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'L'aborto è la prima causa di femminicidio', manifesti choc per Roma: "Il Comune intervenga"

Gli autori: "Diritto di opinione". Del Bello: "Offendono le donne"

Dall'oscurità del fondo nero, in penombra, due mani reggono quella che sembra una pancia in gravidanza. O un grande uovo. La donna non c'è. Ma ad attirare è la scritta: "L'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo". Hashtag: #stopaborto. E' la campagna di affissioni e sui social fatta scattare dalla fondazione spagnola di ispirazione cristiana CitizenGo, in vista della Marcia per la Vita di sabato 19 maggio, convocata per le ore 15 Piazza della Repubblica a Roma. 

"Rivendichiamo il diritto di opinione ed espressione tutelato dalla Costituzione" scrive in una nota l'organizzazione che nella definizione dei suoi principi parte da "una visione cristiana dell’essere umano e dell'ordine sociale". Filippo Savarese, direttore delle Campagne di CitizenGO Italia, spiega: "Si rivendica sempre la 'libertà di scelta' per sostenere l'aborto, ma oggi siamo noi a rivendicare la libertà di scelta per le donne che hanno diritto a essere informate correttamente sulle conseguenze sempre drammatiche dell'aborto". Nel mirino anche la decisione di rimuovere i manifesti ProVita comparsi in via Gregorio VII ad aprile. 

Il Campidoglio ha spiegato in una nota: "Il manifesto è stato affisso in impianti che non sono nella diretta gestione di Roma Capitale. A quanto si apprende dalle prime verifiche, tuttora in corso da parte della Polizia Locale, alcune copie sono apposte su impianti in concessione a privati, altre in spazi del circuito Spqr gestiti da privati in affidamento. In entrambi i casi l'affissione non è soggetta ad un'autorizzazione da parte del Comune". Poi il commento: "È brutale accomunare il tema del femminicidio a quello dell’aborto che è regolato per legge. Temi così delicati meritano una particolare attenzione e sensibilità e non possono ridursi a slogan. Il rispetto delle donne consiste anche nell’evitare strumentalizzazioni mediatiche".

A chiederne immediatamente la rimozione, questa mattina, la presidente del II municipio, Francesca Del Bello, e le assessore Lucrezia Colmayer e Cecilia D’Elia: "Sono offensivi per tutte le donne, soprattutto per quelle che hanno conosciuto l’esperienza difficile dell’aborto o della violenza" denunciano in una nota. 

Il manifesto arriva a pochi giorni dal quarantennale della legge 194, approvata il 22 maggio del 1978, che ha introdotto e disciplinato in Italia l'interruzione volontaria della gravidanza. "Una legge importante che ha dimostrato di saper contrastare la clandestinità e le morti ad essa legate, diventa l’occasione per rilanciare macabri slogans" continuano Del Bello, Colmayer e D'Elia. 

Il dito è puntato verso il Campidoglio: "Possibile che il Campidoglio autorizzi tali oscenità lesive della dignità e dei diritti di noi tutte? Anche questo messaggio offende le donne, non solo quelli che mercificano il loro corpo. Chiediamo all’Assessora Marzano di intervenire tempestivamente”.

A chiedere la rimozione dei manifesti, molti rappresentanti politici: "Le Istituzioni intervengano immediatamente in merito alla vergognosa campagna #stopaborto promossa dalla Fondazione CitizenGO" dichiara la responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale, Loredana Taddei. "Il Comune di Roma rimuova immediatamente i manifesti. Si tratta di una campagna di disinformazione contro le donne, la loro salute e la loro libertà di scelta. Invitiamo" continua "il Parlamento e le forze politiche del prossimo governo a far sentire la loro voce in risposta ai reiterati e sistematici attacchi alla l.194 e alle gravi falsità diffuse. Ricordiamo che in altri paesi europei, come la Francia, fare pressioni per convincere le donne a non abortire è un reato, e riteniamo debba diventare tale anche in Italia".

"Nel 2014 abbiamo approvato il nuovo regolamento sugli impianti pubblicitari di Roma, inserendo un articolo proprio sui messaggi vietati" scrive in una nota la consigliera regionale del Pd, Marta Leonori. "Con questo testo siamo riuscite in questi anni a rimuovere cartelloni evidentemente sessisti". Alla luce di questo, ò le consigliere dei gruppi capitolini del Partito Democratico Valeria Baglio, Michela Di Biase, Ilaria Piccolo, Giulia Tempesta e della Lista Civica #RomaTornaRoma Svetlana Celli affermano: "Ci chiediamo come sia possibile che vengano autorizzati questo tipo di messaggi che colpevolizzano le donne e che vengano affissi perfino negli spazi comunali. La Sindaca si attivi subito per rimuoverlo"

Il manifesto "deve essere rimosso" la richiesta della capogruppo della Lista Civica Zingaretti Marta Bonafoni. "Un messaggio falso ovviamente, capace di colpevolizzare ancora una volta le donne attaccando i loro diritti e accostando il tragico tema del femminicidio alla loro libertà di scelta. Un manifesto violento, a 40 anni dalla 194". 

Insorge anche l'Udi, l'Unione delle donne in Italia, che annuncia l'intenzione di "andare fino in fondo a questa vicenda". Afferma Vittoria Tola dell'Udi Nazionale: "Il femminicidio e la legge 194 sono cose ben diverse, perché il primo è la brutale uccisione di una donna in quanto tale, la seconda è una legge dello Stato. Se chi ha elaborato questo manifesto si fosse preso la briga di informarsi, avrebbe forse capito che non è di certo attaccando una legge che ha funzionato come deterrente all'aborto clandestino che si tutela la vita delle donne ma solo attraverso la sua corretta applicazione".

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