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Coronavirus, la lettera della paziente ai medici dello Spallanzani: "Mi avete salvato la vita, non vi dimenticherò"

La testimonianza è stata pubblicata su Facebook da Francesco Vaia, direttore sanitario dell'ospedale Spallanzani

Una testimonianza in prima persona, quella di una paziente che ha passato 45 giorni all'ospedale Spallanzani perché affetta da Covid 19. Una lettera di ringraziamenti, inviata al personale che l'ha curata. E' quanto pubblicato questa mattina dal direttore sanitario dell'ospedale Spallanzani di Roma, Francesco Vaia. "Care amiche e cari amici, che risveglio stupendo. Una lettera meravigliosa che riempie il cuore. Premio unico ed insostituibile al nostro lavoro l’affetto dei nostri pazienti. Chiudiamo l’anno con tre certezze : il virus c’è, si può battere, con la nuova arma del vaccino lo sconfiggeremo", il suo commento.

Poi il testo della lettera, indirizzata al dottor Vaia, al professor Nicastri e alla dottoressa D'Abramo: "E' finita. La mia degenza nel vostro ospedale si chiuderà tra pochissimo, dopo oltre 45 giorni carichi di emozioni", esordisce. 
La donna non nasconde: "Ho avuto paura" perché "questo virus maledetto incute terrore nonostante voi, uomini e donne di scienza, lo abbiate sufficientemente identificato e parzialmente snidato. Io mi inchino davanti a chi rischia la propria vita per salvare quella degli altri". La lettera continua con una citazione: "E' scritto nel Talmud di Babilonia: 'Chi salva una vita salva il mondo intero'. Voi avete salvato la mia, dedicandomi tempo e passione. Non mi sarà possibile dimenticarlo".

Poi ribadisce: "Ho avuto paura, lo confermo, ma qui mi sono sentita spalleggiata, protetta in ogni momento. Diciamo anche 'coccolata', perché anche questo serve quando si trascorre così tanto tempo lontano dai propri affetti. Non vi siete risparmiati, sappiatelo. In nulla. Non potrò dimenticare la grande cortesia di Andrea, lui che per primo si prese cura di me quando, in lacrime, la sera del 13 novembre, salutai mio marito e mio figlio e presi possesso del mio letto, il numero 14 (poi diventato 5). E come non citare tutte le infermiere che, operano nella Quarta Divisione: instancabili, professionali e sempre con il sorriso".

Per la paziente dello Spallanzani, si legge ancora, il cruccio più grande in quei giorni è stato quello "di temere che, una volta uscita da qui, nel caso avessi incontrato uno di voi, non avrei mai potuto riconoscerne le fattezze. Fa venire questi pensieri la bestia Covid. Perché ci costringe a vivere mascherati, come astronauti". 
Poi conclude: "È stato un onore avervi conosciuto. Grazie, direttore Vaia, grazie professor Nicastri. Grazie dottoressa D’Abramo anche per quella Sua straordinaria sensibilità che, appena pochi minuti fa, mi ha dimostrato venendomi a salutare. Grazie a tutti per avermi riportato alla vita.  Grazie per avermi dimostrato che in questo Paese le eccellenze ci sono. Avete un’amica in più. Non so se mi ricorderete: io sicuramente vi porterò nel cuore".

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