ci lavoravo già da un anno. Una notizia importante, certo, ma non "scandalosa". Totti è un privato cittadino che partecipa a un bando pubblico per la messa a disposizione dei residence. Punto. La notizia finisce qui. Poi, al massimo, ci si può ricamare sopra un po' di colore parlando delle brutte condizioni in cui gli "inquilini" sono costretti a vivere. Il punto, allora, mettiamolo pure qui. La "notizia", allora (come oggi), era che a fare i veri soldi con il business era un ente vicino al Vicariato dal quale, poi, la Chiesa ha preso le distanze.

Il passo successivo dovrebbe essere un approfondito ragionamento sul modello dell'emergenza, un modello che viene da lontano (diciamo dal Giubileo con il trio Rutelli-Fiori-Bertolaso) e che negli anni ha portato la politica a fare diversi passi indietro per favorire il modello emergenziale della gestione dei problemi: pioggia di soldi a favore di privati. Tutto sbagliato, ma tutto secondo legge.

C'è poi il terzo punto, quello che dovrebbe chiamare in campo giornalisti e magistrati: le inchieste da fare - i primi - su come queste emergenza vengono gestite; i secondi sulla regolarità degli appalti. Dov'erano i primi, dal 2010 a oggi, quando si parlava di emergenza abitativa? Desaparecidos. Solo pochi giornalisti si sono occupati del dramma dei senza casa, il più delle volte bollati come "comunisti" o "amici degli occupanti". Poi arriva la magistratura, arriva la narrazione di Mafia Capitale, arriva il momento di scrivere libri e girare pubblicità. Il tutto, con quattro anni di ritardo.

E' qui che si deve trovare un testimonial per muovere i lettori del web verso le librerie. E' qui che serve il nome altisonante da sparare in prima pagina. Ed è qui che i giornalisti sono chiamati a trasformare il loro lavoro di inchiesta in una serie di "scoop" che però fanno vendere. Scrivere in una frase che "nessuno è indagato per queste storie" è un vano tentativo di mascherare per lavoro utile alla collettività uno spot e nient'altro.

Il risultato, allora, è che ho sbagliato tutto. Ho sbagliato per anni a non adagiarmi su semplici visure catastali e racconti di corridoio e a puntare sui reali problemi delle famiglie che vivono il dramma di non avere un alloggio. Ho sbagliato a concentrarmi su chi ha mosso i fili della politica romana quando bastava sparare qualche nome altisonante in prima pagina. Ho sbagliato ad andare residence per residence per parlare con gli abitanti e capire il loro dramma. E, soprattutto, ho sbagliato a cercare di capire cosa c'era dietro lo strano giro di cooperative che hanno fatto miliardi con qualsiasi tipo di emergenza quando bastava scrivere che Papa Francesco e, prima di lui, Papa Ratzinger, ha fatto affari milionari sulla pelle delle persone.

Ed è per questo che, mio malgrado, oggi sono dalla parte di Ignazio Marino. Non delle sue politiche, ma del modo con cui ha messo a tacere una troupe delle Iene che, dopo lo "scoop" su Totti, lo incalzava sul tema dei residence: "Dove eravate per 15 anni? Io sono quello che i residence sta cercando di chiuderli". Ma, forse, oggi è difficile trovare in città i vari Rutelli e Veltroni. 

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