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Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Zona luci rosse: la prostituzione mediatica

La prostituzione in Italia è materia che scotta. Perché i governi che si sono succeduti, dal 1958 ad oggi, non l’hanno voluta affrontare. Dall’altro lato, assistiamo a performance dilettantesche da parte degli amministratori locali sul tema. E a dirla tutta, non vorrei mai trovarmi nei panni di un presidente di municipio o di un sindaco che, in mancanza di una nuova legge sulla prostituzione, di un numero sufficienti di volanti e dei fondi necessari, dovesse trovarsi ad iniziare velleitarie sperimentazioni.

Un po’ di storia in pillole: il tema della prostituzione in Italia è fermo alla legge Merlin del 1958. E già questo la dice lunga su come in Italia si parla tanto del problema, ma non lo si vuole affrontare. Alla legge che abolì le case chiuse, seguì il tentativo del volenteroso ministro della Pari Opportunità Mara Carfagna che, nel 2008, licenziò un disegno di legge che, seppur approvato dal Consiglio di ministri, restò poi chiuso in un cassetto. E amen.

Ad oggi, l’Italia non penalizza la prostituzione, ma al tempo stesso punisce tutta una serie di condotte collaterali. Dal favoreggiamento, all’induzione, dal reclutamento, allo sfruttamento. Di fatto, la legge Merlin ha posto lo Stato fuori dalla disputa, senza proibire o regolamentare l’esercizio della prostituzione. Una volta di più, su una materia di ordine etico, ma che in questo caso ha anche a che a che fare con l’ordine pubblico, i governi italiani non prendono posizione. Né, tanto meno, questa tematica è all’ordine del giorno del pur fantasmagorico governo Renzi. Che mille ne pensa e mezza ne fa.

Tanto per capirci, altri paesi europei sono stati, almeno a livello legislativo, più tempestivi di noi. La Germania ha una nuova legge in materia dal 2002, la Francia dal 2003, così come la Svezia, che ha regolamentato la materia dal 1998. Consapevoli, i governi di questi paesi, che non basta la legge per risolvere il problema. Tanto che ancora si discute su come migliorare le cose, con tanto di relazioni annuali sul problema. Né in Francia, né in Svezia, né tanto meno in Germania, si lanciano in sperimentazioni improvvisate, senza avere una cornice normativa aggiornata al XXI secolo.

In Italia sulla prostituzione va in scena l’improvvisazione. Non è certo colpa degli amministratori locali, questo va detto. La loro colpa, semmai, è quella di cavalcare coscientemente l’ondata di populismo per ottenere facile consenso, oppure (ed è il caso del sindaco Marino) per distogliere l’attenzione dal fatto che Roma è sull’orlo del default finanziario ed amministrativo. Oggi ti sposo due mamme con tanto di prole, ben sapendo che quel matrimonio non avrà valore legale sino a quando non vi sarà una legge nazionale che riconosce l’unione. Domani ti improvviso un quartiere a luci rosse ben sapendo che, se non risolvo il problema della tratta delle schiave del sesso, la filiera dello sfruttamento della prostituzione, faccio un buco nell’acqua.

Ma veniamo al caso specifico della sperimentazione annunciata dal Presidente Andrea Santoro del IX municipio. Intanto la cornice giuridica sarà rappresentata da un’ordinanza comunale. L’ultima, in ordine di tempo, fu quella di Alemanno del 2008. Prevedeva multe da 200 a 500 euro per le prostituite che adescavano in strada e per i clienti che si fermavano, il tutto chiamando in causa il codice della strada. Ricordate come andò a finire? Dopo i primi mesi in cui le volanti perlustravano le zone sensibili più volte a settimana, riducendo il fenomeno, tutto tornò come prima. Come mai? Perché le risorse erano risicate, di volanti nella Capitale ce n’erano poche e mancavano i fondi per pagare gli straordinari. Oggi ci sono premesse migliori? No. Semmai peggiori.

Secondo Santoro, l’assessore Francesca Danese e il sindaco Marino, questa è la volta buona. Rimane solo da concordare con la Prefettura le strade da destinare all’esercizio della prostituzione, mettersi d’accordo con le Forze dell’ordine sulla frequenza del passaggio delle volanti che dovranno essere bisettimanali (ad oggi escono in perlustrazione solo due volte al mese) e organizzare gruppi di operatori sociali. Su questi ultimi graverà il compito di monitorare lo stato psico-fisico della prostitute ed eventuali situazioni di sfruttamento. E qui mi vien da ridere. Perché le volanti delle Forze dell’ordine, che lo ricordiamo oggi vanno in perlustrazione solo due volte al mese per evidente mancanza di fondi e mezzi, dovranno non solo controllare che il meretricio avvenga secondo ordinanza e quindi fare le multe, ma pure difendere i poveri operatori sociali da eventuali aggressioni. E sì, perché provateci voi ad avvicinarvi ad una prostituta offrendole assistenza socio-sanitaria senza essere immediatamente malmenati dai papponi.

Insomma, la verità è che questa è pura operazioni mediatica. Magari fatta per sensibilizzare e mettere con le spalle al muro il governo Renzi che, già alle prese con la questione dei diritti civili, dovrà pur dare una risposta concreta al problema.

Nei fatti, se questa operazione “quartiere a luci rosse” dovesse dare i suoi frutti, le prostitute su pronta segnalazione degli sfruttatori, non faranno altro che cambiare zona. Magari andando a prostituirsi in quei municipi periferici in cui non sono previsti i quartieri a luci rosse. E quindi, il bel Santoro avrà avuto almeno il risultato di liberare il proprio municipio dal problema, che si sposterà altrove.

Agli altri presidenti dei municipi periferici non resterà che sposare prontamente la sperimentazione. Almeno per non fare la figura dei fessi.

Zona luci rosse: la prostituzione mediatica

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