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Sanità: per i bambini con disabilità e malattie rare c'è 'Contactless', il progetto di assistenza a distanza

Il progetto pilota è stato messo in campo dal Policlinico Gemelli di Roma. Oggi è stato presentato al Congresso straordinario della Società italiana di Pediatria dalla dirigente della struttura ospedaliera Roberta Onesimo

Per i pazienti più complessi, in particolare bambini con disabilità e malattie rare la telemedicina può costituire un valido aiuto. Ne ha parlato Roberta Onesimo, dirigente medico del Policlinico Gemelli di Roma e membro della Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità Congenite (SIMGePeD), nel presentare al Congresso straordinario della Società italiana di Pediatria (Sip), il progetto 'Contactless, nessun luogo è lontano'.

Il progetto del Gemelli, "in mancanza di modelli in letteratura", si proponeva dunque "di tradurre, quanto veniva operato nel contesto clinico, attraverso l'utilizzo di nuovi strumenti: videoconferenze, training, valutazioni e monitoraggi", spiega la specialista. Con lo scopo di "non interrompere la personalizzazione dell'intervento verso i pazienti complessi", nonostante il timore "di sbagliare e la paura di dedicargli del tempo senza, però, essere efficaci". La risposta di Contactless è venuta dunque "dal gruppo: dall'interazione e lo scambio di figure differenti".

Sebbene la pratica clinica "abitui all'azione in team, di solito si tratta di figure sanitarie". In questo caso, invece, spiega Onesimo, "al team sanitario multidisciplinare si è affiancato un team di 'multi-estrazione', con membri del comparto manageriale, ingegneri e tecnici". In questo modo 'Contactless, nessun luogo è lontano' è divenuto "un programma di azione e formazione a distanza per operatori e famiglie".

Un progetto "di sanità digitale e medicina personalizzata, di cui è stato possibile monitorare gli effetti, attraverso l'inserimento di sistemi di valutazione della garanzia di qualita', misuratori di outcomes e di indicatori chiave (KPI)", puntualizza la dottoressa. Il modello, aggiunge infatti Onesimo, "è applicabile a diverse situazioni, differenti scenari e tempi di utilizzo: a pazienti oncologici, con patologie neuromuscolari o con disabilità di vario tipo", enumera. Le soluzioni di 'Contactless' sono molte: si va "dal semplice teleconsulto fino alla vera e propria telemedicina. Dalla possibilità di effettuare non solo visite da remoto ma anche training, assistenza per sostituzione di dispositivi, tutorial e sessioni di telemonitoraggio".

L'Istituto superiore di sanità (Iss), sottolinea poi la dottoressa, "ha ripreso proprio i nostri criteri di inclusione nel suo report di ottobre 2020", citando, in ambito di telemedicina per pazienti con malattie rare, "anche il sostegno psicologico per pazienti e famiglie. Elemento- chiosa Onesimo- molto importante e di cui finalmente si comincia a parlare con l'attuale pandemia". La sanità digitale, infatti, così come definita dalla dottoressa, "consente una continuità dell'assistenza sanitaria, non ritardando l'accesso a servizi e dunque l'intercettazione di situazioni di criticità o di emergenza, che possono evolvere verso un quadro di maggior gravità", illustra. Tra i punti salienti, infine, rimarca i "criteri di esclusione dalla telemedicina. Non possiamo includere pazienti instabili, quanti hanno un contesto familiare inadeguato o con storie di abusi e violenze".

Cenno importante, poi, anche quello relativo alle "nuove diagnosi- spiega- in cui è sempre richiesto un contatto preliminare e la condivisione del consenso informato con le famiglie". L'opzione telemedicina, insomma, "è uno strumento molto valido e rafforza l'alleanza tra famiglia, centro di riferimento e territorio". L'approccio del progetto pilota, conclude Onesimo, è "multidirezionale, multidimensionale e multidisciplinare, e punta al mantenimento degli standard di cura, per i pazienti pediatrici con disabilità" anche a distanza. 

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