La dottoressa dei bambini spiega l'Australiana: "Stiamo pagando lo scotto di due anni di mancata immunità"
La pediatra Valentina Paolucci spiega a RomaToday l'influenza che in queste settimane sta colpendo tutti, grandi e bambini
Un anno fa era il Covid il tema caldo, a distanza di 365 giorni, invece, non si fa altro che parlare di "Australiana". Un ceppo di influenza particolarmente tedioso che ha tenuto sotto le coperte e con termometro alla mano grandi e bambini anche nei giorni di Natale. Non è un caso se - salvo le chiusure festive - i telefoni degli studi pediatrici sono bollenti. Nidi e scuole materne, poi, sono vuoti.
Ma è l'influenza ad essere più aggressiva? O siamo noi ad essere più deboli? Ne abbiamo parlato con Valentina Paolucci, nota su Instagram come "La dottoressa dei bambini". Una pediatra che sul suo profilo pubblica delle pillole molto utili ai genitori e che nelle ultime settimane è tornata più volte sul tema influenza.
Sono settimane, ormai, in cui sentiamo bambini, ma anche adulti, che stanno male. Tosse, febbre altissima, raffreddore persistente. Cosa sta accadendo?
Stiamo attraversando un vero e proprio treno di infezioni virali, motivo per cui tantissimi bambini, ma anche tantissimi adulti, si stanno ammalando troppo rispetto alla norma. Stiamo pagando lo scotto di due anni di mancata immunità a causa del Covid.
Due anni di mascherine ci hanno indebolito?
Assolutamente. Nei due anni precedenti non si è visto nulla a parte il Covid e adesso ne paghiamo le conseguenze. I virus che normalmente circolano in questo periodo dell'anno si dimostrano più aggressivi perché hanno trovato un terreno più fertile. Un po' come se per due anni non fossimo andati in palestra, ora che riniziamo ad allenarci sentiamo di più la fatica.
L'influenza è arrivata anche in anticipo rispetto agli anni passati...
Già da ottobre è iniziata una serie di infezioni respiratorie, principalmente ci sono state laringiti, dunque infezioni delle vie aeree alte, tosse abbaiante che però ha lasciato strascichi sui bambini anche per 3-4 settimane. A novembre è arrivata l'influenza, in largo anticipo rispetto a quanto ci aspettassimo. La stagione vaccinale era appena iniziata e solo i primi vaccinati hanno goduto, in parte, di una copertura, per molti è stato tardi. Si sono così infettate tantissime famiglie, adulti compresi.
Che cos'è questa influenza Australiana?
Altro non è che un ceppo dell'influenza di tipo A, caratterizzata da febbre molto elevata che ha un po' spiazzato medici e pediatri; solitamente ci si aspetta una durata della febbre di 3-4 giorni, invece in questo caso la febbre alta può continuare anche per 5-6 giorni pieni, accompagnati da rinite, tosse principalmente di timbro laringeo, quindi alta; sporadicamente si è osservata la presenza di bambini con bronchiti, quindi infezioni delle zone più basse del polmone, che hanno richiesto la prescrizione dell'antibiotico che non è tipico in caso dell'influenza stagionale.
Ma se l'influenza è arrivata in anticipo, possiamo ormai sentirci al sicuro per il resto dell'inverno?
Purtroppo no. Sembra infatti che un nuovo picco ci sarà nel mese di gennaio. Se anche ci siamo passati l'influenza di novembre-dicembre, non siamo in realtà al sicuro perché potremmo essere colpiti da un altro ceppo influenzale. Navighiamo a vista però, il Covid ci ha insegnato a non fare previsioni precise perché l'andamento delle infezioni è cambiato in questi ultimi anni proprio per la mancata stimolazione dell'immunità.
Continua, dunque, ad avere senso vaccinarsi?
Dal Covid in poi e, soprattutto quest'anno con questa influenza così impegnativa, il vaccino è stato esteso a una fetta molto più ampia di bambini e adulti. Per quanto riguarda i più piccoli, da linee guida è consigliato da 0 a 6 anni, ma dal punto di vista gestionale dei pediatri è stato consigliato un pochino a tutti, anche preadolescenti e adolescenti senza patologie particolari. Il vantaggio ottenuto da un vaccino rispetto ad una settimana di febbre alta, malessere e diffusioni in famiglia è notevole. Il rischio del vaccino è pressoché nullo rispetto ai vantaggi.
Ci sono dei sintomi che possono aiutarci a distinguere l'Australiana dal Covid?
Non si può fare una distinzione precisa, in alcuni soggetti potrebbe esserci una sovrapposizione dei sintomi, diciamo che grossolanamente il Covid nelle ultime settimane si sta presentando con febbre che dura meno, accompagnata a sintomi gastrointestinali, nausea, dolore addominale, vomito, l'influenza invece è caratterizzata dal rialzo termico prolungato e da tosse persistente. La vera distinzione, però, la può fare il tampone. Esistono dei tamponi antigenici e molecolari che possono diagnosticare il Covid e i ceppi influenzali.
Come pediatra, visitando tanti bambini, che dati hai sul Covid? Sono ancora numerosi i casi?
Posso dire che tantissimi pazienti che accedono a studio con febbre ai quali ho fatto fare il tampone sono risultati positivi al Covid. Non ce lo dimentichiamo perché il Covid purtroppo ancora c'è.
I picchi di febbre alta spesso allarmano i genitori. Cosa va fatto?
Da genitore capisco che la febbre alta sia un evento allarmante, anche perchè in casi particolari può portare allucinazioni e convulsioni, generalmente però l'organismo attua questo meccanismo per curarci, perché a quelle temperature i germi non riescono a duplicarsi e sopravvivere. Non dobbiamo avere l'ansia della febbre alta. Noi non dobbiamo placare la febbre, ma il malessere. Se un bambino ha 39 ma apparentemente sta bene l'antiepiretico si può evitare. Al contrario, se un bambino anche con 38,2 è affaticato, provato, ha cefalea, è stanco, l'antiepiretico può essere dato anche prima.
Quando bisogna preoccuparsi?
Diciamo che, una volta dato l'antiepiretico, se la febbre scende e il bambino torna quello di sempre, non c'è da allarmarsi. Se, invece, questo non avviene, potrebbe esserci in circolo un'altra infezione più importante e, in questo caso, è bene sentire il pediatra. Una tosse che aumenta, febbricola, inappetenza, debolezza sono altri sintomi da comunicare al medico del bambino. Potrebbe esserci un'infezione da trattare con antibiotico anche prima dei 5 giorni.
Aerosol sì, aerosol no. In caso di tosse e raffreddore, cosa va fatto?
L'aerosol va prescritto dal pediatra dopo che ha auscultato il torace, non si può scegliere l'aerosol con il fai da te o successivamente ad una telefonata, questa è la prima cosa. Ci sono, però, casi in cui non si può accedere alla visita pediatrica in tempi brevi, in questi casi andiamo a valutare da dove parte lo stimolo della tosse: un bambino molto raffreddato con uno scolo di muco, è probabile che abbia del muco retronasale e dunque è utile fare il lavaggio nasale o la doccia nasale e valutare se questo è sufficiente. Si può così temporeggiare fino alla visita che, comunque, è indispensabile. In caso di tosse secca, asciutta, che non presenta catarro, allora l'aerosol può avere un senso, si possono nebulizzare cortisonici - sempre sotto consiglio del pediatra - per agire su laringe e trachea.
E se comunque la tosse persiste? Bisogna allarmarsi?
Diciamo che passare dal pediatra è sempre la prima cosa da fare. La tosse non va sottovalutata, al contrario va curata con le giuste terapie, ma teniamo conto che, la forma influenzale di questo periodo, porta con sè una tosse che può durare anche 2-3 settimane.