rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
L'allarme tra i giovanissimi

Studenti romani schiavi dello smartphone: dal sexting al revenge porn, tutti i numeri della dipendenza

Eures presenta il rapporto frutto di un'indagine che ha coinvolto 1.800 studentesse e studenti di 6 istituti scolastici della Capitale: "Spesso le ragazze sono costrette a condividere e scambiare video e immagini intime"

Dal sexting al revenge porn, dalla dipendenza da smartphone al gioco d'azzardo online: sono questi i temi sui quali si è concentrata l'analisi di Eures Ricerche Economiche e Sociali in collaborazione con la Regione Lazio e il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nell'ambito dell'avviso pubblico "Comunità solidali 2019". Il report è stato presentato il 30 novembre e quella che emerge è una situazione seria, soprattutto se si parte da uno dei dati che più balzano agli occhi: l'82% dei giovanissimi intervistati è a rischio dipendenza da smartphone. 

Il campione d'indagine: 1.800 studenti di 6 scuole romane

L'indagine ha coinvolto studentesse e studenti delle scuole secondarie superiori di Roma nel periodo tra novembre 2020 e marzo 2021: 108 le classi intervistate in 6 scuole del territorio capitolino, più di 1.800 adolescenti intervistati che hanno prodotto 1.649 questionari validi. Nel report, che è diventato poi un libro, sono raccolte testimonianze brevi da parte dei giovani su esperienze di gioco online, sexting, revenge porn e in generale sul vissuto di dipendenza dal cellulare, per un totale di 600 storie raccolte e 100 selezionate per essere inserite nel rapporto. Sono infine state portate a termine attività di informazione, formazione e sensibilizzazione su 47 classi e circa 900 studenti. 

Sexting e revenge porn

Secondo l'indagine, il 64,5% dei giovani pratica il sexting, ovvero lo scambio di messaggi e immagini a sfondo erotico tramite le chat di WhatsApp, Instagram, TikTok o Facebook. Il problema è che il 19,7% afferma di aver inviato o scambiato le proprie foto o video intimi "per assecondare una richiesta a cui non è riuscito a sottrarsi" si legge nella sintesi del rapporto, raggiungendo tale valore il 30,4% tra le sole ragazze (contro il 12,8% dei maschi). Questa pratica è considerata "molto o abbastanza" diffusa per il 36,9% del campione, con il 9,7% nella fascia dai 14 ai 15 anni che afferma di aver postato o condiviso volontariamente immagini o video intimi o sessualmente espliciti tramite lo smartphone negli ultimi 3 anni. La percentuale sale al 14,8% in chi frequenta il triennio (16-18 anni). Nell'85% dei casi le foto o i video intimi (se non addirittura raffiguranti atti sessuali) sono stati ricevuti da altri, quasi l'80% li ha postati o condivisi, il 67% li ha scambiati con il proprio partner. E questo modo di comunicare non piace affatto alle ragazze: il 44,1% dà una valutazione negativa, contro il 18,1% dei maschi. Da non sottovalutare il coinvolgimento degli intervistati nel revenge porn, ovvero la vendetta di un partner che diffonde online immagini intime o video dell'ex: l'8,1% dichiara di averlo praticato o subito, l'8% di aver trovato proprie immagini intime pubblicate in rete contro la propria volontà. 

"Il consenso per le ragazze viene spesso indotto o forzato"

 "Abbiamo chiesto ai ragazzi in che misura erano rimasti coinvolti nel fenomeno - commenta Fabio Piacenti, presidente di Eures e direttore del rapporto a Roma Today - ed è venuto fuori che la maggior parte di loro ha inviato, ricevuto e scambiato immagini in modo consenziente. C'è però una parte che questo consenso non l'ha dato esplicitamente o comunque è stato indotto, forzato. Parliamo di una manipolazione che in qualche modo rappresenta una violenza. E spesso a subirla sono le ragazze, tant'è che sono loro a dare una valutazione negativa a questa pratica, mentre per i ragazzi la vicenda è prevalentemente positiva". 

La "Generazione Z": fino a 8 ore al giorno con lo smartphone in mano

D'altronde l'utilizzo dello smartphone occupa la maggior parte della quotidianità della cosiddetta "generazione Z", quella dei nati dalla fine degli anni Novanta alla fine degli anni Duemila, per poi diventare "generazione Alpha", ovvero chi oggi ha non più di 10-11 anni. Hanno ricevuto il loro primo smartphone prima di concludere le scuole elementari, al più tardi prima di cominciare le medie. E infatti secondo l'Eures il 68% di giovanissimi possiede un telefonino già prima di questa età: il 52,8% lo chiede ai genitori, il 40,6% lo riceve in regalo. Il 50,4% degli intervistati ha dichiarato di averlo ricevuto tra i 10 e gli 11 anni, il 13,8% addirittura prima di aver compiuto i 10 anni. 

L'utilizzo medio dello smartphone da parte degli adolescenti coinvolti dall'indagine è di 6 ore al giorno, ma per il 25,4% si arriva a toccare anche le 8 ore. E chi ha ricevuto il device prima dei 10 anni in media rimane incollato allo schermo per 6,7 ore contro le 5,7 di chi invece ha dovuto aspettare di compiere 13 anni. Si nota, inoltre, che i giovani che vivono in famiglie monoparentali e abusano dello smartphone (8 ore di fruizione giornaliera) sono il 30,3%, con il 34,7% che non svolge regolarmente alcuna arrività extrascolastica: niente sport, nessun corso di lingua o musica. 

L'82% degli intervistati è a rischio dipendenza 

Date queste percentuali, non stupisce che secondo l'indagine Eures l'82% degli intervistati sia a rischio dipendenza da smartphone. Quasi un quarto (22%) viene collocato nell'area critica di "alert addiction", cioè in una fascia di elevato rischio in cui si  manifestano rapporti patologici, con sintomi quali la nomofobia ("no mobile phone phobia", la paura di restare disconnessi), ansia e IAD ("internet addiction disorder", disturbo da dipendenza da internet). Il 60% si colloca nella fascia media del "rischio di dipendenza", dove lo smartphone occupa un ruolo dominante "in diversi spazi e luoghi del vivere quotidiano". Quindi solamente una minoranza, il 18%, sembra non investito dal rischio di dipendenza, manifestando un utilizzo tutto sommato privo di criticità. 

Le storie raccolte dall'indagine

Delle 600 storie riportate in forma totalmente anonima dai ricercatori, alcune danno la cifra della gravità del fenomeno, soprattutto quando si parla di revenge porn. Una ragazza che ha partecipato all'indagine riferisce di una sua amica "che ora purtroppo non c'è più". Il motivo? Si è suicidata. "Il suo ex l'aveva minacciata che se si fosse rifidanzata avrebbe diffuso le sue foto intime e così è stato, ha aperto un profilo Instagram mettendoci tutti gli scatti che le aveva fatto a letto o sotto la doccia, tutti i ragazzi della scuola le hanno viste. La madre non ha fatto in tempo ad andare a denunciare che lei si è buttata dal balcone". Non si conoscono gli esiti di questa vicenda, come non si conoscono di un'altra che viene riferita sempre da un anonimo intervistato: "Una ragazza è stata costretta dal fidanzato, conosciuto da poco ad un corso di nuoto, a farsi fare delle foto con il seno scoperto nello spogliatoio della piscina. Lei ha provato a dire che non voleva, ma lui ha insistito e poi l'ha anche minacciata di far vedere le foto ai genitori qualora si fossero lasciati. Il problema è che queste foto sono finite ad un amico di lui, che le ha pubblicate sui social".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Studenti romani schiavi dello smartphone: dal sexting al revenge porn, tutti i numeri della dipendenza

RomaToday è in caricamento