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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Come e perché siamo tornati ad essere emigranti

Le due Italie. Una che dibatte sull’aggressione alla Boldrini da parte dei Grillini, che si interroga sul Letta Bis o il governo Renzi (pre o post elettorale), che anima la discussione sul pacchetto riforme. L’altra che perde il lavoro, che soffre il precariato, che vede il proprio stipendio sempre più magro, decidendo infine di emigrare. Il mercato della politica è sempre più liquido, mentre quello del lavoro è sempre più immobile.

Il “Jobs Act” di Renzi, una sorta di punto-elenco, un indice provvisorio, ha fatto la sua comparsa un mese fa, buttato lì come un tric-e-trac. Oggi è scomparso, sopravanzato dalla imminente riforma elettorale e dalla querelle sulla sopravvivenza del Governo Letta. Renzi lo ha rimesso in una delle sue giacchettine così tanto stilose.

E nel frattempo, gli emigranti italiani superano gli immigrati stranieri. Secondo un rapporto dell’Ismu sui flussi migratori, già nel 2012 questo trend era chiaro: rispetto al 2011 un incremento di 27mila stranieri approdavano in Italia, mentre 50 mila italiani in partivano con biglietto di sola andata. Un trend iniziato con la crisi del 2008 che oggi presenta il conto. Nel 2013, per la prima volta, gli Italiani che hanno lasciato il Paese sono stati pari agli stranieri che vi sono arrivati. L’Italia, l’altra, quella che continua a vedere ignorate le proprie istanze, è un Paese di emigranti. Cosa perde l’Italia? Perde capitale umano che ha altamente formato. Laureati, con esperienza professionale pregressa, che conosce almeno una lingua straniera.

Un capitale umano che l’Italia continua a formare e che inesorabilmente perde. Un problema che non pare interessare in questo scorcio di “terza” Repubblica, essendo i protagonisti intenti a sopravvivere in attesa di sondaggi che stappino la bottiglia della prossima tornata elettorale. In fin dei conti, all’altra Italia, quella che continua a subire le storture di un mercato del lavoro iniquo e poco competitivo, poco interessa con quale legge elettorale si andrà a votare.

Poco importa dell’esiguo risparmio che si avrebbe con l’abolizione del Senato e delle Province (se paragonato al quanto si risparmierebbe con una vera lotta all’evasione e alla corruzione). A questa Italia interessa che si trovino le misure per decurtare il costo del lavoro, per contrastare la corruzione, rinnovare le infrastrutture e i trasporti urbani, impiantare produzioni ad alto valore aggiunto, attraendo così capitali stranieri e rivitalizzando le imprese nostrane.

Tutti argomenti che poco interessano a quell’Italia tutta intenta a far sopravvivere il vero miracolo italiano: preservare una classe dirigente, burocratica e politica fallimentare. Gli sta riuscendo. Ma fino a che punto? E con quali conseguenze?

Come e perché siamo tornati ad essere emigranti

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