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VIDEO | Storia di una casa popolare contesa: "Mia sorella me l’ha rubata"

Gli occupanti “rivendicano” il fatto che la casa fosse vuota. Una vicenda complicata che rischia di essere uno dei tanti esempi di quello che accade intorno alla gestione delle case popolari di questa città

Maria (nome di fantasia) mostra la determina dirigenziale datata 25 novembre 2019 con la quale le viene affidata la casa, a lei e a sua figlia. Quell’alloggio di largo Ferruccio Mengaroni, a Tor Bella Monaca, in cui è cresciuta insieme ai genitori e ai suoi fratelli, e in cui tornò a vivere dopo il divorzio, nel 2017. Una casa popolare del Comune di Roma che ora è al centro di una disputa famigliare e legale perchè, malgrado suo padre (a cui era stata assegnata) firmò l’allargamento del nucleo famigliare pochi mesi prima di morire, è stata occupata dalla famiglia della sorellastra di Maria, che vive sullo stesso pianerottolo. Qui ora ci vive suo figlio, nipote di Maria, con la compagna e due bambine piccole. “Lo vedi quel balcone con le luci? - chiede Maria -. Quella è la mia casa, ed io non ci posso entrare”.

La casa rubata

La posizione di Maria è chiara: “La casa è stata affidata a me, me la lasciò mio padre, eppure mi hanno sbattuta fuori e, dopo essere stata ospitata da amici per mesi, ho dovuto trovare un altro posto dove vivere ma non è giusto”. A Maria arrivano anche i bollettini  intestati del Comune di Roma, ma il suo problema è la residenza. Per il dipartimento al Patrimonio del Campidoglio “lei non vive qui e dopo gli accertamenti e la conferma della sua irreperibilità è stata avviata la cancellazione”, fanno sapere fonti del Campidoglio. Perchè in una casa popolare “ci devi vivere”. “Io ci vivevo ma lavoravo e quindi non mi hanno mai trovata”, si difende Maria che il 20 giugno del 2019, poco dopo la morte del padre e quando gli fu impedito di entrare in possesso della casa dai suoi stessi famigliari, fece un esposto ai vigili urbani. “Pensavo mi aiutassero invece niente - continua -, quindi un anno dopo andai anche al commissariato Casilino. Una persona che deve fare per vedersi riconoscere il diritto?”, si chiede.

La versione degli occupanti

Roma Today ha deciso di incontrare gli occupanti, proprio all'interno di questa casa contesa. Dietro la porta ci sono Mirko e Laura (nomi di fantasia), qui da quando è stata occupata nell’estate del 2019. Mirko è il nipote di Maria, figlio della sorellastra “accusata” di averle portato via la casa e che conferma l'occupazione. “Lei (Maria, ndr) qui non ci viveva, non la voleva nemmeno suo padre con il quale litigava ripetutamente, infatti non capiamo come sia possibile che abbia fatto la voltura della casa a suo nome - raccontano -. Ci prendevamo noi cura di lui quando aveva bisogno di qualcosa, era anziano e malato, ed è anche morto solo. La casa era rimasta vuota - continuano -, quindi siamo entrati noi piuttosto che farla occupare da qualcun altro”. Negano l’aggressione ai danni di Maria, ma soprattutto tengono a ribadire una cosa in particolare: “Lei non ci voleva nemmeno vivere qui, l’abbiamo sorpresa mentre voleva cambiare la serratura e quindi glielo abbiamo impedito e se n’è andata”. 

Questo, ovviamente, non cambia il fatto che questa giovane coppia viva all’interno di un alloggio popolare senza alcun titolo, senza un’assegnazione. “Ci siamo autodenunciati al dipartimento - concludono -, siamo i primi a voler regolarizzare la nostra posizione”. Quindi è così che si prende una casa popolare a Roma?

Chi si deve occupare degli alloggi Erp?

La casa dovrebbe essere un diritto. Ancora di più se è parte del patrimonio pubblico di una città come Roma, dove l’emergenza abitativa ha numeri incredibili, con una graduatoria di accesso agli alloggi popolari che conta almeno 12mila persone.

Eppure, nella Capitale, capita che sia chiesto ad un giudice del tribunale civile di risolvere la questione. Infatti Maria si è rivolta ad un avvocato, con il procedimento legale ancora in corso:  “Qui il fatto è chiaro - spiega il legale di Maria, Leonardo D’Erasmo -, la casa le è stata sottratta con la violenza e abbiamo azionato il ricorso contro chi ha effettuato lo spoglio, ovvero la sorella, che poi ha ceduto l’alloggio occupato ad un terzo, suo figlio. E questo è stato un difetto di forma, anche se è assurdo dover fare ricorso ogni volta verso un soggetto diverso. Il problema principale sono stati i testimoni di Maria, poco efficaci, quasi de relati. E il giudice non ha potuto prendere una decisione incisiva”. Ovvero restituire l’alloggio a Maria. “Lo stesso giudice ha poi indicato di fare un’altra procedura processuale perchè ha riconosciuto la titolarità della casa - continua il legale -. Ed è quello che stiamo portando avanti, facendo anche una diffida al Comune per liberare l’immobile occupato. Perché è vero che lei ha problemi con l’attestazione della residenza, ma è anche vero che se la casa è stata occupata subito e i vigili vanno li a controllare non la possono trovare, e quindi risulta irreperibile. La cosa importante è la determina dirigenziale con cui le assegnano la casa”.

“Chiedo solo i miei diritti”

Perchè insistere in una causa come questa, con la difficile situazione di doversi trovare a vivere nello stesso pianerottolo dei familiari che le avrebbero sottratto questa casa? “Perché sono nel giusto, è un mio diritto”, risponde Maria. “Purtroppo queste situazione sono all’ordine del giorno - conclude l’avvocato D’Erasmo - e si assiste ad un’inerzia e ad una tolleranza da parte degli enti che è avvilente. Questa è una situazione che sanno tutti (delle occupazioni negli alloggi Erp, ndr) e nessuno interviene per risolvere il problema, che è gravissimo”.

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