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Le assegnano casa popolare ma mentre è fuori gliela occupano: l'odissea di Paola tra utenze staccate e minacce

Paola ha avanzato denuncia ai carabinieri e alla polizia locale. Ma nessuno può dirle quando potrà rientrare

Quando i primi giorni di maggio ha saputo che la casa popolare che le avevano assegnato a Largo Mengaroni a Tor Bella Monaca è stata occupata da altre persone Paola ha allertato subito i carabinieri. “Uno non può aspettare 15 anni e poi quando finalmente arriva il momento la casa ti viene portata via così”. Era arrabbiata. “E come dovevo essere?”, il commento alla domanda, forse un po’ scontata, su come si sia sentita di fronte a quella notizia. Il suo racconto è pieno di indignazione ma l’accaduto non sembra aver rappresentato il classico fulmine a ciel sereno.

Il momento dell’assegnazione, il 15 novembre del 2018, per lei infatti è stato anche l’inizio di un’odissea: dalle difficoltà nell’allaccio delle utenze alle minacce ricevute, Paola non è mai riuscita a vivere davvero in quell’appartamento. “Il trasloco però è già stato fatto, tutte le mie cose sono là dentro”. Vestiti, coperte, mobili e stoviglie, effetti personali. “Solo che ora là dentro ci sono altre persone”.

Paola ha 67 anni ed è affetta da broncopneumopatia cronica ostruttiva, una malattia che conduce a una riduzione costante della capacità respiratoria. “A me il Coronavirus non lascerebbe scampo”. Per questo gira ovunque con un carrellino con la bombola dell’ossigeno e un tubicino sempre attaccato al naso. Si mantiene con i 280 euro al mese della pensione di invalidità. “L’altra pensione, quella vera, ancora non l’ho maturata. Nella mia vita ho sempre lavorato, ma con impieghi saltuari. Sono un’artigiana e per molto tempo ho fatto l’ambulante”.

Vive in disagio abitativo da tanti anni. “La prima domanda di casa popolare l’ho fatta nel 1996 ma non ho mai saputo nulla”. Sorride. “Lasciamo perdere, quella è un’altra storia. Nel frattempo è cambiato tutto: ho divorziato da mio marito, i miei figli sono diventati grandi”. Nell’appartamento di Tor Bella Monaca è arrivata dopo quasi 15 anni di vita in un residence per l’emergenza abitativa, quello di via di Campo Farnia a Capannelle.

Ex uffici che nel marzo del 2005 erano stati occupati da decine di famiglie senza casa organizzate dai movimenti per il diritto all’abitare. Paola era tra loro. “Ero stata sfrattata per finita locazione. Dopo tantissimi anni il padrone di casa ha rivoluto indietro l’appartamento. Posso capirlo. Però non avevo i soldi per un altro contratto d’affitto. Per questo sono arrivata ad occupare questo immobile abbandonato”. Dopo qualche anno quegli ex uffici dalla facciata con grandi finestroni che arrivano fino a terra alternati a pannelli bianchi sono diventati un residence per l’emergenza alloggiativa finanziato dal Comune. Paola ci resta per quasi 15 anni poi, nel novembre 2018, arriva l’assegnazione di un alloggio pubblico in largo Ferruccio Mengaroni.

“Sono stata costretta a scegliere questa casa perché era l’unica disponibile al piano terra. L’altra opzione era un quarto piano senza ascensore, come potevo accettare? Quando ti assegnano un alloggio pubblico ti dicono che te la devi tenere così com’è perché sei già fortunato ad averla presa. E infatti io non ho detto nulla perché ero contenta e quindi mi sono accontentata. Però la luce era staccata e il contatore del gas era stato rubato mentre le colonne dovevano essere rifatte perché montate con pezzi artigianali. Costava 2.300 euro, non li avevo. Così ci ho messo quasi un anno per riuscire ad avere anche il gas”.

Nel frattempo Paola continua a vivere al residence. “L’ho comunicato con diverse raccomandate anche al Comune. Andavo tre o quattro volte a settimana per controllare l’appartamento e iniziare a sistemarlo. Ho sempre pagato l’affitto e le bollette che sono arrivate. Ma non potevo viverci perché una persona nelle mie condizioni non può restare senza gas”.

Non era l’unico problema. “Fin dall’inizio ho dovuto convivere con dispetti e minacce del vecchio occupante, che ci aveva vissuto senza titolo. All’inizio rivoleva i mobili che c’erano all’interno. Infatti mi sono impegnata a restituire la camera”, racconta. “Spesso la cassetta della posta era rotta e mi sono accorta che alcune bollette non sono mai arrivate. A Capodanno è esploso un petardo davanti alla mia porta, che è proprio al pian terreno. Si è rotto il battiscopa esterno e il lampadario”. Una tensione costante culminata il 25 gennaio scorso quando “sono stata minacciata di morte e insultata in modo così pesante che sono stata costretta ad avanzare una denuncia ai carabinieri”.

La paura che le potesse accadere qualcosa trasferendosi in quell’abitazione ha portato Paola a decidere di restare ancora un po’ di tempo nel residence per l’emergenza abitativa dove ha vissuto molti anni. Poco dopo è scoppiata anche l’emergenza Coronavirus e alla paura per la sua incolumità si è aggiunta quella di affrontare una condizione di solitudine e isolamento in uno stato di salute precario. “Andavo lì due o tre volte a settimana per controllare che fosse tutto a posto. Ho già portato lì tutte le mie cose”.

Il 4 maggio qualcuno la avverte che il suo appartamento è stato occupato. Il giorno dopo decide di avvertire i carabinieri che troverà sul posto qualche ora più tardi per il verbale. “La porta aveva un buco all’altezza della serratura e all’interno c’era una donna che dice di avere una bambina. Ero molto arrabbiata ma mi sono impietosita e le ho concesso di restare due o tre giorni per lasciarle il tempo di trovare un’altra sistemazione, a patto che non toccasse nulla delle mie cose. Ma ora ho capito che non ha nessuna intenzione di andarsene. Sto malissimo. Quella persona ha occupato una cosa che era stata assegnata a me e io rivoglio la mia casa”.

L’assessorato alle Politiche abitative di Valentina Vivarelli è al corrente dell’accaduto. Fonti dell’assessorato, contattate da Romatoday, sottolineano come in un periodo come quello che stiamo vivendo, con una pandemia che ha coinvolto tutto il mondo, sia inammissibile e ancora più grave compiere azioni illegali come occupare abusivamente la casa di chi già vive situazioni di profondo disagio. L'assessorato fa sapere che sta seguendo la vicenda, in stretto contatto con il VI Municipio, invitando la signora a sporgere quanto prima denuncia all’autorità giudiziaria per intervenire sull’abuso.

La denuncia alle autorità competenti, carabinieri e polizia locale, è già stata avanzata ma nessuno può dire a Paola quando potrà entrare in quella casa dove, tra l’altro, ci sono tutte le sue cose. “Non posso più tornare a vivere lì con la paura che mi accada qualcosa. Vivo da sola, non posso stare in un luogo dove mi minacciano, dove vige la legge del più forte. Per questo chiedo al Comune un cambio di alloggio, perché lì non posso tornare. Credo di aver diritto a un po’ di normalità. A vivere in una casa”. 


 

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