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Giovedì, 25 Aprile 2024
La linea gialla

La linea gialla

A cura di Matteo Scarlino

Carlo Calenda è ossessionato dal PD

La scelta di Carlo Calenda di non partecipare alle primarie è legittima e coerente con il suo impegno da aspirante sindaco di Roma Capitale. Il porsi al di fuori del centrosinistra rappresenta una scelta coraggiosa che implica la necessità di andare a caccia di voti nuovi e aree politiche differenti da abitare. Come Calenda ha detto più volte (l'ultima oggi dal Lucia Annunziata, ndr), il PD ha un elettorato molto solido che spesso intende il voto così come la firma di cambiali in bianco. 

Di fronte a questi dati di fatto, costruiti e argomentati con la solita efficacia comunicativa dal leader di Azione, sorprende l'ossessione di Carlo Calenda nei confronti del Partito democratico. Dalla discesa in campo di Gualtieri il continuo chiacchiericcio contro il PD, i continui attacchi, le picconate non sembrano trovare una solida ragione. Una strategia ancora più insensata dopo la chiarezza fatta nel perimetro delle coalizioni e vista la prateria, per mancanza di candidato, che c'è al centro guardando a destra.

Ieri è toccato ad un sondaggio pubblicato da Messaggero e Repubblica in cui Calenda veniva dato sotto il 10%, finire alla berlina del candidato sindaco. Poco credibile a suo dire. Calenda però sembra ignorare che si tratta del primo sondaggio che lo pesa fuori dal centrosinistra, con i soli voti di Azione e Italia Viva. E nonostante la sua indiscuttibile e dirompente forza mediatica, le elezioni si vincono anche con alle spalle forze politiche radicate sul territorio e in grado di smuovere voti. Ecco, se si parte da questo dato e dall'osservazione (non la prendano a male quelli di Azione di Italia Viva) che i due partiti appaiono decisamente poco strutturati per una competizione elettorale come quella romana, quei sondaggi appaiono credibili. Poi, ovviamente, il loro essere sondaggi li rende per loro stessa natura fallaci. 

Oggi, domenica, le picconate in tv sono toccate a Letta, a Zingaretti e in parte allo stesso Gualtieri, ognuno dei quali descritto come un leader dimezzato, incapace di governare un partito o una città. Su Raggi? Neanche una parola. Sul centrodestra? Idem. Quella per il PD pare un'ossessione che - ci consenta il leader di Azione - sta facendo perdere smalto e visione al suo stesso progetto politico e sta fiaccando la sua verve comunicativa, autentico punto di forza del suo personaggio. 

Un progetto, quello di Calenda, costruito in questi mesi sui territori e che potrebbe trovare verso l'area opposta al Partito Democratico, un terreno assai fertile. C'è infatti un centrodestra senza candidato. E se l'asse Salvini - Meloni difficilmente appare pronto a ripiegare su Calenda, c'è un elettorato e una classe politica, quella moderata, pronta ad ascoltare e a sposare le idee sinora espresse in campagna elettorale. Basta essere pragmatici ed esporre i programmi come Calenda ha dimostrato di saper fare per convincere un elettorato moderato, a disagio con il nulla sin qui espresso dal sovranismo. Basta lasciar da parte l'ossessione per i dem e capire che, se si vuol diventare davvero sindaco, bisogna guardare altrove. 

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