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VIDEO | Banda della Magliana, 40 anni fa l’agguato di via di Donna Olimpia contro i "Pesciaroli"

Un regolamento di conti di fronte agli abitanti increduli. Il racconto di quanto accaduto nelle parole di Luigi Mastroianni, il primo poliziotto accorso sul posto, e Silvio Parrello, memoria storica del quartiere

Lunedì 16 marzo 1981. Sono le otto di sera ed in via Donna Olimpia c'è l'andirivieni di donne, uomini e bambini che ritornano nelle popolose case della vecchia Monteverde. Fra loro Mario e Maurizio Proietti, “Il Pescetto” e “Palle d’oro”, che insieme alle loro mogli sono stati sorpresi da un commando pronto a far fuoco senza pietà, di fronte ai presenti. Gli spari, l'arrivo della polizia, la fuga dei malviventi dentro l'androne del palazzo. La paura. Quella di chi si ritrova improvvisamente nella scena di un film senza sapere cosa fare. Dove potersi riparare.

Questa è la cronaca di una vendetta. Quella che esattamente 40 anni fa portarono Marcello Colafigli ed Antonio Mancini al civico 152 di via Donna Olimpia dove scovarono i due Proietti, nascosti da cinque mesi dopo che Franco Giuseppucci, detto il "Negro”, uno dei leader delle batterie che poi passarono alle cronache come La Banda della Magliana, morì all’ospedale Regina Margherita dopo essere stato vittima di un agguato a colpi d’arma da fuoco in piazza San Cosimato. 

Ucciso il “Negro”, ad inizio anni ’80, inevitabile fu la sete di vendetta. Principali indiziati, destinati a pagare con la vita la morte de "er Fornaretto", “i pesciaroli” di Monteverde, nucleo familiare composto da 11 fratelli, figli del capostipite Giovanni, titolare di un banco del pesce in piazza San Giovanni di Dio. Fra loro appunto Maurizio e Mario, che contendevano secondo le informative dell’epoca delle forze dell’ordine, il business delle scommesse clandestine negli ippodromi romani al gruppo di Giuseppucci.

"Ricordo le sirene della polizia, il caos, quindi corsi anch'io per vedere cos'era succeso - ricorda Silvio Parrrello, poeta e pittore nonchè memoria stiorica del quartiere -. All'epoca tutti parlavano della Banda della Magliana, erano sfacciati e si contava almeno un morto al giorno. Una cosa così lascio tutti senza fiato, anche perchè i Proietti li conoscevano tutti, erano amici".

Una notte che ricorda bene, nonostante sia passato tutto questo tempo, anche Luigi Mastroianni, all’epoca giovane agente delle volanti del commissariato Monteverde, primo ad intervenire insieme al collega. Oggi 63enne, trasferito in Campania per motivi di sicurezza dopo la nottata di via Donna Olimpia, Mastroianni rammenta soprattutto un’immagine “che a distanza di tutti questi anni ancora ho in mente”, racconta a RomaToday l’agente, “Un bambino usato come scudo da Colafigli e Mancini dopo aver sparato ai due fratelli Proietti”.

Mastroianni era in servizio al commissariato di Monteverde dal 1977: “Eravamo di pattuglia con il collega proprio nella zona di Donna Olimpia quando abbiamo sentito degli spari  ricorda Mastroianni -. Ci siamo diretti subito in direzione degli spari mentre la centrale operativa indicava alle pattuglie di convergere al civico 152 di via di Donna Olimpia. Quando siamo arrivati abbiamo trovato una situazione di massima tensione - continua l'agente -. C’erano due corpi in terra, feriti gravemente ma ancora vivi, accanto a loro decine di persone che stavano cercando di entrare in un cancello dove si erano nascosti i due uomini che avevano sparato ai Proietti”.  Una situazione “molto complicata dove ho mantenuto la freddezza senza mai togliermi dalla testa un unico obiettivo, salvare quella creatura (il bambino ndr) usato come scudo”. "Improvvisamente ci hanno sparato contro una raffica di colpi, e, abbiamo provato a ripararci e dopo aver visto il bambino lontano da loro abbiamo risposto al fuoco”.

Una sparatoria nel corso della quale rimase ferito Antonio Mancini, ma anche Mastroianni: “Colpito al quarto dito e salvato dall’anello che mi regalò mia suocera”, ricorda. Ferito alla mano “venni soccorso e poi arrivarono i rinforzi, che faticarono non poco per sistemare la situazione”. “Mi portarono in ospedale ma non riuscivo a togliermi dalla testa la figura di quel bambino impaurito usato come scudo a cui avevano ammazzato il padre sotto gli occhi”. “Da allora sono passati 40 anni - conclude Mastroianni -ma quella notte la ricordo come se fosse adesso”.

"Qui a Monteverde non venivano, dovevi scendere fino a Trastevere per entrare nel loro territorio, ma questo fatto per chi ha la mia età è difficile da dimenticare - ricorda invece Parrello -. Quella Roma criminale non esiste più oggi, ma il malaffare c'è, sotto traccia".

Per quei fatti furono arrestati Marcello detto “Marcellone” Colafigli ed Antonio Mancini. Maurizio “Il pescetto” Proietti morì dopo il trasporto d’urgenza in ospedale mentre il fratello Mario se la cavò con una ferita al braccio. 

Foto copertina da L'Unità

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