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Sabato, 20 Aprile 2024

Notti intere al gelo solo per accedere all'ufficio immigrazione: così la pratica di tutela umanitaria diventa un'umiliazione

La situazione sembra peggiorata nell'ultimo mese, dove dalla domenica al mercoledì le persone si mettono in coda dal pomeriggio pur di avere un posto "buono" per avviare al pratica di tutela umanitaria

Pablo (nome di fantasia) è il primo della fila. Il cartone nelle scarpe, tre pantaloni e una coperta, sono le sue armi per proteggersi dal freddo. Pronto a passare la sua terza notte davanti all’ufficio immigrazione della Questura di Roma, in via Teofilo Patini, a Tor Sapienza. Insieme a lui, nella notte tra domenica 12 e lunedì 13 febbraio, c’è un’altra cinquantina di migranti per fare la richiesta di asilo politico, una procedura che, come conferma la stessa Questura, si può fare solo in presenza e senza possibilità di poter prenotare un appuntamento.

Pablo è peruviano, in Italia da due settimane perché nel suo paese, dallo scorso novembre, sono in corso violenti disordini antigovernativi. Parla bene l’italiano, l’ha studiato all’università per fare la guida turistica e da sempre accompagna viaggiatori tra le bellezze di Lima e Machu Picchu. “Ma ora  non si può più lavorare, è tutto chiuso, uccidono le persone - racconta -, ho due figli a cui dover provvedere ed è per questo che sono qui, in fila e al freddo, perché voglio fare le cose in regola e poter lavorare”.

Miguel (nome di fantasia) arriva dalla Colombia ed è un avvocato per i diritti umani. Minacciato di morte dalle Farc (un gruppo terroristico armato colombiano operativo da oltre 50 anni), è stato costretto a scappare cercando rifugio in Italia, a Roma, dove si è formato negli studi di filosofia quando era un ragazzo: “Non potevo più restare in Colombia, per quanto io ami fortemente il mio paese - spiega Miguel con al collo un distintivo che certifica il suo lavoro di avvocato -. Mai avrei pensato di dover usare la mia professione per dare una mano a chi, come me, viene qui ormai da giorni per avviare la pratica all’ufficio immigrazione”.

Infatti grazie a Miguel, ora possono sostare (tutta la notte) all’interno del piazzale. “Fino a ieri eravamo in strada ed era pericoloso per il passaggio delle macchine, ma anche perché si scatenava la rabbia di alcuni residenti - continua Miguel -, un giorno ci hanno addirittura tirato addosso dell’acqua”. Pablo e Miguel sono solo due dei tanti richiedenti asilo che sono costretti ad affrontare una vergogna come questa. Ogni giorno, fino a quando non riusciranno ad avviare la loro pratica. Rifugiati politici tutelati dalla nostra Costituzione, ma che nei fatti devono fare letteralmente i salti mortali per vedersi riconosciuto un diritto.

Interpellata da RomaToday, la Questura di Roma fa sapere che ogni giorno vengono trattate centinaia di pratiche sotto appuntamento, mentre per la richiesta di asilo politico i posti a disposizione variano in base alla mole di lavoro che hanno. Non esiste, quindi, un numero certo di persone che possono fare la richiesta. E siccome va fatta solo in presenza (e senza possibilità di fare una prenotazione) sono costretti a mettersi in fila e, come Pablo, Miguel e molti altri, a dormire li. Sotto il gelo invernale.

Ed appare come un’emergenza da affrontare, soprattutto se pensiamo che la mattina seguente ne sono entrati solo due - come abbiamo avuto modo di verificare sul posto - mentre per tutti gli altri c’è stato solo un “tornate domani”. “Perché ci prendono in giro in questo modo? - si chiede Maria (nome di fantasia) - Quando basterebbe darci almeno dei numeri, in modo tale che possiamo tornare a casa e ripresentarci qui solo quando è il nostro turno. Senza costringerci a dormire al freddo, ogni notte”.Ed è a questa domanda che bisognerebbe dare, al più presto, una risposta.
 

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