Marino come Letta. Vogliono sindaco renziano
Non dite che non ve l’avevo detto! Nel mio primo post di questo Blog avevo titolato “Bye-bye Marino. A Roma si vota nel 2015”. Perché? Perché Marino sta dimostrando di non aver capito bene l’antifona. Come si dice a Roma “è de coccio!”.
Eppure, all’indomani della nomina di Renzi a Capo del governo, Marino avrebbe dovuto capire come ci si comporta quando ti scelgono per ricoprire una carica. Renzi rottama la Smart, dismette le giacche chiare, la cravattina slim. Marino continua imperterrito ad arrivare in bicicletta con il suo zainetto da studente Erasmus. Renzi nomina un gruppo di ministre giovani e belle per distrarre l’attenzione dalle designazioni pesanti ed eterodirette (Padoan l’ha chiesto Draghi e la Bce tutta; la Guidi, Berlusconi), Marino continua a tenersi la Morgante e la Estella Marino. Renzi fa il paraculo, sparando la doppia cifra percentuale (- 10%, ovvero 30 miliardi) in riferimento al taglio del cuneo fiscale, per poi dire che la doppia cifra si riferiva ai miliardi (- 10 miliardi, quindi un terzo di quello che aveva detto il giorno prima).
Marino rimane riottosamente coerente, rincarando la dose dopo che il Governo ritira per la seconda volta, nel giro di un mese, il decreto "Salva Roma". Blocco la città, non voglio fare l’amministratore liquidatore ma governare, andate a prendere i forconi! In buona sostanza, Marino continua ad avere quel maledetto vizio di rimanere fastidiosamente se stesso, mentre tutto il mondo politico intorno a lui gli indica la via: rimangiati quanto detto il giorno prima, fai il paraculo, fai lo “smart”. Ma la certezza che Marino sia rimasto solo, e non da oggi, c’è.
La certezza che sia rimasto solo, dal momento stesso in cui il suo “inventore” Bettini ha stretto l’accordo con Renzi. Accordo che a Bettini ha permesso di riprendersi il Pd romano, dopo un breve periodo di anarchia in cui i renziani della prima ora (quelli della I Lepolda) si erano illusi di poter prendere il controllo a Roma e nel Lazio. In un sol colpo Bettini, benedetto da Renzi, ha: scelto il segretario del Pd Roma e pure quello del Pd Lazio. In cambio? In cambio Bettini ha dato il sindaco Marino in pasto a Renzi e si è guadagnato il diritto di indicare il futuro sindaco di Roma. E cosa succede adesso? Che il governo Renzi farà il giochino del gatto con il topo, avendo in mano le sorti del decreto “Salva Roma”. Sino a quando? Sino a quando Marino non si deciderà di “togliersi dalle scatole”. Con molta probabilità assisteremo a quanto è successo a livello nazionale.
Un cambio della guardia senza alcuna necessità apparente. Avete voi capito perché Letta si è dovuto dimettere? Perché il Pd ha votato la mozione Renzi. E perché mai il Pd ha votato questa mozione? Cosa è successo nel frangente di così importante e decisivo per cui Letta ha dovuto lasciare? Nulla. La stessa domanda tra qualche mese potremo farcela rispetto al Campidoglio: perché ora che Marino si è dimesso, magicamente arriverà in porto il decreto “Salva Roma”?
L’unica risposta plausibile è che Letta prima, come Marino adesso, hanno un difetto: non sono dei totali burattini. Ragione per cui, secondo i desiderata di quelle santissime e beatissime lobby che prosperano da decenni nel nostro Paese, andavano e vanno rimossi. Che si abbia un sindaco placido e fesso. Un sindaco magari giovane e donna. Il che, al giorno d’oggi, renzianamente parlando, non guasta mai. Per cui, guardatevi intorno ed iniziate il toto-sindaco. Donna, giovane o simil-giovane, nuova e chiaramente “renziana”.