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Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Renzi e il pensiero stupendo: intestarsi le dimissioni di Marino per riconquistare consenso a Roma

In un post precedente avevo già scritto di come il 28 luglio potrebbe essere lo spartiacque per le sorti di Ignazio Marino. Matteo Renzi parteciperà alla Festa dell’Unità di Roma al Parco delle Valli e qualcosa dovrà pur succedere. La situazione di Ignazio Marino, nel frattempo, si è fatta via via più pesante. Il sindaco di Roma non ha più alcuna copertura politica. Sel gli garantisce solo l’appoggio esterno, dopo le dimissioni del vicesindaco Luigi Nieri, mentre il Pd continua ad essere il grande assente. Schiacciato tra il commissariamento di Matteo Orfini e le pressioni del Matteo Nazionale, che ha accomunato le sorti di Marino a quelle del Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta: “Se sono in grado di governare che governino, altrimenti…”. Questa è la sentenza. 

Nel frattempo, una sequela impressionante di mazzate ai danni di Marino: lo sciopero bianco dei macchinisti Atac, con conseguente disagio per i cittadini romani; l’offesa di Marino dei “due neuroni” ai danni di una cittadina di San Lorenzo; le goffe scuse arrivate dopo due giorni ai romani, ma non alla signora contestatrice; l’articolo bomba del New York Times che descrive Roma in preda al degrado, con un sindaco che, seppur “brava persona”, non riesce a governare la Capitale; la tarantella dei tre titoli del New York Times e l’imbarazzante lezioncina di inglese del sindaco; il convoglio della Metro A in corsa con la porta spalancata verso il baratro, che ricordava la tragedia del piccolo precipitato giù nella tromba dell’ascensore alla fermata metro Furio Camillo; le dimissioni richieste espressamente da Marino ai danni di Guido Improta, che piccato risponde per le rime al sindaco; le conseguenti dimissioni dell’assessore al Bilancio di Silvia Scozzese, alla vigilia dell’assestamento di bilancio lacrime e sangue, con la motivazione che a Roma si continua ad assegnare fondi senza bandi pubblici così come facevano quelli di Mafia Capitale; Alessandro Gassman che invita i romani a spazzare le vie sotto casa, rafforzando la vera natura del mandato di Marino: un cieco civismo-antipartito e antipolitico. Copia sbiadita del grillismo. 

Tutti ingredienti che portano a prefigurare la tempesta perfetta. 

Adesso siamo arrivati all'ultimo stadio del populismo-antipartito di Ignazio Marino: addossare tutte le colpe alla cittadinanza, ribaltando il paradigma della superiorità della società civile rispetto alla politica. La verità, però, ė che a Roma con Marino non c'ė mai stato un progetto politico, ma solo espedienti finalizzati ad affrontare le contingenze del momento. Qualcuno direbbe “dilettanti allo sbaraglio”. Dilettanti pure con un po’ di spocchia ed arroganza. In realtà, affermare che la maggior parte dei Romani sia maleducata e incivile al solo scopo di difendere il sindaco Ignazio Marino, è pura follia. Rivela come, anche a livello di narrazione, lo staff del sindaco stia grattando il fondo del barile. 
Politicamente il progetto di Ignazio Marino non c'è mai stato. E data questa premessa, è pure difficile affermare che sia finito. Al di là delle brave persone, Roma è senza governo. Qualcuno tra i mariniani sostiene che per larga parte il progetto politico di Marino non sia "finito", ma è stato "impedito". E viene da chiedersi: chi lo impedisce? Il PD romano? Il segretario e premier Matteo Renzi? I "poteri forti"? O questi tutti assieme? O se non questi, chi? Insomma, che se ne parli facendo nomi e cognomi, altrimenti si rischia di richiamarsi ad un vago “complottismo”, tanto caro all'antipolitica di stampo grillino.

In fine dei conti, rimane un problema: Marino ha l'agibilità politica? Il suo partito lo appoggia ancora? I partiti che formano la sua maggioranza gli garantiscono di poter governare Roma? Ad oggi la risposta è “no”. Politicamente non c’è più la volontà di proseguire con Marino, tant'è che il governo cittadino ė congelato. A questo punto, che la maggioranza del Consiglio trovi il coraggio di sfiduciare Marino. Altrimenti, che il PD romano e nazionale lo appoggi convintamente. A meno che Matteo Renzi non abbia un pensiero stupendo: intestarsi le dimissioni di Ignazio Marino, cercando così il consenso della maggioranza dei Romani, che del Marziano non ne possono più. Un salto di consenso non indifferente per il Pd, che avrebbe poco meno di un anno per trovare il prossimo candidato a sindaco. D’altronde, Ignazio Marino non lo ha candidato Matteo Renzi. Il Marziano fa parte di una stagione antecedente alla scalata di Renzi al Pd e al Paese. Marino è uno strano arnese inventato da quel Pd che Matteo Renzi ha sconfitto. Ecco, questa potrebbe essere la narrazione giusta per riconquistare consenso a Roma. 

Iniziare ad immaginare una stagione nuova. Lontana dal becero populismo mariniano e vicina ad un vero progetto di governo della Città.

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