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Venerdì, 19 Aprile 2024
Abitare Roma: le parole per dirlo

Abitare Roma: le parole per dirlo

A cura di Antonello Sotgia

Le elezioni e l'urbanistica, deve guadagnare chi investe o la città? I romani hanno scelto

Un elemento di novità, in queste elezioni per il nuovo Sindaco di Roma, è stato certo rappresentato  dal fatto che alcuni, tra i tanti competitors,  hanno annunciato prima del voto come, una volta eletti, avrebbero compostola propria squadra.

Al momento del ballottaggio ecco poi le indicazioni, da parte di Virginia Raggi e di Roberto Giacchetti, dei rispettivi assessori all’urbanistica hanno certo contribuito ad orientare molti elettori sul nome da tracciare sulla scheda.

La città è infatti il luogo dove viviamo ed è proprio  il governo del proprio spazio  a segnare la nostra vita, il come ci muoviamo, la qualità e la quantità dei servizi che abbiamo disposizione, la vivibilità, la possibilità di non dover consumare esclusivamente  la nostra  esistenza nel perenne ininterrotto viaggio, spesso faticoso ed alienante, tra casa (quando c’è) e lavoro (quando c’è). 

Cosa chiediamo agli assessori all’urbanistica qualunque sia il nome con cui si definisce da qualche tempo quest’importante delega? 

Una cosa molto semplice. Forse, proprio per questo, difficilissima da realizzare ed ancor prima da pensare: che l’abitare preceda il costruire. Che insomma si inizi una buona volta, pena la sopravvivenza di tutti noi, a farla finita con progetti ed interventi che prima di pensare ai più che la città abitano (la volontà dei cittadini) vengono proposti e costruiti per incrementare i desiderata dei pochi che dalla città e dalla sua costruzione vogliono solo trarre esclusivamente profitto e rendita ( il mattone finanziario). 

Gli esempi non mancano così come non mancano progetti. La nuova Sindaca indicando come proprio assessore l’ingegner Paolo Berdini e il suo sfidante (battuto) indicando l’architetta Lorenza Baroncelli hanno, nei fatti, mostrato il loro progetto di città, il che fare.

Poiché le posizioni dei due tecnici, al di là del risultato elettorale, rappresentano due modi di costruire la città contemporanea a partire dal fare i conti con quello che esiste, vale la pena di ricordarle. Il punto è proprio come considerare quello che esiste e attraverso quali modalità è stato realizzato. 

Paolo Berdini è perentorio si dovrà pensare a come progettare Roma, perché Roma va ancora progettata, proprio perché “Roma è una città fallita.” Anche per colpa  di una costante “anarchia urbanistica”.  I mattoni della sua ricostruzione dovranno essere impastati “ricostruendo il profilo della legalità e privilegiando  il diritto sociale alla città e ai beni comuni”.

Per Lorenza Baroncelli “fare urbanistica significa fare rigenerazione urbana” Come? non certo facendo riferimento agli standard urbanistici ( quantità di verde e servizi per abitante) perché “hanno dimostrato l’incapacità di osservare i cambiamenti in essere diventando spesso la causa dei principali problemi urbani”. 

Insomma tu lotti per avere  una scuola per i tuoi figli , un pezzo di verde, per non trovarti, aprendo una finestra di una tua stanza, dentro la casa del tuo vicino, blocchi lo sviluppo della città perché, secondo Baroncelli, “il privato investe e da quegli investimenti deve guadagnare”. Si deve “cominciare a sognare” magari “semplificandole procedure relative ai cambi di destinazione d’uso”.

Berdini  che parla di diritto sociale alla città vorrà tenere tutto fermo come una possente campagna denigratoria orchestrata ancor prima di cominciare sembra rinfacciargli? Se intendesse invece, come diritto sociale, richiedere per ogni intervento il recupero della funzione sociale a cui l’articolo 42 della nostra Costituzione subordina la proprietà privata? Un sogno, questo, assolutamente praticabile, proprio perché fin’ora si è presentato sotto forma di incubo, per ripensare alla città secondo un ancora inedito rapporto tra diritto e lo spazio identitario di chi la città vive. 

Non solo per queste posizioni, ma certo anche per queste, sappiamo come il ballottaggio è andato a finire. 

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