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Venerdì, 19 Aprile 2024

VIDEO | “Giocavo alle slot con i miei figli accanto in lacrime”, il dramma della ludopatia raccontato da ex giocatori

Abbiamo incontrato alcuni ex "giocatori attivi", oggi in fase di recupero, poco prima di una seduta dell’associazione Giocatori anonimi di Roma.

Quel bisogno compulsivo di giocare alle slot machine. Niente ti può fermare, nemmeno il pianto di tuo figlio, un appuntamento di lavoro, la cena calda che ti attende a casa. E quando i soldi finiscono, si arriva a rubare. Alla famiglia, al datore di lavoro.

Stando agli ultimi dati Istat disponibili nel 2016 gli italiani hanno speso 96 miliardi di euro tra videolottery, bingo, gratta e vinci, scommesse virtuali, sportive e giochi d’azzardo. Secondo i dati 2015 dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato il Lazio è la seconda regione italiana per spesa in gioco, oltre 7 miliardi. Numeri che raccontano l’entità di un fenomeno preoccupante e che i racconti strazianti di Maria e Fabio (nomi di fantasia) lasciano davvero poco spazio all’immaginazione. Ti fanno entrare dentro quella consuetudine infernale in cui si erano rinchiusi per anni. Fino a toccare il fondo: “Per me quel momento è arrivato quando sono arrivata a rubare i soldi ai miei figli, dal loro salvadanaio - racconta Maria -. Li mi sono resa conto che il mio non era un vizio, ma qualcosa di più. Una malattia emozionale che solo grazie all’aiuto di questa associazione sono riuscita a mettere finalmente a fuoco. Ed ora non gioco più da sette anni”.

Si chiamano “fratello” e “sorella” i membri dei gruppi di Giocatori anonimi (www.giocatorianonimi.org), un’associazione di uomini e donne che mettono in comune la loro esperienza, forza e speranza al fine di risolvere il loro problema comune e aiutare altri a recuperarsi dal gioco compulsivo. “L’unico requisito  per  divenirne membri - dicono - è il desiderio di smettere di giocare”. E se arriva il giorno in cui temi di cedere, puoi chiamare il tuo sponsor: “Mi è successo dopo due anni che frequentavo l’associazione e pensavo di esserne ormai uscito - spiega Fabio -. Mi trovavo in una lavanderia a gettoni dove c’erano delle slot ed un ragazzo accanto a me stava giocando. Mi sono rivisto in quei gesti e in quello sguardo ed ho avuto paura. Ho chiamato, e mi sono salvato”. “Non bisogna avere paura - conclude Maria -, se chiedi aiuto troverai sempre una mano tesa ad attenderti”.

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