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Da Roma a Leopoli per salvare anziani e bambini: "Ho visto lacrime, piedi scalzi e occhi stanchi"

Mariangela De Blasi di Arci Solidarietà racconta a RomaToday la carovana della pace che ha portato nella Capitale 47 profughi, di cui 15 minori e molti disabili anche gravi. Ora sono al Marriott

Un viaggio fatto quasi d'impulso, ma allo stesso tempo organizzato con meticolosità e grande coordinamento tra realtà diverse ma con un obiettivo comune: portare aiuti alle popolazioni rimaste in Ucraina e salvare più profughi possibili, dando loro ospitalità in Italia, a Roma. A raccontarci la marcia della pace di Leopoli, idealmente partita dalla Capitale giovedì 31 marzo, è Mariangela De Blasi dirigente di Arci Solidarietà con delega ai progetti internazionali. Insieme ad Arcs Culture Solidali Aps e AOI, con il coordinamento dell'associazione Papa Giovanni XIII, hanno allestito due mezzi (un camper e un pullmino) e hanno puntato il Gps su Leopoli, regione Ovest dell'Ucraina, pochi chilometri dal confine polacco. 

De Blasi, come è nata l'idea di questa carovana per la pace?

"La proposta lanciata dalla Giovanni XXIII l'abbiamo accolta immediatamente, con l'obiettivo di portare aiuti umanitari e poi di condurre in Italia più persone possibile in fuga dalla guerra. Noi già facciamo accoglienza diffusa a Roma, promuoviamo raccolte alimentari e di beni. Così giovedì siamo partiti in otto, cinque di Arci Solidarietà, con due mezzi e ci siamo dati appuntamento a Gorizia, dove abbiamo trascorso una breve notte per poi ripartire il venerdì mattina". 

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Un check-point lungo la strada a Leopoli (foto Arci Solidarietà)

Quante realtà eravate?

"C'erano 66 tra camper e altri mezzi quella mattina, provenienti da tutta Italia e pronti a raggiungere l'Ucraina". 

Come tappa di arrivo avevate Leopoli.

"Sì, una città in cui la guerra non ha stravolto ancora la vita dei suoi abitanti come nella regione Est, però la percepisci. Ci sono i check point, i sacchi di sabbia lungo le strade, ogni tanto partono gli allarmi antiaerei e la gente si rifugia nei bunker. Però i negozi e gli uffici pubblici sono aperti, abbiamo addirittura potuto prenderci una cioccolata calda in un bar. La notte, però, siamo entrati anche noi nei rifugi, in particolare quella prima di ripartire: alle 4.30 è partito l'allarme mentre eravamo ospiti nel seminario del Santo Spirito di Padre Igor". 

Come mai vi trovavate lì?

"Padre Igor è uno dei tanti religiosi, sia ucraini sia russi, che in questo momento stanno cercando di tenere insieme le due comunità in guerra. Ci ha invitati lì, regalandoci un'accoglienza speciale. Però è stato rischioso, perché il seminario si trova in mezzo a due punti sensibili già precedentemente bombardati, ovvero un industria petrolifera e un deposito di armi". 

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La neve e il freddo hanno salutato la partenza della carovana dalla Polonia (foto Arci Solidarietà)

In ogni caso è filato tutto liscio e a Leopoli avete potuto fornire l'aiuto previsto.

"Sì, 32 tonnellate di alimenti e medicinali grazie a una raccolta partita a Roma, con elenchi di necessità fornite dall'Ucraina. Prima di ripartire verso l'Italia abbiamo fatto una marcia della pace, in attesa dell'arrivo di 300 profughi provenienti dalle zone più colpite, tra cui il Donbass. Persone che prima stavano a Mariuopl o a Dnipro. Noi come Arci siamo riusciti a caricarne 47 noleggiando un pullman una volta arrivati in Polonia, grazie a una raccolta fondi". 

Chi sono queste persone? In che condizioni si trovano?

"Parliamo di 15 minori, tra cui 2 neonati, alcuni di questi bambini hanno anche disabilità gravi, autismo, ipovisione. Per il resto sono donne, molte anziane, qualche uomo over 60 che ha potuto lasciare l'Ucraina perché non in età da combattimento. C'erano 8 persone in sedia a rotelle, oltre a un amputato con le stampelle di legno. Situazioni difficilissime, persone che senza questo corridoio umanitario non avrebbero avuto troppe possibilità di resistere in quelle zone di guerra, sotto ai bombardamenti, senza cibo elettricità cure farmaci a sufficienza". 

ucraina missione arci 2-2Mezzi militari in entrata a Leopoli (foto Arci Solidarietà)

Infine domenica siete ripartiti alla volta dell'Italia.

"Molto presto, dopo una notte quasi insonne trascorsa nel bunker dopo l'ennesimo allarme scattato alle 4.30. Nevicava, faceva freddissimo, c'erano anziani in ciabatte, altri che piangevano, occhi stanchi ovunque. E' stato il primo vero impatto emotivo con la guerra per me. In ogni caso ce l'abbiamo fatta e lunedì pomeriggio siamo arrivati a stazione Termini, dove Asl e Protezione Civile hanno accolto i profughi, visitato tutti, fatto i tamponi per il Covid 19. Ringrazio l'assessora Barbara Funari perché già prima della partenza abbiamo ricevuto dalla sua task force le dovute rassicurazioni in quanto alla possibilità di accogliere adeguatamente queste persone. Ora sono al Marriott sulla Pisana e noi continueremo ad occuparcene". 

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