Il rimpasto di Raggi ignora l'assessorato che assegna zero case popolari ed è fermo sui bonus affitto
L'ultimo cambio di poltrone capitolino investe cultura e commercio, mentre le politiche abitative cittadine sono in completo stallo
La motivazione alla base dell’ultimo rimpasto di Giunta messo in campo dalla sindaca Virginia Raggi apre una riflessione sull’operato degli assessori. “Ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma”, ha spiegato la prima cittadina, annunciando il ritiro delle deleghe alla Cultura e al Commercio a Luca Bergamo e Carlo Cafarotti e sottintendendo un’unità di intenti con il resto della squadra.
Proprio mentre la sindaca era impegnata nell’ennesimo giro di poltrone, per le strade della sua città dieci persone senza casa erano già morte di freddo, senza aver ricevuto alcuna risposta dalle istituzioni cittadine; le assegnazioni delle case popolari erano ferme da circa tre mesi, senza che gli uffici del dipartimento Politiche abitative siano in grado di fornire valide spiegazioni sul perché; centinaia di famiglie alle prese con nuovi sfratti si erano rassegnate ormai da settimane al fatto che nessuno dalle istituzioni locali stia pensando a come non farli finire per strada quando, il 1 luglio prossimo, scadrà lo stop all’esecuzione degli sfratti.
Mentre Raggi parla di un “ulteriore slancio” per settori di certo importanti come la cultura e il commercio, sceglie di non vedere il dramma sociale che il fallimento della gestione delle Politiche abitative della sua amministrazione sta generando. La poltrona affidata nel settembre del 2019 alla fedelissima, pentastellata doc, Valentina Vivarelli, non è stata messa in discussione.
Il disastro delle politiche abitative a Roma: è tutto fermo ma a Raggi va bene così
Eppure, proprio poche ora prima di rivelare l’ennesimo rimpasto, nel corso di una commissione Trasparenza emergeva la fotografia di un dipartimento Politiche abitative completamente bloccato. Dopo aver pubblicato con mesi di ritardo la graduatoria aggiornata delle famiglie in attesa di assegnazione di alloggio popolare, a causa della disorganizzazione interna degli uffici, per oltre tre mesi nessuna casa è più stata assegnata. Intanto, a otto mesi di distanza dalla pubblicazione del bando per il bonus affitto 2020, emanato in via emergenziale proprio per le famiglie in difficoltà economica a causa del Covid, l’amministrazione non è in grado di comunicare con certezza alle famiglie chi ha diritto al contributo e chi ne resterà escluso.
Nel frattempo, le domande per il bonus affitto 2019 non sono state nemmeno toccate, tanto che il direttore della direzione Politiche abitative, Stefano Donati, ha parlato di esternalizzare il servizio. Questo significa che finanziamenti già disponibili che sarebbero già potuti arrivare nelle tasche degli aventi diritto restano ferme nelle casse capitoline mentre le famiglie scivolano velocemente verso uno sfratto senza alternative, né emergenziali né strutturali.
Anche sul buono casa, erogato a circa 250 famiglie fuoriuscite negli anni scorsi dai residence per l’emergenza abitativa, Vivarelli è in ritardo. I primi contratti sono scaduti nel febbraio del 2020, qualcuno è già stato mandato fuori casa, altri sono stati messi sotto sfratto. Un anno dopo, la proroga è stata messa nero su bianco solamente in una memoria di giunta che non ha alcun risvolto pratico ai fini della soluzione della problematica.
Lo stallo sul bonus affitto 2020 è ancor più preoccupante se si realizza che si tratta di una misura tampone, che avrebbe dovuto arginare un’emergenza per poi essere sostituita con politiche strutturali che, questo va detto, scarsegg anche ai livelli di più alti di Regione e Governo. Vivarelli, in questo quadro, sta facendo pienamente la sua parte, rimandando a data da destinarsi i sindacati che le chiedono l’apertura di un tavolo di crisi ed evitando di dire cosa intenda fare per il disagio abitativo crescente per la città. Anche la questione delle centinaia di famiglie che vivono nelle occupazioni, i cui sgomberi sono costantemente all’ordine del giorno dei tavoli in Prefettura, continua a essere lasciata all’emergenza e a Politiche sociali tampone e insufficienti.
Non vanno meglio i cavalli di battaglia dell’assessora, come il nuovo regolamento per la concessione del patrimonio disponibile di Roma Capitale, annunciato già nel corso della precedente campagna elettorale della sindaca Raggi e nelle mani di Vivarelli fin da quando, da semplice consigliera, era presidente della commissione Patrimonio e Politiche abitative. A distanza di cinque anni il regolamento è ancora fermo in commissione, oggetto delle critiche della cittadinanza coinvolta, delle opposizioni e di parte della stessa maggioranza pentastellata.
Non solo. Ormai al termine del mandato, la Giunta Raggi ha approvato una delibera che ha conferito il mandato al dipartimento Patrimonio di avviare la ricognizione degli immobili del patrimonio disponibile per verificare la sussistenza dei requisiti delle realtà che vi operano. Un’operazione che ci si sarebbe aspettati un giorno dopo l’insediamento di Virginia Raggi e che nemmeno Vivarelli, che segue il tema da anni, ha avviato una volta diventata assessora. Di fronte a questo quadro viene da chiedersi: a quale visione del futuro politico di Roma fa riferimento la sindaca Virginia Raggi?