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Invalida e senza lavoro vive da anni in un camper: "Sono in alto nella lista ma la casa popolare non arriva"

Storia di Elena, 47 anni e senza casa da quasi 9: "Ho bisogno che qualcuno mi aiuti"

Elena è senza una casa ormai da nove anni. All’inizio ha vissuto in macchina, poi è riuscita a comprare un vecchio camper. Le sue iniziali occupano una delle 13.204 caselle che compongono la lista degli ammessi alla graduatoria per una casa popolare. Anche se non si deve scendere troppo per trovarla, è al 79esimo posto con 51 punti (45 le posizioni dei single prima di lei), aspetta un alloggio ormai dal 2012, anno in cui ha presentato la domanda, e, soprattutto, non ha idea di quando verrà contattata. La incontriamo a San Basilio, fuori dallo sportello del sindacato Asia Usb di via Carlo Tranfo, in fila insieme a tante altre persone in attesa di consulenza.

Il racconto dei suoi ultimi dieci anni viene interrotto spesso da un pianto che non riesce a contenere. Non lo dice con le parole, ma sono lacrime di chi non sa come uscirne. Sarebbe così semplice, in realtà. C’è quel ‘diritto a una casa popolare’ che la attende, che è suo. “Sarei a posto”, dice tra i singhiozzi. “Ma questa casa proprio non me la dà nessuno”.

Elena ha 47 anni e nel 2011 ha perso il lavoro, “facevo le pulizie. Sono neuropatica e posso svolgere solo alcuni lavori” spiega. Elena è infatti invalida al 100 per cento. “Prendo una pensione da poco meno di 300 euro e, solo da qualche mese, mi arriva anche il reddito di cittadinanza. Arrivo a circa 600 euro”. Racconta di aver provato a cercare fuori Roma una casa dai prezzi accessibili ma “senza buste paga una casa non te la dà nessuno”. Oggi vive in un camper fuori Roma, in un terreno agricolo nei pressi di un’abitazione. “Pago circa 300 euro al mese per avere accesso all’acqua, fare le lavatrici e utilizzare il bagno. Però dormo nel camper”.

I problemi abitativi di Elena sono iniziati una decina di anni fa. Dopo la separazione dal marito ha vissuto per un po’ con la sorella. “Ma poi me ne sono dovuta andare anche da lì. Ho preso tutte le mie cose, i miei due cani e non mi è rimasto altro che andare in macchina. Ho vissuto per qualche anno in Basilicata, avevo conosciuto un uomo che però mi ha avanzato delle promesse che non ha mantenuto, mi ha detto delle cose non vere. Ho continuato a vivere in macchina anche lì, ero diventata anche io una barbona”. Nel frattempo, nel 2016, “arrivano gli arretrati della pensione di invalidità. Non ricordo la cifra precisa, circa 3 o 4 mila euro. Li ho investiti per comprare un camper”. Nel 2017 torna a Roma, vive un po’ in zona Bravetta poi a Portuense, sempre nel camper.

“Tanta gente mi dice che è bello vivere in un camper. Forse lo è se vai in vacanza due mesi, ma viverci è un incubo. Soprattutto se non hai un camper modernizzato, senza acqua calda, senza poterti lavare, con solo un bagno misero. Non c’è l’igiene che hai in una casa. D’estate fa caldissimo e l’inverno accendo i fornelli alimentati a gas ma appena li spegni fa subito freddo. In camper si vive malissimo e in una macchina si vive ancora peggio. Ti alzi la mattina non ti puoi neanche lavare”. Mentre parla le labbra di Elena si stringono in una smorfia. Tornano a scendere le lacrime.

Nel 2018 il momento più difficile. A marzo di quell’anno subisce un intervento chirurgico all’utero in seguito al quale le sue condizioni di salute peggiorano tanto che viene nuovamente ricoverata e deve essere sottoposta ad altri interventi. “Sono tornata nel camper con una ferita aperta e la febbre. Pochi giorni dopo sono stata nuovamente ricoverata d’urgenza”.

Mostra l’inizio di una ferita gonfia e scura che dall’altezza dell’ombelico scende verso l’utero. Ha la pancia sfigurata. “La convalescenza l’ho passata nel camper. Solo i volontari dell’associazione MoviLazio mi davano una mano. Era estate, faceva caldissimo e a nessuna delle persone che passava da lì è venuto in mente di portarmi una bottiglia di acqua. Nessuno. Fisicamente ero distrutta ma questa situazione mi ha rovinato anche mentalmente. Ho perso tutta la stima verso me stessa”. Elena piange di nuovo. “Nei prossimi mesi dovrò subire nuovi interventi ma non posso pensare di affrontare un’altra volta questa situazione vivendo in un camper. Non posso rifarlo”.

Intanto a Roma la vita nel camper diventa insostenibile. “Hanno anche provato a incendiarlo mentre ero dentro”. Si trasferisce nel frusinate, in un campo nei pressi di un’abitazione così che può utilizzare l’acqua, il bagno e la lavatrice. “Ora però me ne devo andare anche da qui perché il proprietario dice che vuole vendere e io non posso rimanere. Non so davvero cosa fare, ho bisogno che qualcuno mi aiuti”.

Giovedì mattina anche Elena sarà davanti alla sede dell’assessorato alle Politiche abitative, in piazza Giovanni Da Verrazzano a Garbatella al presidio indetto da Asia Usb. All’ordine del giorno ci sono diversi punti, tra questi anche le condizioni di tantissime persone, soprattutto donne, in emergenza abitativa e senza alcuna alternativa. “Abbiamo più volte sollecitato il dipartimento che ora sta verificando la posizione di Elena”, racconta Maria Vittoria Molinari, sindacalista di Asia Usb. “Il problema vero, però, è che se una persona si trova in difficoltà abitative non ha alcuna alternativa alla strada. Eravamo d’accordo con la chiusura dei residence per l'emergenza abitativa ma quel servizio non è stato rimpiazzato con nulla. La legge prevede inoltre che i comuni possano assegnare una quota di riserva di case popolari per chi è in queste condizioni ma questo non avviene. Il Comune non può far finta di non sentire queste richieste di aiuto. E’ semplicemente vergognoso”.

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