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Venerdì, 19 Aprile 2024
FAQ Rom

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A cura di Danilo Giannese

Ponte Mammolo: se le ruspe arrivano prima delle politiche sociali

Ponte Mammolo, periferia est di Roma: ieri mattina le ruspe di Roma Capitale hanno raso al suolo le abitazioni di oltre 400 persone, uomini, donne e bambini. In prevalenza eritrei. In prevalenza rifugiati e transitanti verso altri Paesi europei in cerca di protezione e in fuga da guerre e persecuzioni. Vivevano in condizioni poco dignitose, è vero. Ma quella era, fino a ieri, la loro casa: il “meglio” che la nostra città è riuscita a fare per accoglierli.

Ancora una volta, la Capitale si è resa protagonista di uno sgombero forzato, di palesi violazioni dei diritti umani delle persone coinvolte. Uno sgombero è forzato, quindi illegale e illegittimo, quando non rispetta una serie di garanzie procedurali previste dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite, tra cui una genuina consultazione con gli interessati, una notifica formale, l’offerta di un’alternativa abitativa adeguata alle persone che, in seguito allo sgombero, resterebbero altrimenti senza un tetto sopra la testa.

Nulla di tutto ciò ieri è avvenuto. Nessuna di queste garanzie è stata rispettata. E così, come ravvisato direttamente dall’Associazione 21 luglio e denunciato pubblicamente da associazioni come PRIME Italia e Medici per i Diritti Umani, le persone sono state sgomberate senza sufficiente preavviso, senza avere il tempo necessario per recuperare i loro beni personali, senza la garanzia di una soluzione alloggiativa post sgombero (tant’è che la scorsa notte 200 persone sono rimaste all’addiaccio, nel parcheggio della fermata metro Ponte Mammolo).

Ieri è successo ai rifugiati di Ponte Mammolo. L’altro ieri ai rom. Vittime, questi ultimi, di 35 sgomberi forzati nel solo 2015, cifra che ha già superato il computo degli sgomberi – lo ribadiamo, forzati - realizzati nella Capitale in tutto il 2014. Cambiano i destinatari di tali operazioni, ma le modalità restano le stesse. Modalità per le quali, di recente, il Governo italiano è stato richiamato all’ordine dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che è intervenuta in maniera diretta per sospendere lo sgombero forzato del “campo rom” di Lungo Stura Lazio, a Torino.

Se non ne vogliamo fare una questione di diritto internazionale, però, allora facciamone almeno una questione di buon senso. Qual è il senso e l’utilità sociale di far arrivare le ruspe e le forze dell’ordine prima degli operatori sociali e dei mediatori culturali? Perché far scattare il meccanismo della sicurezza e dell’emergenza prima dell’attuazione di politiche sociali, del dialogo con le persone interessate dalle azioni di sgombero, della consultazione e dell’individuazione di soluzioni condivise? I rifugiati accampati nel parcheggio di Ponte Mammolo o le famiglie rom che, sgomberate da un insediamento informale, si reinsediano in un altro sono le ovvie risposte a questi interrogativi.

Nei giorni scorsi, in occasione della presentazione del rapporto “Centri di Raccolta s.p.a.” dell’Associazione 21 luglio, l’assessore alle Politiche Sociali capitolino Francesca Danese ha annunciato che l’amministrazione è al lavoro su un nuovo piano per l’accoglienza in città. Lo attendiamo con ansia, specialmente in un momento in cui Roma si appresta ad accogliere il Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco.
E lo attendono con ansia anche i cittadini romani, perché per superare una volta per tutte la vergogna – e l’anomalia tutta italiana – dei “campi per soli rom” e delle baraccopoli come quella di Ponte Mammolo occorrono volontà politica e una seria programmazione strategica degli interventi, che non può prescindere dal confronto diretto con le famiglie e le persone interessate. Oltre che da una comunicazione e un dialogo continuo con la città, che faccia realmente luce sulle questioni da affrontare, che parli alla testa e non alla pancia dei cittadini, e riduca l’onda dell’odio e dell’ostilità verso coloro che preferiamo considerare “diversi” e quindi mantenere ai margini della nostra società e della nostra città.  

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