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VIDEO | Tra occupazioni e sgomberi, la "guerra tra poveri" nell'eterna emergenza abitativa di Roma

Che fine fanno le case popolari sgomberate dai blitz di polizia? RomaToday prova a rispondere a questa domanda attraverso le voci di chi vive da vicino questa situazione

Da una parte Luciano, dall'altra Rafael. Due storie che hanno in comune il tema dell'emergenza abitativa, con la differenza che il primo ha perso la casa a seguito dell'ultimo blitz alle case Ater, il secondo ha avuto un alloggio assegnato quasi un anno fa dopo aver vissuto nove anni in un palazzo occupato.

La casa non è la stessa, ovviamente, malgrado entrambi siano a San Basilio, ma danno uno spaccato di quanto sta accadendo nella città di Roma negli ultimi anni. Dove gli alloggi popolari sembrano essere sempre insufficienti per ripondere alla "fame di case" della Capitale: non solo sono "poche", ma spesso restano chiuse e inutilizzate per anni.

E mentre nei quartieri popolari si assiste ai continui sgomberi di persone senza titolo all'interno degli alloggi, l'idea è che (come accaduto in passato) queste case poi vengano assegnate a chi vive dentro le occupazioni abitative, tra i quali spesso ci sono gli stessi che attendono per anni nella graduatoria comunale.

"Manca la volontà politica di dare una risposta a tutti - dice Michelangelo Giglio, sindacalista di Asia Usb -, perchè non si può continuare a buttare in mezzo alla strada gente che ha bisogno, e che ne avrebbe diritto, ma nemmeno effettuare sgomberi dalle occupazioni senza alternative. Secondo noi c'è anche un tema di come viene gestito il patrimonio pubblico visto che il dipartimento, come si sa, è sotto organico". "Tutte le persone uscite dalle occupazioni con l'assegnazione di casa popolare ne avevano diritto, come stabilito dal censimento fatto dal comune - ricorda Margherita Grazioli dei movimenti per il diritto all'abitare -. Alloggi di risulta, ovvero vuoti e chiusi spesso da anni". Come la casa in cui è andato a vivere Rafael: "Il vecchio assegnatario era deceduto da tempo ed ho trovato la casa piena di cose sue, non era stata nemmeno svuotata - racconta a RomaToday -. Io mi trovo bene a San Basilio, anche se ho in parte nostalgia del palazzo dove, per anni, ho vissuto portando avanti la lotta per casa. Che non ho fatto solo per me".

Ancora incredulo è invece Luciano: "La casa da cui mi hanno sfrattato fu assegnata a mio padre, ci sono nato e cresciuto e dopo il divorzio da mia moglie sono stato costretto a tornarci perchè non potevo permettermi un affitto - racconta -. Avevo fatto tutta la documentazione necessaria, avevo la residenza. Sono uscito per andare al lavoro quel giorno, e al mio ritorno non avevo più una casa".

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