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Feti sepolti senza consenso e con il nome della madre: sulla violazione della privacy è scaricabarile

L’ospedale punta l’indice su Ama che, a sua volta, scarica le responsabilità alla ASL. Fa discutere il caso sollevato dalla sepoltura del feto, identificato senza previo consenso al cimitero Flaminio con una croce ed il nome della madre

La violazione della privacy è evidente. Nel cimitero di Prima Porta, al Flaminio, c’è un’area disseminata di croci. Sopra è riportato un cartellino con un codice identificativo ed il nome della madre del feto a cui è stata data sepoltura. Anche se la madre in questione, non ne ha dato il consenso.

La versione di Ama

La vicenda, segnalata da una donna romana, è diventata immediatamente virale sul web. Ed è stata al centro di uno scambio d’accuse tra l’AMA, che gestisce i servizi cimiteriali, e la struttura sanitaria da cui in cui l’aborto è stato praticato. In una nota l’AMA ha specificato che “la sepoltura del feto” in questione “è stata effettuata su specifico input dell’ospedale presso il quale è avvenuto l’intervento ed autorizzata dalla Asl territorialmente competente”.

La versione dell'ospedale

La notizia ha però trovato la pronta reazione della Direzione generale dell’azienda ospedaliera San Camillo: “l'ospedale non ricopre nessuna funzione nè ha responsabilità sulla modalità di sepoltura del feto" è stato precisato. “Il problema di violazione della privacy - ha poi rimarcato Fabrizio d'Alba il d.g. del San Camillo - è avvenuto all'interno del Cimitero Flaminio, e allargando il campo ritengo che siano proprio i cimiteri i luoghi dove sarebbe utile lavorare per attualizzare una normativa vecchia di trenta anni, che necessita di una modernizzazione capace di accogliere sensibilità diverse da quelle che all'epoca non c'erano”.

Cosa prevede la normativa 

Sul sito di Ama, nella sezione dedicata ai servizi cimiteriali si legge: “In assenza di un quadro organico per il trattamento dei feti e dei bambini mai nati che possa armonizzare la disciplina - si legge sul sito di Ama - questo tipo di sepoltura è disciplinata dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 7 del D.P.R. 285/90 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria)”. In sintesi: i “prodotti del concepimento” sino alla 20^ settimana vengano sepolti su richiesta dei familiari. In assenza di questa sono considerati “prodotti abortivi” e trattati come rifiuti speciali ospedalieri dalle ASL competenti. Invece “i prodotti del concepimento dalla 20esima alla 28esima settimana oppure i feti oltre la 28esima settimana (ed p questo il caso segnalato dalla madre su facebook ndr) vengono sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della Asl".

Nel merito della normavita è intervenuto anche il d.g. del San Camillo: “Per quanto riguarda le azioni di norma che vengono effettuati negli ospedali e nelle aziende sanitarie in casi di feti con eta' gestionale compresa tra le 20/28 settimane- specifica la direzione generale- la norma prevede che questi siano identificati con il nome della madre solo ai fini della redazione dei permessi di trasporto e sepoltura ai sensi dell'articolo 7 del DPR 10909, 1991 n 285, che unitamente al certificato medico legale della Asl vengono consegnati ad Ama all'atto della presa in carico dei feti. Le successive attivita' relative al trasporto, alla gestione e seppellimento del feto sono di completa ed esclusiva competenza di Ama. Azienda ospedaliera ed Asl di competenza in alcun modo concorrono ad alcuna scelta in merito alle attivita' di seppellimento”.

Una forma di accanimento

Intanto però, sulla vicenda raccontata su facebook dalla diretta protagonista, è infiammata la polemica. “Riteniamo semplicemente mostruoso l'accanimento nei confronti di quelle donne costrette a ricorrere all'aborto terapeutico, questa volta addirittura seppellendo il feto contro la loro volontà, usando il nome della madre come uno stigma e violando la sua privacy - hanno osservato Silvana Meli e Laura Russo, portavoce dei Verdi di Roma e del Lazio - L'interruzione volontaria di gravidanza è un fatto riservato e intimo. Ma e' soprattutto previsto dalla legge e non ha niente a che vedere con la fede di ciascuno".

Le proteste dei consiglieri

“Oltre al fatto che la norma nazionale prevede, per il seppellimento, la necessità di una domanda da parte dei parenti - hanno osservato i consiglieri regionali  Marta Bonafoni (Capogruppo Lista Civica Zingaretti), Marta Leonori (Pd) ed Alessandro Capriccioli (+Europa Radicali) - non è previsto da alcun obbligo normativo che le generalità della donna finiscano sulla sepoltura. A dimostrazione di ciò, quanto accade presso il cimitero Laurentino del Giardino degli Angeli, uno spazio di sepoltura in cui i feti vengono identificati attraverso un semplice codice di riferimento”. Secondo i tre consiglieri, “La responsabilità' di questa previsione ricade sugli organi competenti, il Comune di Roma Capitale e la società AMA Roma S.p.A., che a quanto si evince operano con discrezionalità rispetto alle previsioni di legge”.

L'istruttoria del garante per la privacy

Ama ha già provveduto a rendere pubblica la propria posizione. Dal Campidoglio invece, finora, non si registra ancora nessun commento. Sulla questione si registra invece l'intervento del Garante della Privacy.  "In relazione alla dolorosissima vicenda del feto sepolto con il nome della mamma, il Garante per la protezione dei dati personali - si legge un una nota diffusa dall'istituzione di garanzia - ha deciso di aprire un'istruttoria per fare luce su quanto accaduto e sulla conformita' dei comportamenti, adottati dai soggetti pubblici coinvolti, con la disciplina in materia di privacy". 

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