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Cose da Pazzi

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A cura di Enrico Pazzi

Pd Lazio: la bizzarra tribù dei renziani della prima ora

Non è sufficiente Matteo Renzi a cambiare le intricate dinamiche del Pd romano e laziale. Anzi, a ben guardare, Renzi non si vuole immischiare e lascia che si scannino tra di loro. Loro chi? I renziani della prima e quelli della seconda ora. A rinverdire lo scontro sono i due candidati renziani alla segreteria del Pd Lazio. Da una parte Fabio Melilli, che ad oggi appare il più accreditato, dall’altra la renziana delle prima ora e già parlamentare Lorenza Bonaccorsi.

Già perché, sin dalle scorse primarie che hanno incoronato Renzi, i renziani della prima Leopolda hanno sin da subito fatto pesare una discriminante che nelle loro intenzioni doveva e deve mettere uno steccato. Da una parte i renziani che avevano appoggiato Renzi sin dalle primarie perdenti, dall’altra quelli che si erano convertiti al rito renziano in occasione delle ultime vittoriose primarie. E per chi aveva messo il naso nella sede del Comitato centrale romano di via dei Pianellari, questa atmosfera si tagliava con il coltello.

Matteo Renzi, di contro, fa come ha sempre fatto Berlusconi con Forza Italia e il Pdl: non si immischia. Lascia che le varie anime del Pd si scannino tra di loro. Non vuole sporcarsi nelle diatribe territoriali, volendo proporsi come leader nazionale e non certo come garante di fazioni territoriali. D’altronde, i renziani della prima ora non appaiono coerenti in questo momento. Durante le ultime Primarie hanno accettato la strategia vincente di Renzi di imbarcare interi pezzi di apparato, infarcendo le liste per l’assemblea nazionale e romana del Pd di riciclati e politici di lungo corso. Scelta che si è dimostrata vincente per scalare il Pd. Ed oggi, invece, oltre a non aver sciolto ancora i Comitati Adesso pro Renzi (che a rigor di logica, una volta vinte le Primarie, non hanno più ragione di essere), presentano un proprio candidato alla presidenza del Pd Lazio. Ed il principio secondo cui lo fanno è: noi siamo più renziani di tutti. Noi siamo i veri renziani.

Ma che cosa vuol dire essere “renziani”? C’è un vademecum? Una tavola dei comandamenti? Un breviario? Un qualche straccio di documentino illuminante che ne delinei i principi e i dogmi? No, non c’è. E questa amara verità viene fuori leggendo la imbarazzante ed imbarazzata intervista rilasciata da Lorenza Bonaccorsi a Repubblica – Cronaca di Roma sabato scorso. Non si comprende, leggendola, perché la Bonaccorsi dovrebbe essere la vera candidata “renziana”. Ad un certo punto afferma “perché sono donna e più giovane”. Quindi un vero renziano deve essere donna e più giovane. Mi spiace gentile Bonaccorsi, i fatti non le danno ragione.

L’unico principio fondamentale del renzismo è il pragmatismo contingente. Cosa conviene fare ora e Adesso! E si badi bene, cosa conviene fare ora ed Adesso a Renzi e non certo ai renziani della prima né a quelli dell’ennesima ora. Ma una cosa pare che i renziani della prima ora non hanno compreso. A fronte della loro smania di prendersi quante più cariche riescano ad arraffare in nome della loro supposta purezza renziana, c’è un accordo che pesa sulle loro aspirazioni. Un accordo che il buon Matteo Renzi ha stretto in ogni territorio.

A Roma e nel Lazio lo ha stretto con Goffredo Bettini. Il dominus del “modello Roma”, quello che si è inventato Rutelli e Veltroni sindaci di Roma. E che poi ha tirato fuori dal cilindro Ignazio Marino (ricordate la visita di Renzi a Roma in bicicletta con Marino?). Colui, sempre Bettini, che ha imposto Lionello Cosentino segretario del Pd Roma e che oggi converge su Melilli segretario del Pd Lazio. E lei, gentile Bonaccorsi, dovrebbe ben conoscere la filosofia del “modello Roma” proprio in virtù del suo invidiabile curriculum professionale che l’ha vista prima responsabile dell’ufficio comunicazione dal 2001 al 2006 e poi responsabile dell’area sviluppo nuove iniziative editoriali e nuovi prodotti commerciali proprio presso l’istituzione che più di ogni altra ha incarnato ed incarna il “modello Roma”: l’Auditorium Parco della Musica.

Così, gentile Bonaccorsi, prenda atto della strategia di Matteo Renzi: lui stringe alleanze ed accordi con chi è in grado di garantirgli l’egemonia del Pd. E se all’epoca del primo happening romano di via della Conciliazione (che la vedeva meritatamente in prima linea) aveva bisogno di coloro che gli trainavano la carretta per fargli prendere una buona percentuale di voti, oggi ha necessità di chi gli garantisca il controllo del Partito. Può essere sbagliata, ma l’impressione che i renziani della prima ora stanno dando oggi è che siano a caccia di posti e poltrone che con il Pd bersanian-dalemiano non gli avrebbe mai concesso. E credo che la Bonaccorsi possa consolarsi con il fatto che lei, più di tutti i renziani della prima ora, ha incassato il massimo a cui poteva aspirare: sedersi in Parlamento in quota renziana.

In ultimo, un consiglio: gentile Bonaccorsi si fidi, una volta di più, di Goffredo Bettini e ritiri la sua candidatura, prima di ridurre i “renziani della prima ora” una bizzarra tribù all’interno di un Pd oramai pressoché tutto renziano.

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