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Carceri sovraffollate nel Lazio: sono 525 i detenuti oltre la soglia prevista

I dati, resi pubblici dalla Fns Cisl regionale, sono stati pubblicati il 31 luglio dal ministero della giustizia. Nell'ultima settimana, inoltre, ci sono stati due decessi

Sono 525 i detenuti in più rispetto al dovuto nelle carceri del Lazio. A farlo sapere, citando i dati del ministero della giustizia pubblicati il 31 luglio, è il sindacato delle guardie penitenziarie, la Fns Cisl regionale.

Attualmente, infatti, nei 14 istituti penitenziari del territorio risultano recluse 5.755 persone, a fronte di una capienza che dovrebbe permetterne 5.234. Sono 395 le donne, 2.137 i detenuti stranieri, 45 in stato di semilibertà e tra loro 6 sono stranieri. 

I due istituti con il sovraffollamento che "preoccupano" di più il sindacato, fa sapere il segretario generale Massimo Costantino, sono Regina Coeli (388 in più rispetto ai 615 previsti) e Rebibbia, dove dovrebbero essercene 1.155 ma attualmente ce ne sono 1.389. E lunedì 1 agosto una detenuta di 36 anni si è tolta la vita proprio nella sezione femminile di Rebibbia. Con la sua morte salgono a sette i decessi registrati nelle carceri romane da inizio anno, oltre il 4% del totale di tutte le carceri italiane (68). 

C'è poi la situazione pandemica, con qualche buona notizia. "La curva dei casi di Covid 19 - prosegue il sindacato - è discendente. I positivi al virus nei 14 istituti sono 90, dato del primo agosto: 10 a Regina Coeli, 12 a Rebibbia nuovo complesso, 10 a Rebibbia casa di reclusione, 8 a Velletri, 6 a Cassino, uno a Paliano, 3 a Llatina, 14 a Viterbo, 25 a Civitavecchia e uno a Rieti".

Infine, Costantino sottolinea la carenza di personale per quanto riguarda la polizia penitenziaria: "Nel Lazio mancano quasi 500 unità". L'arrivo di 112 uomini e 39 donne entro il 15 settembre è una boccata d'ossigeno ma, evidentemente, non sufficiente per risolvere l'emergenza. E' per questo che la Fns Cisl Lazio chiede "interventi straordinari che, da un lato, potenzino le scarse dotazioni organiche di personale - si legge nella nota -, dall’altro, riorganizzino il modello operativo del lavoro che ha visto introdurre sistemi di vigilanza dinamica con reparti aperti, dove la popolazione detenuta crea condizioni di pericolose aggregazioni.  

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