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Coronavirus, allo Spallanzani due pazienti curati e guariti con anticorpi monoclonali

Due pazienti Covid - un uomo e una donna - sono stati curati e sono già guariti con anticorpi monoclonali. Il direttore Nicastri: "Riguarda due immunodepressi"

Due pazienti Covid - un uomo e una donna - sono stati curati e sono già guariti con anticorpi monoclonali all'Istituto nazionale Lazzaro Spallanzani di Roma. Altri tre sono in terapia o in procinto di avviarla. Gli anticorpi monoclonali, il cui utilizzo ha ricevuto il via libera ieri dalla Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia italiana per il farmaco, sono già una realtà all'ospedale romano.

Il loro uso, però, "riguarda casi selezionati: si tratta di utilizzo compassionevole per singoli malati, con gravi immunodepressioni. Persone che hanno dei deficit di produzione di immunoglobuline", spiega all'Adnkronos Salute Emanuele Nicastri, direttore Malattie infettive alta intensità di cura allo Spallanzani. 

Questi casi di immunodepressione possono essere causati da "farmaci, chemioterapici oppure contro malattie autoimmuni o neurologiche. Vi sono anche patologie in cui i pazienti possono avere una carenza di immunoglobuline. Per tutti questi pazienti, è molto difficile produrre anticorpi anche contro la Sars Cov 2. Per cui abbiamo persone che rimangono positive, con polmonite e anche con quadri impegnativi, a lungo. In questi casi, sulla base di pochissimi dati di letteratura, abbiamo utilizzato gli anticorpi monoclonali. Non stiamo parlando quindi di trial clinici registrativi per il loro uso", precisa. 

In sostanza, ribadisce Nicastri, "i pazienti che abbiamo trattato non possono produrre anticorpi da soli, allora noi gli infondiamo gli anticorpi monoclonali prodotti da una delle due case farmaceutiche disponibili, che ce li fornisce per uso compassionevole, fuori dall'indicazione, anche rispetto agli Stati Uniti. Negli Usa, infatti, è già previsto l'impiego ma in pazienti curati a casa o poco sintomatici, per prevenire la progressione in malattia grave". 

Un utilizzo del tutto differente, dunque, a quello previsto dall'indicazione per la quale si attendono anche in Italia. Nei casi trattati, continua l'infettivologo, "gli anticorpi monoclonali hanno dato buoni risultati". Si tratta sicuramente "di un'arma in più. Noi dobbiamo arrivare ad avere molte capacità terapeutiche nei diversi livelli di assistenza: a domicilio, in ospedale, nei pazienti cronicamente infetti come nel nostro caso. Questa è la strada: avere molte opzioni terapeutiche a seconda dei livelli di assistenza".  

In merito è positivo anche il commento di Andrea Antinori, direttore di Immunodeficienze virali all'Istituto Spallanzani di Roma: "Positivi, molto incoraggianti ed interessanti". Che ha spiegato "Ovviamente è difficile trasferire questo genere di dati alla popolazione generale, che poi è l'argomento al centro del dibattito attuale. Al momento sappiamo che gli anticorpi monoclonali hanno dato buoni risultati e funzionano in questo contesto molto particolare in cui noi l'abbiamo utilizzati, ovvero in casi di deficit di produzione di immunoglobuline", precisa Antinori.

"Stiamo studiando molte funzioni. Molti aspetti virologici, sia la riduzione della carica virale, che poi è l'obiettivo fondamentale di tutte le applicazioni dei monoclonali, ma anche la riduzione dell'infettività virale. Ma si tratta di risultati ancora molto preliminari", sottolinea il ricercatore precisando anche che i risultati ottenuti non riguardano tutte le immunodeficienze ma - ribadisce - solo difetti selettivi nella produzione di immunoglobuline. Il percorso che ha portato alla guarigione dei due pazienti, ammette Antinori, ha rappresentato anche un'esperienza umana gratificante.

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