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La denuncia del giornalista Rai: "Attesa di 12 ore al pronto soccorso del Sant'Andrea"

Vittorio Di Trapani, giornalista Rai, ha raccontato sui social i disagi subiti in via di Grottarossa

Continuano i problemi nei pronto soccorso di Roma. Su un lungo sfogo sul suo profilo Facebook del 16 settembre, il giornalista Rai Vittorio Di Trapani parla della sua permanenza di dodici ore nel pronto soccorso dell'ospedale Sant'Andrea. Tutto nasce da un banale incidente, spiega Di Trapani: "Ero in auto. Vengo tamponato da un'auto che è dietro di me. Sento la 'schicchera' al collo. Così, finisco una commissione e vado al pronto soccorso. Ingresso e accettazione (triage) ore 13.50. Poi inizia una interminabile attesa. Folle. Assurda. Ingiusta".

Dopo molte ore di permanenza, Di Trapani viene visitato e cominciano gli accertamenti: "Ore 22.40 (quasi 9 ore dopo!) finalmente mi chiamano. Un medico mi visita. 3 minuti. Serve una lastra. Ricomincia l'attesa. A mezzanotte in punto (1 ora e 20 minuti dopo) arriva la chiamata per fare l’rx. Rx fatta a 00.20. Riprende l'attesa. All'1.20 (un'ora dopo) il medico mi chiama. Spiegazione. Referto. Esco dal Pronto Soccorso all'1.30".

Il giornalista ammette che ci fossero pazienti in condizioni più gravi e non attribuisce responsabilità al personale sanitario: "Non è certo colpa dei medici che - ne sono sicuro - dietro a quella porta lavoravano al meglio possibile. Encomiabile la pazienza degli infermieri al triage. Sempre disponibili ad ascoltare e rispondere con garbo". Però sottolinea: "Non credo sia giusto che loro come lavoratori e noi come assistiti veniamo messi in queste situazioni. Io sono andato al pronto soccorso per precauzione. E anche per avere la tranquillità di andare poi al lavoro sereno di non essermi fatto nulla. E invece ho perso una giornata di lavoro in una sala d'attesa. Non l'ho persa per "infortunio". L'ho persa perché sono stato costretto ad attendere un numero di ore che ha attraversato sia ora di pranzo che di cena. E ovviamente non era opportuno allontanarsi perché non sapevo quando mi avrebbero chiamato. Quindi al massimo una scappata al bar a prendere un panino. E poi dalle 19 bar chiuso e al massimo distributori automatici".

"Ora, io sono un lavoratore dipendente, con garanzie del posto di lavoro, ho 46 anni e sono in buona salute. E anche con una buona dose di pazienza. E allora penso: un lavoratore che non ha le mie tutele? Un lavoratore che se non lavora non guadagna? Una persona anziana? (E con me nella lunga attesa ce n’erano!). No, non è giusto. Per noi assistiti. E per il personale ospedaliero, del quale ci ricordiamo solo quando dobbiamo fare pomposi quanto retorici omaggi per lo spirito di abnegazione mostrato in prima linea contro una pandemia. Non è giusto. Il pubblico è un bene comune. È un dovere impedire che accadano cose del genere", conclude il post.

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