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Sgomberati dalle occupazioni, il Comune paga una struttura: vince ancora il 'modello residence'

L'assessorato alla Casa ha comunicato di aver trovato una soluzione a tutte le sessanta famiglie sgomberate questa mattina. Polemizzano gli occupanti: "Assurdo"

E' stata una delle prime 'promesse elettorali' ad essere trasformata in delibera, tra le prime ad essere approvate dalla giunta Marino. La chiusura dei Centri di assistenza alloggiativa temporanea, meglio conosciuti come residence, è rimasta in sospeso dopo un annuncio in grande stile, e mai approdata in Consiglio per una sua definitiva approvazione. E lo sgombero delle occupazioni di via delle Acacie e di via Tuscolana, che pur essendo 'programmato' insieme al Campidoglio non ha risparmiato alle famiglie la prova di forza di un allontanamento manu militari, sembra confermarlo. I circa sessanta nuclei sono stati portati in 'strutture convenzionate' pagate dal Comune. Uno in zona Torre Angela, l'altro in zona Boccea.

Dall'assessorato alla Casa ci tengono a specificare che si tratta di strutture convenzionate, non di veri e propri residence. Come confermano dagli uffici dell'assessore Daniele Ozzimo, si tratta di appartamenti di proprietà dell'Arciconfraternita, lo stesso ente proprietario di numerosi residence nella Capitale, affittati dall'amministrazione capitolina.

Una cifra ufficiale del costo dell'operazione non è stata fornita dall'amministrazione capitolina. Una stima sulla base dei costi sostenuti nei residence fino ad oggi, seppur le cifre variano da struttura a struttura, porterebbe a un costo di circa duemila euro mensili a famiglia in media. La cifra, moltiplicata per sessanta famiglie e per i dodici mesi dell'anno porta al risultato di un milione e quattrocento mila euro circa. Con l'ammontare promesso dal bonus casa invece, 700 euro al mese per famiglia, il risultato sarebbe di circa cinquecento mila euro.

Di fronte alla perenne carenza di case popolari e senza un blocco degli sfratti ad arginare il peggiorare del fenomeno, il 'modello residence' resiste e il promesso 'bonus casa' di 700 euro a lungo annunciato dal sindaco Marino, seppur fortemente criticato da movimenti e inquilini perché giudicato “poco utile per gente che avrebbe bisogno di una casa popolare”, rimane ancora sulla carta.

“Stiamo garantendo l’assistenza alloggiativa a tutti i nuclei, circa sessanta, in strutture convenzionate in diverse zone della città. Il trasferimento era stato preventivamente comunicato per rendere meno traumatico il passaggio, anche in considerazione della presenza di circa cinqunta minori” spiega in una nota l’assessore alla Casa di Roma Capitale, Daniele Ozzimo. “La fatica con cui abbiamo costruito queste soluzioni testimonia come il tema dell’emergenza abitativa richieda ben altri strumenti per essere affrontato, rispetto a quelli attualmente a disposizione delle amministrazioni locali. Rimane da parte nostra il massimo sforzo a non lasciare mai nessuno da solo e ad andare incontro alle esigenze delle persone in reali condizioni di difficoltà economiche e sociali”.

Gli occupanti però, che parlano di residence, criticano la scelta dell'amministrazione capitolina giudicandola “assurda”. Denunciano: “Proprio noi che vogliamo la chiusura dei residence, uno sperpero di denaro pubblico, siamo costretti ad andarci, con la morte nel cuore" affermano.

La delibera per la chiusura dei residence è stata approvata dalla giunta Marino a metà settembre dello scorso anno. "Si partirà dai primi quattro residence che hanno i contratti in scadenza o scaduti e che ospitano 328 nuclei familiari, per una spesa complessiva di circa 7 milioni l'anno" aveva spiegato l'assessore alla Casa Ozzimo. Eppure, a parte il mancato rinnovo dei contratti in scadenza, che ha portato al mancato versamento degli stipendi ai dipendenti per qualche mese, non se ne è più saputo nulla.  Di un 'bonus casa' però se ne parla fin dai tempi della campagna elettorale: “Basta residence, 700 euro agli sfrattati” la promessa.

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