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Cannabis light, una filiera in fumo

Viaggio alla scoperta della filiera della Cannabis light, dall'azienda agricola al punto vendita

Dai campi dell’azienda agricola Hemporisteria di Bomarzo, in provincia di Viterbo, al negozio di Torvajanica di T-Rex, grossista della canapa. Fino al nuovo punto vendita della Primero, società fondata da tre giovani ragazzi romani, che dopo quello di Montagnola e quello di Acilia, ne stanno aprendo uno a Monteverde. Tre passaggi, tre incontri, che raccontano la filiera della Cannabis light, esplosa letteralmente negli ultimi due anni grazie alla legge 242 del 2016 con la quale si vuole incentivare la produzione di canapa. Parliamo ovviamente di quella a basso contenuto di Thc, la sostanza considerata “drogante” della cannabis, con limiti fissato fino allo 0,6 per la sua produzione.

Da qui, la costruzione di un indotto che oggi in Italia vale 80 milioni di euro con crescita del 100%, e la creazione di circa 15 mila posti lavoro (fonte Coordinamento canapa Lazio) con l’apertura di migliaia punti di punti vendita, 189 solo a Roma nell’ultimo anno e mezzo. Ora tutto in stand by dopo la pronuncia della Cassazione dello scorso 30 maggio: “La commercializzazione di cannabis sativa - recita la sentenza -, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242/2016 che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa”. Decisione che ha portato gli operatori del settore a manifestare sotto al ministero dello Sviluppo econonico guidato da Luigi Di Maio, lo scorso 11 giugno.

Roma Today ha deciso di vedere da vicino tutta la filiera delle influorescenze della canapa, meglio conosciuta come cannabis ligth, partendo dall’azienda agricola che Teo Carboni ha deciso di aprile con la moglie, lasciando Roma e cambiando così stile di vita dopo anni passati a condurre un’auto Ncc. Poi il passaggio al locale di Emanuele Baccelli che dopo 17 anni di lavoro nell’edilizia ha deciso di diventare grossista dei prodotti derivati della canapa. Fino ai giovani Fulvio Riccieri e Simone D’Angelo, di 25 e 23 anni, che hanno dovuto rinviare l’inaugurazione del loro terzo negozio: “Noi vogliamo solo lavorare - dicono - è un settore nuovo, in cui c’è spazio per lavorare e investire, e ce lo hanno fatto fare per tutti questi mesi”. “Siamo consapevoli di aver operato all’interno di un ‘buco normativo’ - sottolinea Riccieri -, ma ora chiediamo solo che venga normato una volta per tutte e che ci permettano di lavorare”. Il “buco normativo” a cui fa riferimento il giovane titolare della Primero, membro anche del Coordinamento canapa Lazio, risiede nel fatto che se la legge 242 del 2016 fa menzione alla produzione della canapa, non viene esplicitamente indicata la vendita e commercializzazione dei prodotti derivati e delle inflorescenze, anche se di fatto negli ultimi anni sono state rilasciate licenze ed autorizzazioni a negozi e aziende agricole.

Un “caos” che nemmeno la Cassazione ha risolto però totalmente, perché il divieto alla vendita esclude “prodotti privi di efficacia drogante”, recita la sentenza. Senza dare ulteriori elementi per identificare i limiti “dell’effetto drogante”, ma introducendo i reati penali di detenzione e spaccio. “Questo che significa che lo Stato è complice?  - si chiede Baccelli di T Rex -, perché l’autorizzazione alla vendita me l’ha concessa”. “Trovo assurdo interrompere tutta la crescita che sta vivendo il settore per le inflorescenze - spiega Carboni di Heporisteria - qui si parla di un’intera produzione della canapa, quindi dalle fibre ai fiori”.

Un'intera filiera che rischia, appunto, di andare completamente in fumo.

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