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Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Sarà l’apatia a decidere il prossimo sindaco di Roma?

I protagonisti e i militanti dei diversi schieramenti non lo ammetteranno mai,  ma le prossime e imminenti amministrative di Roma si annunciano come tra le più imprevedibili.

Prima di tutto, il dibattito politico nazionale non aiuta la narrazione “contro”, perché tutte le forze politiche, eccetto Fratelli d’Italia, fanno parte della maggioranza che sostiene il governo Draghi. Ragione per la quale è difficile innescare un dibattito che sia capace di polarizzare il consenso, a tutto svantaggio dei vari candidati a sindaco. E sempre nel solco del Governo di unità nazionale, è oramai chiaro che tutte le forze politiche in gioco sono concordi nell’individuare nel Recovery Plan la soluzione di tutti i mali della Capitale e l’unico mezzo per far partire i necessari investimenti che riportino Roma ai livelli delle maggiori capitali europee. Con l’aggiunta che le varie forze politiche non hanno quasi toccato palla nel decidere quali progetti far finanziare e quindi, a parte forse Roberto Gualtieri che è stato Ministro delle finanze del governo Conte bis, nessuno può rivendicare eventuali e futuri risultati.

Ulteriore elemento che rende queste elezioni imprevedibili è legato al lungo corteggiamento tra il Pd e il Movimento 5 Stelle. Se fino a un mese fa sembrava possibile il passo indietro di Virginia Raggi a favore di un candidato unico di coalizione, adesso siamo dinnanzi al fallimento di questo progetto. Un tentativo che aveva senso, seppur solo a livello aritmetico (sommare i voti del Pd e del M5S in chiave anti-candidato di centrodestra), ma che ha scontato le diatribe interne al Movimento 5 Stelle. Perché non è scontato che Giuseppe Conte riesca a diventare, almeno nel breve periodo, il nuovo leader dei pentastellati e perché dietro alla ricandidatura di Virginia Raggi si è consumata la rivincita di Luigi Di Maio in chiave anti-Conte. Sicché Roma, ad oggi, è uno dei principali campi di battaglia sul quale si gioca una partita tutta interna al Movimento 5 Stelle circa i suoi futuri assetti.

Nel campo del centrodestra, è probabile che si stia scontando la mancanza di una classe dirigente romana capace di competere, in termini di notorietà e di esperienza pregressa, per vincere la partita elettorale. Se nel centrosinistra di papabili candidati a sindaco ve ne sono sin troppi, ragione per la quale si reitererà l’evento delle primarie, nel centrodestra è arduo arrivare sino ad almeno tre nomi che siano conosciuti e che abbiano maturato sufficiente esperienza amministrativa. A parte Giorgia Meloni, che però nel frattempo sta diventando una leader nazionale a tutto tondo, è difficile immaginare altri profili. E infatti, i nomi che ad oggi girano, sono ai più sconosciuti. Vi sarà quindi un candidato buono per mettere le tre anime del centrodestra d’accordo, ma che dovrà essere trainato dalla notorietà di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini, con Silvio Berlusconi ancora alle prese con i postumi del Covid. Ma l’esperienza insegna che se il candidato non ha quel minimo indispensabile di notorietà, è ben difficile che riesca a vincere in un eventuale ballottaggio.

Qualcuno dirà che anche Virginia Raggi era ai più sconosciuta, ma al tempo poté godere di un voto di opinione massivo a favore del Movimento 5 Stelle, con l’aggiunta dell’inchiesta di Mafia Capitale che mise fuori gioco a priori il candidato del centrosinistra. Due fattori irripetibili. Tanto il centrodestra ha pochi nomi spendibili, che più di qualcuno si è lasciato andare alla suggestione di vedere Carlo Calenda quale eventuale candidato indiretto su cui far convergere i voti di destra. Ipotesi lunare e alquanto improbabile.

Altro elemento che rende queste amministrative romane indecifrabili è che da un anno e mezzo la scena nazionale, ma pure romana, è stata monopolizzata dalla pandemia e da tutto il corollario di tematiche a questa connesse. Almeno sino ad oggi, il dibattito politico su Roma stenta a decollare. Tanto che la cialtronata della targa commemorativa per il compianto Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi si è presa subito la scena, per lasciarla, a dire il vero, nel giro di una giornata. Non succede nulla e quel poco che succede sale subito agli onori della cronaca per sparire nel giro di un mattino. Si dirà che è colpa dei social, ma è pur vero che oramai le campagne elettorali si giocano per lo più sul web, con tutti i limiti del caso (come ad esempio, non è scontato che i like diventino veri e propri voti).

Sembra un paradosso, ma si ha la netta sensazione che ai romani non interessi più, a differenza delle scorse tornate amministrative, il destino della propria città. Quasi fossero tutti chiusi in un impermeabile mondo interiore, indifferente a qualsiasi stimolo. Ragione per la quale, le decine di sondaggi che si susseguono di giorno in giorno sono l’uno l’opposto dell’altro, restituendo una fotografia schizofrenica dell’elettorato.

Forse è presto per dirlo, ma oggi si ha la netta sensazione che sarà l’apatia decidere chi sarà il prossimo sindaco di Roma. 

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