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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Licenziata e sfrattata dal suo datore di lavoro: "Ho un tumore, mi sento perseguitata"

Una donna di 59 anni e la madre con demenza senile rischiano di finire in strada. A volerla fuori di casa è lo stesso datore di lavoro che l'ha messa in cassa integrazione e poi licenziata

Quando si è trasferita dalla Sardegna a Roma nel 2005, Claudia (nome di fantasia) non poteva certo immaginare che nel giro di due anni la sua vita si sarebbe trasformata in un incubo a occhi aperti. Responsabile di sala in un noto albergo a tre stelle a pochi metri dalla stazione Termini, appena iniziata la pandemia si è ritrovata in cassa integrazione, poi sotto sfratto per morosità. Il tutto aggravato dalla condizione di paziente oncologica e una madre anziana affetta da demenza senile. 

Oggi, martedì 21 giugno, Claudia si trova ad affrontare il terzo accesso dell'ufficiale giudiziario per una richiesta di sfratto avanzata dai proprietari dell'appartamento a Ostia in cui vive dal 2013. Proprietari che sono anche gli ex datori di lavoro della signora. "Al primo mese non pagato hanno iniziato l'iter per lo sfratto - racconta a RomaToday Claudia - dopo 7 anni in cui non ho mancato un pagamento, bollette incluse". 

L'inizio del lockdown a marzo 2020 ha spinto i titolari dell'attività a mettere tutti i dipendenti in cassa integrazione: "Il problema - prosegue la donna - è che il primo assegno è arrivato a ottobre, sette mesi dopo. Tanto che in molti andammo a protestare davanti all'Inps per i ritardi. Come facevo a pagare un affitto da 550 euro senza percepire alcuno stipendio? Non c'è stata comprensione da parte dei proprietari". E di certo la 59enne non poteva fare affidamento sulla pensione della madre, 615 euro ridotti a 513 per un prestito di anni prima da ripagare o sul riconoscimento dell'accompagno da 500 euro. "Nello stato di famiglia siamo in tre - precisa Claudia - c'è anche mio fratello, anche lui malato di cancro, senza lavoro, al quale ho sempre cercato di dare una mano. Tra ticket, farmaci, spese varie, come fanno a campare tre persone con 1.000 euro al mese?". Non possono.

Anche perché "con una velocità incredibile" i proprietari dell'appartamento da neanche 60 mq in cui vive, hanno bloccato i conti di Claudia: "Della cassa integrazione mi sono arrivati solo 450 euro - precisa - e tra l'altro mancano ancora tre mesi. A metà marzo 2022, infine, sono stata licenziata senza preavviso". Claudia ha deciso così di fare vertenza: "Eravamo arrivati a un accordo - continua - ovvero 3.000 euro di risarcimento e me ne sarei dovuta andare di casa entro fine mese, nonostante stia qui da 10 anni, ma hanno temporeggiato perché volevano riavere le chiavi e poi pagarmi, ma come lo faccio un trasloco senza soldi". Così l'accordo è saltato.

Inoltre, la malattia della madre di Claudia non aiuta, anzi è peggiorata: "Da quando è iniziata la storia dello sfratto piange tutti i giorni - conferma - ed è anche regredita. Riusciamo a tenerla tranquilla con gli psicofarmaci. Ho paura che un giorno possa sentirsi male, che le prenda un colpo". La 59enne si sente "perseguitata, mi hanno ridotto uno straccio. Non posso cercare un altro affitto perché non ho abbastanza soldi, nessuno mi dà un lavoro per l'età e le condizioni di salute. Nonostante tutto questo - conclude amaramente - il giudice ha pensato di poter proseguire nello sfratto". 

A sostenere Claudia nella rivendicazione dei suoi diritti c'è l'Unione Inquilini di Fiumicino e del X municipio. "Quella della signora è una morosità incolpevole - dichiara Emanuela Isopo - e il suo sfratto si sta consumando a pochi giorni da un accordo tra comune e prefetto sulla graduazione delle ordinanze. Vogliono fare l'ultima vittima? Ieri (lunedì 20 giugno, ndr) avevamo ricevuto garanzia dall'assessorato alle politiche sociali di una comunicazione all'Unep (ufficio notificazione, esecuzione e protesti del tribunale) per un rinvio ragionevole, ma oggi il municipio non ne era al corrente, quindi non sappiamo se la cosa sia andata a buon fine". 

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