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Abitare Roma: le parole per dirlo

Abitare Roma: le parole per dirlo

A cura di Antonello Sotgia

La toponomastica e l'identità delle città

È la toponomastica, alle volte, ad aiutarci a capire il senso originario del luogo dove ci troviamo. In assenza di ulteriori informazioni di tipo documentale, da un nome possiamo risalire alla storia di dove magari ci stiamo smarrendo, con la faccia all’insù alla ricerca di un indirizzo che non conosciamo. A Roma sono numerosi, per esempio, i riferimenti alle tante torri che, in molte parti del suo territorio, hanno rappresentato altrettanti elementi d’identità seppur contraddetti dallo sviluppo di una città che, piegata ai voleri della rendita, ha scelto di espandersi in orizzontale urbanizzando il proprio (immenso) territorio per oltre il 50%. 

Il Comune di Roma ha un apposito ufficio dove si studia come chiamare le strade, cosa scrivere sulle targhe poste all’inizio della via, che nome assegnare ad un insieme di case. E’un lavoro prezioso perché permette a chi la città abita di avere un indirizzo, di conoscere e far conoscere, la propria posizione all’interno di uno spazio complesso come quello della città. 

Alle volte la scelta dei nomi produce dei paradossi. Come quando i nomi dei maggiori architetti del 900 romano, sono assegnati ad una lottizzazione (Vignaccia) che nel disporre le proprie case dimostra d’essere stata assolutamente refrattaria alla lezione di quei maestri. Come quando in una delle poche zone della città in cui non è mai stato rinvenuto nessun reperto archeologico vengono dedicate le strade ai maggiori studiosi della disciplina archeologica.

Altre volte è andata meglio. Come nel caso di San Lorenzo che, costruito a cavallo dell’800 e del 900, ha visto le sue vie chiamarsi con il nome di 43 popolazioni che hanno nel tempo abitato il territorio del nostro paese. Qui vengono ricordate da quei palazzi di pietra e mattoni che hanno ospitato a lungo i molti che provenendo da molti di quei territori hanno costruito le case della città e poi i molti che facendo lo stesso percorso qui sono venuti a studiare e a formarsi. 

Ci sono strade e piazze che nel tempo hanno cambiato nome per sopravvenute esigenze storiche (Piazza della Repubblica), per rendere omaggio a qualche persona scomparsa (Piazzale Aldo Moro, Viale Palmiro Togliatti). Anche in questo caso la scelta dei nomi pone dei problemi. Non solo a Roma se, succede a Parigi, per trovare una via dedicata a Robespierre si deve oltrepassare le peripherique (il grande anello stradale costruito sui resti delle mura della città) e spingersi verso il vicino comune di Montreuil. In questo caso, forse per farsi perdonare dello sgarbo storico al rivoluzionario francese, oltre la strada è dedicata anche una fermata di metrò. 

Poi, ci sono i nomi che sembrano risentire dello “spirito dei tempi”. Qualche giorno fa, a Foggia, mi sono imbattuto infatti in “piazza della legalità”. In realtà è uno slargo tra due strade, un (raro) pezzo di verde più o meno curato, ma non attrezzato che, ma questa volta non è un paradosso, divide due zone edilizie altamente costruite con palazzi alti sette piani. La legalità a cui quella targa richiama evidentemente fa riferimento al futuro dove non vedere più brani di città come questa costruita certo secondo la legalità di qualche piano regolatore.

Per ora resta quella patetica striscia di verde su una strada di Foggia e guardandosi intorno, non solo lì naturalmente, resta spontaneo chiedersi se più che a un desiderio di costruzione futura la scelta toponomastica foggiana faccia riferimento a qualcosa di irrimediabilmente perso o che non si è mai posseduta. Un po’ come le torri romane che non casualmente hanno come riferimento il mare  Tirreno da cui la città ha origine  e la sua etimologia la parola greca Tyrsenoi, ovvero, costruttori di torri. Quelle oggi attanagliate dalla marmellata edilizia che costituisce il nostro abitare. 

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