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Sono 900 le persone ospitate a Roma

Il cohousing di Sant'Egidio: così 900 persone che dormivano in strada hanno trovato un letto

Dal 2020 aperti 43 nuovi spazi. Tra le persone che ne usufruiscono anche anziani soli che hanno lasciato gli istituti

Incentivare i progetti di cohousing per togliere le persone dalla strada e combattere la solitudine. E' questo lo scopo della Comunità di Sant'Egidio per superare la povertà alloggiativa e quella relazionale, altre due sfaccettature di un disagio sociale che, soprattutto negli ultimi due anni a causa della pandemia, sta emergendo sempre di più in Italia e nella nostra città.

La comunità, che giovedì 9 dicembre ha presentato alla stampa la sua campagna di raccolta fondi in vista del pranzo di Natale riservato ai poveri, da tempo ha intrapreso percorsi di questo genere che a Roma coinvolgono ormai oltre 900 persone e da marzo 2020 a oggi hanno permesso l'apertura di 43 nuovi cohousing, tra appartamenti in affitto o donati da benefattori. 

Tra le tante storie a lieto fine c'è sicuramente quella di Guido, 66 anni, che ha visto la sua vita cambiare dopo un lungo periodo da "clochard" alla Stazione Termini: "Sono stato sfrattato dopo la morte di mio padre - racconta - perché non potevo più pagare l'affitto. Andavamo avanti solo con la sua pensione, io nella vita mi sono arrangiato a fare tutto ma nell'ultimo periodo ero il suo badante. Sono finito alla stazione, dove ogni giorno avevo paura di essere rapinato o picchiato. La notte lì si dorme a turno, anche per evitare di morire assiderati quando la temperatura scende sotto zero". Poi un giorno Guido ha conosciuto alcuni volontari che gli portavano cibo e coperte, è stato ospitato nella chiesa di San Callisto e oggi condivide un appartamento con un'altra persona: "E' stato emozionante dormire per la prima volta dopo tanto tempo in un letto normale". 

Antonio, 81 anni, era uno dei tanti anziani finiti in un istituto. Dopo la morte della moglie, senza figli che potessero prendersene cura, ha pensato che l'unica soluzione fosse il ricovero in ospizio "dove c'erano orari per tutto, si cenava alle 18.30 e la vita scorreva monotona. Durante il lockdown - racconta - siamo rimasti chiusi dentro le nostre camere, nessuno ci dava spiegazioni, non potevamo vedere i parenti e a mala pena ci chiamavano per nome. Spesso le inservienti usavano il numero del letto". Finita la clausura forzata, però, Antonio ha deciso di affidarsi alla Comunità di Sant'Egidio, che gli ha proposto la convivenza con un altro anziano: ognuno ha una stanza con il bagno e a turno si preparano i pasti con l'aiuto di una badante e dei volontari. “Ho ritrovato la vita che avevo perso - commenta Antonio - . Sant’Egidio è la mia salvezza e il mio futuro”. Ma non dimentica i due anni trascorsi in istituto "dove prometto di tornare a fare il volontario appena sarà possibile". 

Nel giugno scorso Roma Capitale ha consegnato a Sant'Egidio in comodato d'uso per tre anni un immobile in zona Termini, la "Casa Anna Maria Marotto" in memoria della benefattrice che ha lasciato all'amministrazione i fondi per realizzare la ristrutturazione. Scopo del progetto è stato l’avvio di una residenzialità h24 per persone in condizioni di disagio sociale e abitativo con percorsi di sostegno che promuovano l'autodeterminazione e la valorizzazione delle risorse personali. 

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