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Caos affrancazioni, la replica di una venditrice: "Accuse false, mi sono offerta di pagare l'istanza"

RomaToday è stata contattata dalla signora che ha venduto un immobile a Casal Boccone, accusata dal compratore di non voler velocizzare l'iter per liberarlo dal vincolo di prezzo massimo

Il 4 maggio abbiamo raccontato la storia di un proprietario che, dopo aver acquistato un immobile all'interno del piano di zona Casal Boccone, è impossibilitato a rimetterlo sul mercato a prezzo libero perché in attesa della conclusione dell'istanza di affrancazione ordinaria presentata dalla venditrice nel 2019. Il proprietario, che aveva investito oltre 500.000 euro per un regalo al figlio, accusa la controparte di non voler procedere con la trasformazione della pratica ordinaria in semplificata, allungando i tempi e rendendo così improcedibile la causa civile da lui intentata nel 2017 per vedersi risarcire della differenza tra il prezzo pattuito e il valore dell'immobile secondo la convenzione urbanistica vigente su Casal Boccone. 

La controparte, una signora che non citeremo per motivi di privacy, ha contattato RomaToday per esporre la sua posizione a riguardo. 

"Nessuno sapeva dell'esistenza di un vincolo, neanche il comune"

"E' bene chiarire innanzitutto che l'immobile venduto è di ampio metraggio e di alto pregio - fa sapere - , si sviluppa su attico e superattico, ha doppio box, cantina e posto auto, è (ed era) servito da tutti i mezzi pubblici e si trova a ridosso di uno dei più grandi centri commerciali di Roma. E' dunque solo un dettaglio precisare che venne valutato dall'agenzia immobiliare per 630.000 euro e venduto alla somma considerevolmente più bassa di 560.000 per esigenze famigliari impellenti". Sulla consapevolezza del vincolo di prezzo massimo di cessione (o locazione), la signora risponde così: "Quasi un'illazione - accusa -  è quella secondo cui al momento della compravendita, l'acquirente fosse all'oscuro dell'esistenza del vincolo. In effetti, non solo lui, ma anche tutto il resto del mondo era completamente all'oscuro del vincolo e così anche la sottoscritta, il notaio rogante, l'agenzia immobiliare, il Comune di Roma, tutti i giuristi italiani e anche le altre 250.000 famiglie proprietarie a Roma di un immobile ricadente in un piano di zona, per non parlare di tutte quelle nel resto d'Italia".

"Ho offerto sei volte tanto il valore dell'affrancazione: ha rifiutato"

E da qui si passa all'altro nodo cruciale, oggetto del contendere nelle aule giudiziarie: il valore reale dell'immobile. Secondo la signora che ci scrive "è falso che l'immobile abbia un valore reale di 172.000 euro - sottolinea - perché il vincolo persistente sull'immobile non incide in alcun modo sul valore reale dell'immobile. Finché il vincolo non viene rimosso con l'affrancazione, che oggi costa al massimo 5.000 euro, l'immobile può essere venduto solo al prezzo vincolato". "Con un'affrancazione di qualche migliaia di euro - rincara la controparte - l'attuale proprietario potrà rivendere l'immobile, laddove voglia, al suo prezzo di mercato. Nel quadro delle dichiarazioni false - aggiunge - , per me è quasi imperdonabile quella secondo cui io non avrei voluto pagare l'affrancazione. Tutto al contrario, a seguito delle lunghe ed estenuanti trattative arrivai ad offrire una somma pari a sei volte quanto necessario per fare oggi l'affrancazione, ma lui invece pretendeva almeno sedici volte il costo attuale dell'affrancazione, e quando non si raggiunse l'accordo fece una causa per ottenere da me la differenza del prezzo per la cifra astronomica pari a 378.000 euro".

"Potrebbe presentare istanza urgentata per rivendere l'immobile"

"Avrebbe potuto tranquillamente risolvere ogni suo problema semplicemente facendo l'affrancazione, o facendola fare a me - continua l'ex proprietaria -  laddove avesse voluto vendere l'immobile al prezzo di mercato avrebbe potuto chiedere l'urgentazione e quindi, con 6 massimo 10 mesi avrebbe effettuato la vendita, invece scelse di intentare un causa costosissima per entrambi con lo scopo di farmi pagare una somma di danaro incredibilmente alta, pari alla differenza del prezzo. Un'altra falsità, dunque, è quella che non può rivendere l'immobile e che non possa fare l'affrancazione: lui, o meglio il figlio, in ogni momento è titolato a presentare istanza urgentata per la vendita, come anche presentare una istanza in autoliquidazione". Pratiche che in base a quanto sostiene la signora, impiegherebbero dai 6 ai 12 mesi per essere espletate: "Se l'avesse fatto subito, non solo avrebbe risolto i suoi guai già da anni, ma non avrebbe speso tanti soldi. Lui però ha scelto di farlo, io ho subito la sua scelta nonostante abbia tentato di evitarla offrendo somme consistenti". 

"Falso che non possa accedere agli atti: basta una richiesta"

"Altra falsità, questa addirittura sconfessata dalla stessa legge sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi - conclude la signora - , è quella secondo cui non sia nella condizione di sapere lo stato della pratica, quando invece in ogni momento con un semplice accesso agli atti potrebbe avere piena conoscenza del tutto. E' già al corrente di tutti i contenuti del procedimento, perché i documenti sono stati debitamente depositati nel giudizio da lui intentato. In verità, quel che più mi dispiace è che sul lato umano non abbia proprio ancora capito che col suo comportamento, con le sue scelte, si è generato un vortice di apprensioni, stress e negatività per entrambe le parti, che da parte mia ha portato a vivere molto poco serenamente la perdita di mia madre, mentre seguivo di persona con forte apprensione il giudizio in tribunale, dove peraltro lui non si è mai personalmente presentato". 

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