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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Caos affrancazioni, decine di cause contro il comune per i rimborsi in ritardo

Anche fino a 2 anni di attesa per il risarcimento promesso in 8 mesi. Un centinaio le famiglie coinvolte con una media di 10mila euro da recuperare

A Roma ci sono circa un centinaio di famiglie che aspettano da tempo che il comune li risarcisca di quanto pagato ma non dovuto per affrancare gli immobili dal prezzo massimo di cessione. Cifre che possono arrivare a quasi 20.000 euro e che gli uffici si sono impegnati a rimborsare in 240 giorni, con tanto di atti notarili. 

Le delibere comunali sul calcolo dell'affrancazione

A maggio 2016 l'assemblea capitolina, con la delibera numero 40, approvava i criteri per eliminare i vincoli del prezzo massimo di cessione e per la determinazione del valore commerciale delle aree costruite nei Peep, i piani di edilizia economica popolare. Due anni dopo, a ottobre 2018, sempre in aula Giulio Cesare passava la delibera numero 116, che modificava anche i criteri per il calcolo della trasformazione da diritto di superficie a diritto di proprietà e anche del canone di affrancazione. Criteri da applicare anche a chi aveva protocollato la domanda di trasformazione o di affrancazione prima di quella delibera, purché non avesse già stipulato la convenzione. 

La legge del 2018 e il decreto del ministero delle finanze

Il governo, nel frattempo, a dicembre 2018 promulgava la legge numero 136, sostituendo un comma dell'articolo 31 di una precedente legge, la 448 del 1998, stabilendo che il vincolo del prezzo massimo di cessione poteva essere rimosso con il pagamento del corrispettivo proporzionale alla quota millesimale di competenza, in misura pari a una percentuale che sarebbe stato il ministero dell'economia e finanze a dover stabilire con un decreto ad hoc. In sostanza la quota di affrancazione si sarebbe ridotta rispetto al passato. 

I cittadini pagano di più, il comune si impegna a rimborsare

"Il Mef però ci ha impiegato circa due anni a emanare il decreto - spiega l'avvocato Andrea Lamonaca - e nel frattempo non era il caso di interrompere tutte le pratiche. Così il comune al fine di continuare a lavorare le domande di affrancazione, con una mozione consiliare del febbraio 2019 ha autorizzato la procedura di calcolo già prevista dalla delibera 116 del 2018, prevedendo all'interno degli atti di stipula un'espressa clausola di conguaglio, in positivo o in negativo, una volta presa la decisione dal ministero". Quindi se il richiedente aveva pagato 10 ma doveva 2 in base ai criteri stabiliti dal Mef (arrivati a fine settembre 2020), il comune si impegnava a restituire la differenza, quindi 8. 

L'avvocato: "La media dei rimborsi dovuti è pari a 10mila euro"

"Ma praticamente in nessun caso è ancora successo - denuncia l'avvocato, esperto di affrancazioni e trasformazioni, legale di decine di cittadini alle prese con la burocrazia capitolina - nonostante in tutti gli atti stipulati tra comune e proprietari ci sia una clausola di conguaglio da rispettare. Io ho circa una decina di clienti in questa situazione, ma ce ne sono molti altri. Ho già inviato molte diffide al comune, dove necessario si andrà in giudizio". Anche perché la media dei risarcimenti dovuti è di circa 10.000 euro, con picchi che arrivano a sfiorare i 20.000 euro. Cifre non mostruose, ma che incidono nei bilanci familiari. 

La storia di Francesco Musumeci, in attesa da 2 anni

Uno dei casi che finirà in tribunale è quello di Francesco Musumeci, 58 anni, presidente dell'Arep (associazione regionale edilizia Peep). A luglio 2020 il dipartimento urbanistica gli comunicava di dover pagare 12.580,01 euro come canone di affrancazione, calcolato secondo i criteri della deliberazione 116 del 2018. Il 29 ottobre 2020 (un mese dopo l'emanazione del decreto del Mef sulla percentuale da applicare per i nuovi calcoli sulle affrancazioni) Musumeci versa la somma nelle casse del comune e a inizio 2021 stipula l'atto notarile che libera il suo appartamento - situato nel piano di zona C1 Torraccia - dal vincolo del prezzo massimo di cessione. "In base a quanto poi calcolato - ci spiega Musumeci - avrei dovuto pagare poco più di 3.000 euro, quindi la cifra da rimborsarmi era di quasi 9.000 euro. Il comune avrebbe dovuto impiegarci 8 mesi, sono passati quasi 2 anni". Esattamente, per il Mef il canone dovuto era di 3.655,56 euro e quindi dalle casse del Campidoglio avrebbero dovuto uscire, diretti sul conto di Musumeci, 8.924,45 euro. 

"Rivoglio i miei soldi, faccio causa al comune"

Il 19 gennaio l'avvocato Lamonaca invia una diffida, rimasta inevasa. E così decide di passare alla richiesta di giudizio nel mese di aprile 2022. "Voglio essere rimborsato - sottolinea Musumeci - , si rende conto che tra affrancazione e rimborso sono passati sei anni e mezzo?". La domanda, infatti, risale al 2016. Il comune fornì a Musumeci una risposta ufficiale nel 2020. Anche questa volta la burocrazia sta giocando il suo ruolo da protagonista. "Hanno una sola persona nell’ufficio che si occupa di queste pratiche - denuncia -. Saremo una decina che andremo in giudizio con Arep. Tra l'altro esistono varie categorie di cittadini non rimborsati: quelli che hanno stipulato prima della delibera 116 del 2018, quelli che lo hanno fatto dopo come me e anche quelli che non avrebbero proprio dovuto pagare l'affrancazione perché erano in diritto di proprietà. Ci aspettavamo un cambio di passo, ma non c’è stato - conclude amaramente Musumeci -. Il sistema così com’è non può funzionare".

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